Un affascinante viaggio nella storia dei Rota e della chiesa di San Martino

La storica dell’arte Marina Paoletić presenta i risultati delle ricerche sulla tomba di famiglia

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Un affascinante viaggio nella storia dei Rota e della chiesa di San Martino
La conferenza stampa all’aperto. Foto: ERIKA BARNABA

Nei giorni scorsi, il suggestivo scenario che circonda la chiesa di San Martino a Momiano ha fatto da cornice a una conferenza tenuta dalla storica dell’arte Marina Paoletić. L’evento, organizzato dalla Casa dei castelli di Momiano, che opera sotto il Museo storico e navale dell’Istria, ha rappresentato un momento di grande rilevanza culturale e scientifica per la comunità locale e per gli appassionati di storia. Ad accogliere il pubblico e a introdurre la relatrice è stata l’archeologa Tanja Šuflaj, responsabile dell’istituzione promotrice, sottolineando l’importanza di un tema così ricco di mistero e potenzialità di ricerca. Tra i presenti, la sovrintendente ai beni culturali per la Regione istriana, Lorella Limoncin Toth, a testimonianza del valore istituzionale dell’iniziativa, nonché Anna Benedetti e Franco Rota, discendenti dei Conti Rota.

La conferenza si è focalizzata sulla storia della famiglia Rota, antichi signori di Momiano e sulle recenti indagini che stanno portando alla luce nuovi dettagli sulla loro sepoltura e sull’organizzazione funeraria della chiesa di San Martino. L’immagine della famiglia Rota è strettamente connessa alla storia di Momiano, dove il suo castello domina ancora il paesaggio come simbolo di un passato di potere e prestigio. Tuttavia, meno nota è la questione del luogo di sepoltura della famiglia, di cui nel tempo si è persa ogni memoria. Un’ipotesi sul tema fu avanzata dallo storico Stefano Rota nel 1886, secondo cui le tombe dei Rota si trovavano di fronte all’altare della chiesa di San Martino. Già allora, però, non esistevano più tracce visibili o iscrizioni che potessero confermare questa teoria.
Dal 2016, un intenso lavoro di ricerca condotto dalla professoressa Paoletić, insieme a un team multidisciplinare, ha permesso di recuperare informazioni fondamentali. L’incrocio tra fonti scritte inedite e testimonianze architettoniche ha rivelato un complesso sistema di sepoltura che, oltre all’ipotetica arca della famiglia Rota, includeva altre tombe all’interno della chiesa.

Marina Paoletić.
Foto: ERIKA BARNABA

Le indagini georadar
Un momento chiave della ricerca è stato il ricorso a indagini georadar nel 2019, condotte per verificare le ipotesi emerse dagli studi documentali e architettonici. Questa tecnica non invasiva ha permesso di individuare anomalie nel sottosuolo della chiesa, confermando la presenza di strutture compatibili con tombe. I risultati, presentati dalla Paoletić durante la conferenza, non solo hanno rafforzato l’ipotesi della presenza dell’arca della famiglia Rota, ma hanno anche aperto nuove prospettive sulla complessa organizzazione funeraria della chiesa. Uno dei temi centrali trattati dalla relatrice ha riguardato la questione del perché e del quando le tombe siano state rimosse o obliterate. Secondo le ipotesi avanzate, i cambiamenti potrebbero essere stati influenzati da fattori storici, religiosi o legati alla riorganizzazione dello spazio liturgico nel corso dei secoli.
“Nel 2016 ho presentato i testamenti dei conti Rota, frutto di alcuni studi che avevo condotto. Ero molto incuriosita dalla notizia della presunta tomba dei conti, citata in una pubblicazione di Stefano Rota. Tuttavia, con un’analisi più approfondita, ho rilevato alcune imprecisioni, tra cui il riferimento alla presenza di questa tomba, che ha ulteriormente stimolato il mio interesse per un’indagine più dettagliata. Grazie agli studi condotti e al supporto di Tanja Šuflaj, Lorella Limoncin Toth e dell’assessore regionale alla Cultura e alla Territorialità Vladimir Torbica, siamo riusciti a compiere ricerche e indagini georadar. Negli scritti di Stefano Rota, risalenti al 1884, non emergono informazioni certe sulla tomba. Egli ipotizza che Simone Primo Rota, acquirente del castello, l’avesse fatta realizzare di fronte all’altare di San Martino. Al tempo, però, la chiesa disponeva di ben sette altari, rendendo difficile determinare con esattezza la collocazione dell’altare in questione. Oggi voglio condividere con voi le informazioni che ho raccolto sia dalle fonti sia attraverso l’osservazione diretta sul posto. Va sottolineato che la chiesa ha subito molte trasformazioni nel corso del tempo. Sull’arco ogivale compare la data 1561, che sembra collegarsi alla realizzazione della tomba. Entro questa data, dunque, Simone Primo Rota avrebbe commissionato la propria sepoltura. Nel suo testamento, infatti, afferma: ‘Voglio essere sepolto nella mia arca’, ma non fornisce ulteriori dettagli. I successivi membri della famiglia Rota indicano nei loro testamenti la volontà di essere sepolti ‘in San Martino’, ‘sulle ossa dei miei genitori’ o ‘nella tomba della mia famiglia’, senza però specificarne la collocazione esatta”, ha rilevato la Paoletić mostrando delle immagini raffiguranti la chiesa prima e dopo il suo restauro.
Durante l’incontro è emerso che solo in un testamento del 1730 di un discendente della famiglia si trova un’informazione concreta: la tomba si trovava di fronte all’altare di San Martino. Probabilmente vi era una lapide con iscrizioni che, purtroppo, non si è conservata, rendendo impossibile sapere come apparisse.
“Io sono andata alla ricerca di un’unica tomba, ma in realtà ce n’erano di più. È emerso che le figure ecclesiastiche di Momiano venivano sepolte di fronte all’altare del SS. Nome di Dio, dedicato ai religiosi. Di fronte c’era l’altare con le tombe dei Rota, mentre quello dedicato ai religiosi si trovava subito accanto, in posizione laterale. Una complicazione deriva dal fatto che nell’Ottocento furono abbattute due cappelle per creare una maggiore simmetria della facciata”, ha spiegato la relatrice, aggiungendo ulteriori dettagli strutturali sulle cappelle, la loro collocazione e il passaggio delle sepolture dalla chiesa ai cimiteri, creati fuori dall’abitato.

Il risultato del georadar.
Foto: ERIKA BARNABA

Prospettive future
La conferenza ha evidenziato come queste ricerche rappresentino un passo importante non solo per la ricostruzione della storia locale, ma anche per comprendere meglio le dinamiche culturali e sociali che hanno plasmato Momiano e il suo territorio. L’approccio interdisciplinare adottato, che combina storia dell’arte, archeologia e tecnologie moderne, si è rivelato fondamentale per far luce su un capitolo della storia dei Rota e della chiesa di San Martino.
Le indagini non sono ancora concluse e lasciano spazio a nuove scoperte. Gli studiosi, infatti, sperano che ulteriori ricerche possano portare alla luce reperti materiali o testimonianze architettoniche che confermino definitivamente le ipotesi avanzate. La comunità scientifica attende con interesse i prossimi sviluppi, mentre l’evento di Momiano ha già suscitato un vivo interesse tra i partecipanti, stimolando curiosità e desiderio di approfondimento.
La conferenza di Marina Paoletić ha avuto il merito di restituire dignità e attenzione a una pagina di storia poco conosciuta, sottolineando l’importanza della valorizzazione del patrimonio culturale locale. Momiano, con il suo castello, la chiesa di San Martino e ora anche le storie nascoste nei suoi sotterranei, si conferma un luogo ricco di fascino e mistero, capace di attrarre studiosi e appassionati.
Grazie all’impegno della Casa dei castelli e alla competenza di rinomati ricercatori, il passato continua a vivere, arricchendo il presente e gettando le basi per un futuro di conoscenza e consapevolezza storica.

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