Umago. Scherzi della natura: la vegetazione imprigionata in un’immensa ragnatela

La colpa sarebbe del «bruco americano», arrivato in Europa negli anni 40 del secolo scorso

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Umago. Scherzi della natura: la vegetazione imprigionata in un’immensa ragnatela

Nella zona di Marano (Maran), ex poligono di tiro militare, si è verificato uno strano fenomeno della natura: un’immensa ragnatela ha avvolto interamente alberi, arbusti e macchia. Il fenomeno ha suscitato parecchio interesse anche da parte di alcuni esperti ai quali abbiamo inviato le foto chiedendo una possibile spiegazione, i quali ci hanno risposto che il responsabile potrebbe essere il “bruco americano” (Hyphantria cunea), di origine nord-americana (Stati Uniti, Canada), che è arrivato in Europa negli anni 40 del secolo scorso, diffondendosi rapidamente in Italia, Germania, Ungheria e altri Paesi, tra i quali pure la Croazia.
Oltre che a Marano, le maxi ragnatele sono state notate un po’ in tutto l’Umaghese sulle piante da giardino. Certo è che il “bruco americano” di danni ne fa parecchi e su aree piuttosto estese. “Per fortuna però non rappresenta un pericolo per l’olivo – ci ha detto l’ingegnere agronomo Sebastijan Bančić – perché è una pianta molto resistente a questo parassita”.

Rami imprigionati nelle ragnatele

Come si legge su alcuni siti specializzati quali giardinaggio.it e fitosanitario.pr.it., l’ifantria è un lepidottero le cui larve sono defogliatrici, nutrendosi voracemente delle foglie: hanno infatti bisogno di accumulare molte sostanze di riserva per crescere e irrobustirsi in vista della trasformazione finale, quella che li porta a formare il bozzolo dove, dopo una permanenza di una settimana circa, si trasformano in una farfalla bianca. Le farfalle adulte svernano sotto forma di crisalidi (l’ultimo stadio larvale) nella corteccia degli alberi, ma anche nei muri, sotto le tegole e nelle fessure di porte e finestre. Dopo aver svernato, le crisalidi diventano farfalle vere e proprie. In aprile si accoppiano e depongono le uova sulla parte inferiore delle foglie. Ne nascono delle larve che formano colonie molto numerose, anche un centinaio per nido. Sono di colore giallastro con punti neri, ricoperte da una fine peluria e da lunghi peli disposti a ciuffi. I bruchi d’ifantria attaccano sopratutto alberi a figlia caduca, come noci, gelsi, ciliegi, peri, pioppi, aceri, platani, tigli, salici, frassini, nonchè vari arbusti.
I bruchi tessono fra le foglie e i rami degli alberi delle fitte ragnatele, che appaiono come grosse masse setose e biancastre, all’interno delle quali si cibano di tessuti vegetali, provocando vistose defogliazioni. Le foglie vengono svuotate della lamina e rimangono con le sole nervature, ma in caso di attacco massiccio la pianta può venire completamente defogliata. Una normale colonia è capace di divorare il fogliame di un intero arbusto di medie dimensioni in 3-4 giorni.

Il bruco americano potrebbe essere il responsabile del fenomeno

A differenza di altri defogliatori (come la processionaria del pino), queste larve non sono irritanti per l’uomo, quindi non sono pericolose. Le larve di prima generazione nascono dalle uova a fine aprile-metà maggio, mentre i primi nidi simili a ragnatele appaiono in maggio-giugno. La seconda generazione sfarfalla da metà luglio a fine agosto e i nidi appaiono circa un mese dopo. In questo caso le nuove larve defogliano le piante sul finire dell’estate o all’inizio dell’autunno.
L’ingegnere agronomo Sebastijan Bančić ci ha anche detto che, in caso di attacco a piante da frutto o da giardino, i rimedi ci sono, ma che è meglio rivolgersi a qualche farmacia agricola specializzata.

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