Tartufo, il «miracolo» di Paladini

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Tartufo, il «miracolo» di Paladini

PALADINI Paladini è una località del Pinguentino sovrastante il lago artificiale di Bottonega. È una località piccola, ma molgo ben ordinata, in prossimità di Vetta. Le abitazioni sono tutte recuperate e rinnovate, le strade d’accesso coperte dal manto stradale, seppur dissestato quello che nell’ultimo tratto porta al lago. Il paesaggio è pure ben tenuto. Si notano dei vigneti e degli oliveti lavorati. E qualche capannone. Un paesaggio geografico poco antropizzato, che resiste bene allo spopolamento.

Pasto per i maiali
Una politica ben condotta e mirata ha saputo trattenere la gente. Ma ci ha pensato anche “Madre Natura” a dare una mano. Infatti, da decenni la gente si dedica qui alla raccolta del tartufo, notato negli anni del primo dopoguerra, perché mangiato dai maiali al pascolo. Ma allora non si sapeva ancora di cosa si trattasse. Lo si scoprirà qualche lustro dopo e l’area, nota come Presa di Bottonega, divenne, fino alla costruzione dell’omonimo lago artificiale, la più importante zona di raccolta del tartufo bianco in Istria. Ma non siamo stati qui per parlare del tartufo bianco, bensì di quello nero, che a Danko Paladin – la sua è l’unica famiglia a portare ancora questo nome in paese – cresce praticamente… sotto casa.

Quell’albero di Natale
Una ventina d’anni fa, la sorella residente a Trieste gli donò un’albero di Natale. Passate le feste, Danko non se ne volle liberare e lo piantò in giardino, per abbellire l’ambiente. La pianta crebbe e d’improvviso, cinque anni fa, da tartufaio esperto, riconobbe nel terreno sottostante il tartufo nero. Incredulo e sopreso, chiamò l’amico Giancarlo Zigante. Il “re” istriano del tartufo non poté che confermare l’evento. Il tartufo nero estivo (Tuber aestivum) sotto quest’albero inizia a formarsi nei primi giorni di novembre e intorno alla metà di maggio è pronto per la raccolta.

Un fenomeno… domestico
Questo fenomeno di carattere domestico, sviluppatosi sotto l’attento occhio del padrone di casa, ha permesso anche di seguire giorno per giorno, settimana per settimana e mese per mese il processo evolutivo del tubero. Il rito di fronte alla casa di Danko si ripete ormai da cinque anni. E anche quest’anno è toccato a Giancarlo Zigante portarlo a termine, in una giornata decisamente uggiosa, in cui s’attendeva una schiarita che tardava ad arrivare.

La «patata che spuzza»
L’evento non andava rimandato, pena il degrado del prodotto, che rischiava di marcire, per cui il noto tartufaio non s’è fatto pregare due volte. Con le mani e con l’aiuto di una paletta, ha estratto con cura quella che nei secoli passati era nota come “la patata che spuzza”, gioiello di un’area che altrimenti avrebbe rischiato il degrado.

La benedizione del «re»
A differenza del tartufo bianco, più costoso e prelibato – e di natura invernale –, che si sviluppa nelle vallate dove scorre l’acqua, quello nero ha bisogno d’altitudine e di… pietra. Qui non c’è pietra, ma la casa è vicina. E l’acqua scorre eccome. O meglio, è dilavante quando ci sono le piogge. Un fenomeno interessante e da studiare, il che dimostra che forse il tartufo lo si potrebbe anche coltivare o incentivare con piantagioni. Bisogna soltanto capire come. E perché nel giardino di Danko la cosa, del tutto fortuita e casuale, sia riuscita, dando un prodotto bello e sano, poi consumato con il benestare del padrone di casa e con la benedizione del “re” del tartufo istriano e sotto l’occhio vigile delle tre tartarughe che vi vivono.

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