«Storia (di) Vera»: dai lager al lieto fine

Alla CI di Umago gli attori Flavia Valoppi e Claudio Moretti

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«Storia (di) Vera»: dai lager al lieto fine
Flavia Valoppi, Claudio Moretti e Floriana Bassanese Radin. Foto: NICOLE MIŠON

Non è mai facile raccontare i drammi della Seconda guerra mondiale, le tragedie che l’hanno caratterizzata, la devastazione e la morte che questa ha portato con sé. Per quanto sia difficile proporre un racconto esaustivo e logico, in un contesto dominato dalla follia, è anche necessario, essenziale e giusto farlo. “Storia (di) Vera”, presentata presso la Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago, si inserisce di diritto in questo filone narrativo, dando voce a una sopravvissuta nata a Kiev, deportata dai tedeschi nel campo di concentramento di Buchenwald e infine stabilitasi in Friuli, dove ha potuto ricostruirsi una vita.

A narrare la sequenza di eventi che hanno sconvolto la vita della giovane approdata nell’inferno dei lager sono stati gli attori Flavia Valoppi e Claudio Moretti basandosi sul libro scritto da Ivano Urli, il quale ha raccolto la testimonianza di Vera Chmaruk, una donna travolta dai tragici eventi che il secondo conflitto mondiale portò con sé. “Stasera vogliamo proporvi una storia legata al Giorno della Memoria, ma al contempo anche all’8 marzo, siamo qui per conoscere la forza di una donna che ha affrontato un destino difficile, crudele ma che nel suo caso ha avuto un lieto fine”, ha dichiarato la presidente Floriana Bassanese Radin all’inizio dell’incontro, dando il benvenuto al pubblico e agli attori. Erano presenti alla serata pure la vicepresidente del sodalizio umaghese Svjetlana Ćetojević Pernić, la presidente del Consiglio della minoranza autoctona di Umago Erika Šporčić Calabrò e il responsabile dell’Agenzia della Democrazia locale di Verteneglio Umberto Ademollo, tra i promotori dell’incontro.

Una famiglia mista
Vera nacque a Kiev nel 1924, undicesima figlia di una famiglia mezza russa e mezza ucraina, una bambina come tante che visse un’infanzia normale fino al 1941, quando, in seguito alla battaglia di Kiev, le truppe tedesche invasero l’odierna capitale ucraina, mettendola a ferro e fuoco. L’ordine di radunare tutti gli ebrei, smistarli e condurli nei campi di concentramento non tardò ad arrivare e tra questi si trovò anche Vera, allora 16enne.
I due attori Flavia Valoppi e Claudio Moretti, hanno interpretato con empatia e sensibilità sia le vicende che la giovane si trovò a vivere, sia il suo stato d’animo, dominato dal terrore, dalla stanchezza e da una fame perpetua; a partire dal viaggio in treno, dove le persone erano ammassate come bestiame, senza sapere perché si trovassero lì e nemmeno dove fossero dirette. Un viaggio di una settimana per arrivare dall’Ucraina alla Germania, tra soste infinite e tratti di corse sfrenate del convoglio lungo i binari. Si stima che a Buchenwald, campo di concentramento dove Vera fu internata nell’aprile 1942, perirono più 33mila persone.
La giovane capì fin da subito che non fosse il caso di fare domande e che conveniva rigare dritto e a testa bassa, facendosi notare il meno possibile. Gli stenti, la fame, il freddo gelido dell’inverno e il caldo atroce dell’estate erano una tortura per la ragazza che arrivò a pesare appena 37 chili. Nella tragedia della guerra, con i tedeschi sempre in maggiore difficoltà, i campi si svuotarono di tutti gli uomini mandati a combattere al fronte e proprio questa fu la salvezza di Vera. La giovane fu mandata a lavorare in una tenuta a Trebra, dove abbandonò per sempre l’uniforme dei lager e gli zoccoli di legno troppo grandi per i suoi piedi. Nonostante la prigionia e il lavoro costante tra animali e piantagioni, la vita divenne più sostenibile, con pasti regolari e decenti, vestiti e un letto in cui dormire. Fu proprio lì che Vera incontrò il suo Nino, un ragazzo friulano che rimase subito folgorato dalla giovane. Tra macerie, stenti e bombardamenti l’amore riuscì a sbocciare, anche se il lieto fine era ancora lontano. In una Germania divisa in quattro parti, bisognava ancora raggiungere l’Italia e anche qui sorsero diverse difficoltà. Ma una volta elusi i soldati russi e ritrovato Nino, i due partirono assieme alla volta dell’Italia, portando con sé una nuova vita che doveva ancora nascere.

Dal libro al palco
Una storia che, nonostante l’atrocità della guerra, ha un lieto fine, diffondendo speranza e conforto. La bravura degli attori è stata proprio quella di aggiungere delle battute e far sorridere il pubblico, in una narrazione che senza dubbio fa riflettere e non lascia nessuno indifferente. “Siamo veramente felici di poter raccontare la storia di questa persona. Noi abbiamo conosciuto suo figlio, quello che portava in grembo, e i suoi nipoti. Tutto è nato dal libro ‘Storie di Vera’ di Ivano Urli che ha conosciuto di persona la protagonista che si è fatta amare da tutta la comunità – ha commentato a fine serata Claudio Moretti –. La storia continua poi nel libro, noi abbiamo letto solo una parte”.
“Arrivata in Italia le difficoltà non finiscono, Vera si deve fare accettare dalla famiglia di Nino, ma alla fine verrà amata da tutto il paese – ha chiarito Flavia Valoppi –. Lei era presente quando l’autore Ivano è nato e proprio lui è stato l’unico che è riuscito a farsi narrare la sua vicenda. Noi ne siamo molto grati e ci fa molto piacere continuare a raccontarla perché è emblematica di quello che è accaduto e di quello che stiamo in qualche modo ancora vivendo, almeno come stato d’animo”.
Non sono mancati gli applausi e la commozione per un racconto in grado di smuovere i cuori e far percepire l’enorme tragedia della Seconda guerra mondiale.

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