Repubblica di Albona, valore che va tutelato

Celebrato, con due cerimonie centrali tenutesi a Piedalbona e a Vines, il 104esimo anniversario dello storico sciopero dei minatori del 1921, conosciuto come la prima rivolta antifascista

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Repubblica di Albona, valore che va tutelato
La cerimonia svoltasi ieri a Vines, nella piazza Rossa (Krvova placa). Foto: TANJA ŠKOPAC

Si sono conclusi ieri i festeggiamenti organizzati quest’anno in occasione del 2 marzo, quando l’Albonese celebra l’anniversario dello storico sciopero dei minatori del 1921, noto come la prima rivolta antifascista a livello mondiale e diventato conosciuto come Repubblica di Albona. Nella stessa data ricorre pure il Giorno dei minatori di questa parte dell’Istria. Le cerimonie conclusive sono state le tradizionali commemorazioni nell’ambito delle quali ogni anno si depongono corone di fiori ai piedi del monumento dedicato ai minatori presso il cimitero cittadino, poi vicino al monumento con la frase “Da se svojni ne zobi” (Per non dimenticare mai) collocato nella piazza Rossa (Krvova placa) a Vines, dove lo sciopero ebbe inizio, e a Stermazio, che ospita una lapide commemorativa in onore degli stessi operai.

Come ogni anno, anche ieri a ospitare la commemorazione centrale è stata la piazza di Vines, dove, oltre alle autorità, erano presenti alcuni cittadini, tra cui ex minatori e discendenti degli operai che nei secoli scorsi lavorarono nelle miniere carbonifere del territorio. A presenziarvi e a deporre i fiori sono stati gli esponenti delle autonomie locali dell’Albonese, tra cui il sindaco di Albona Valter Glavičić e la vicesindaco Federika Mohorović Čekada, il sindaco di Arsia Leo Knapić, la sindaco di Santa Domenica Irene Franković e il sindaco di Chersano Roman Carić.
Presenti pure due rappresentanti del Comune di Carbonia, gemellato con Albona e Arsia: si tratta di Mauro Pistis, al quale si deve l’inizio dell’amicizia con la realtà sarda, e dell’assessore alla Pubblica istruzione, Antonietta Melas. Dušica Radojčić e Dalibor Paus sono i deputati al Sabor che hanno voluto assistere alla cerimonia, mentre a nome della Regione istriana è intervenuto il vicepresidente Tulio Demetlika. Tra i presenti, pure Ada Damjanac, presidente dell’Unione delle associazioni dei combattenti antifascisti e lo storico Tullio Vorano, presidente della Giunta esecutiva della Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona.

«Kova je nasa»
Parlando degli eventi del 1921, la storica Eva Melegi Matković ha ricordato che questi furono avviati a causa della pessima situazione economica, sociale e lavorativa in cui i minatori e le loro famiglie vivevano in quegli anni a causa dell’oppressione fascista. Le condizioni in cui i minatori dell’Albonese lavorarono e i loro diritti, compresi quelli materiali, subirono un ulteriore deterioramento con l’arrivo dell’amministrazione italiana delle miniere. “Furono i primi giorni di marzo e in quest’area si udirono le parole ‘Kova je nasa’ (‘la miniera è nostra’ in dialetto zacavo, nda)… Numerosi abitanti dell’Albonese si radunarono in questo luogo per sostenere i minatori che iniziarono la loro rivolta, prima di incamminarsi verso Albona, portando una bandiera rossa. Tra di loro pure due sorelle, la 17enne Milka e la 15enne Paola, con addosso un abito rosso e una rosa bianca nei capelli. Il loro sostegno non fu una ribellione giovanile, ma una conseguenza della difficile vita dei minatori e delle loro famiglie”, ha raccontato la Melegi Matković.
Lo sciopero ebbe inizio dopo il pestaggio, da parte di un gruppo di squadristi, del leader sindacale Giovanni Pippan, al ritorno di quest’ultimo da Trieste, dove si era riunito con i dirigenti della miniera per discutere la situazione in cui si trovavano i minatori dell’Albonese. Quel 2 marzo, a partire dalle ore 13, gli operai delle miniere occuparono i pozzi a Vines, Carpano e a Stermazio, come pure gli impianti della miniera a Stallie e a Valpidocchio, per la cui difesa vennero istituite le “guardie rosse”. A unirsi allo sciopero furono circa 2.000 persone, per lo più minatori e contadini, mentre a sostenere gli operai furono pure gli intellettuali Giuseppina Martinuzzi e Giovanni Tonetti. La rivolta fu soppressa a 37 giorni dal suo inizio, periodo che vide pure l’istituzione della produzione autonoma da parte dei minatori: l’8 aprile, alle 10.30, ben 2.000 appartenenti alle forze dell’ordine, carabinieri, furono mandati a reprimere la rivolta. Verso le 14 dello stesso giorno Pippan disse ai minatori “che è inutile continuare a resistere”. Furono uccisi Massimilano Ortar e Adalberto Sykora, mentre perse la vita, a causa della polmonite di cui si era ammalato partecipando alla rivolta, Jakov Šumberac. Circa 40 minatori furono arrestati e processati a Pola, prima di essere stati assolti lo stesso anno.

Tutela del passato
A rivolgersi ai presenti alla cerimonia è stato il vicepresidente regionale Tulio Demetlika, il quale ha voluto ringraziare pure tutti i minatori presenti per il loro contributo allo sviluppo del territorio. Parole di ringraziamento agli stessi “kovari” (minatori) sono arrivate pure dal sindaco Valter Glavičić, il quale si è detto molto grato a tre persone presenti cui si devono vari volumi dedicati alla storia della miniera nell’Albonese, legata anche a quella di Carbonia: si tratta di Tullio Vorano, Rinaldo Racovaz e Mauro Pistis.
“In seguito alla cerimonia che abbiamo avuto nei giorni scorsi a Piedalbona, nello spazio commemorativo con il monumento al Minatore e al Minatore combattente, ho ricevuto molti messaggi in cui varie persone volevano congratularsi con noi per il modo in cui tuteliamo il nostro passato e portiamo avanti i valori promossi dai nostri minatori. Albonese non si nasce, ma si diventa appena si adottano tutti quei valori della Repubblica di Albona”, ha dichiarato, sottolineando, come alcuni giorni prima a Piedalbona, la necessità di continuare a portare avanti i valori alla base dello storico sciopero del 1921. Hanno contribuito alla cerimonia Reana, Stefani e Alex Bastijanić, recitando la poesia “Kovar” di Sonja Basanić, come pure Ivona Jelčić, studentessa della Scuola media superiore “Mate Blažina”, la quale si è presentata con la poesia “Kova je nasa” (La miniera è nostra) di Elis Lovrić, ma anche, alla tromba, Branko Mikuljan.

I 718 morti
“Proteggiamo e tuteliamo tutte quelle cose positive che i nostri antenati hanno creato, senza correre e senza svenderci”, aveva affermato Glavičić un paio di giorni prima, durante la cerimonia a Piedalbona, ai piedi del monumento al Minatore e al Minatore combattente, ideato dal compianto artista Quintino Bassani e dall’architetto Berislav Iskra, rinnovato l’anno scorso. La Città di Albona voleva che fosse organizzata proprio lì la cerimonia principale per il 104° della Repubblica di Albona. La parte centrale dell’appuntamento è stata le lettura dei 718 minatori morti nelle miniere dell’Albonese nel periodo dal 1785 al 1999, elencati nel libro scritto dallo storico Tullio Vorano, volume che ha pure un’edizione italiana.
A leggere i nomi sono state varie persone della vita pubblica e politica, compresi alcuni sindaci dell’Albonese, tutti discendenti dei minatori e dei minatori combattenti, ma anche degli operai che parteciparono agli storici eventi del 1921. Oltre a Dalibor Paus, hanno presenziato alla cerimonia l’inviato del governo croato Ivan Bubić e Jadranka Žarković, inviata del Presidente della Repubblica di Croazia, secondo la quale, lo sciopero del 1921 ha un’importanza non soltanto per la storia sociale e politica dell’Istria, ma anche per quella della Croazia, essendo stato “un evento che precedette il futuro movimento antifascista dell’Istria” e degli avvenimenti che portarono all’unione del territorio dell’odierna Regione istriana alla Croazia.
La cerimonia era moderata da Loredana Ružić Modrušan e Daniel Mohorović. A contribuire alla parte musicale, i professori della Scuola d’arte “Matko Brajša Rašan”, Tena Bevčar, Aldo Foško e Robert Mikuljan. Alla fine del programma si è avuto uno spettacolo audiovisivo.

A leggere i nomi dei morti sono stati i discendenti dei minatori dell’Albonese.
Foto: TANJA ŠKOPAC

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