
Ormai pescare è diventato quasi impossibile. Per questa ragione i pescatori potrebbero chiedere al Ministero dell’Agricoltura e della Pesca lo status di calamità naturale. Ma perché? I fattori sono molteplici, ma la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è arrivata con l’enorme quantità di meduse, che riempiono le reti. Alcuni giorni fa un peschereccio che opera con la rete a strascico, dopo una-due ore di pesca, si è visto finire nel sacco della rete 4-5 quintali di meduse e appena 1 chilogrammo di seppie, mezzo chilogrammo di polpi e 1,7 di moli. A questo punto, non c’è stato altro da fare che prendere la pala, ributtare in mare l’enorme quantità di meduse, girare la barca e fare rotta verso il porto. E così per tutto il mese di gennaio.
Il secondo problema riguarda i tanti delfini nell’Alto Adriatico, che si mangiano le sogliole finite nelle reti da posa; quelle che si calano la sera e si tirano su al mattino. Siccome le barche sono costrette a fare anche 10-12 miglia (sia in andata che al ritorno), un pescato di appena 2-3 chilogrammi di sogliole non paga il gasolio. Dunque, è fin troppo chiaro che così non può andare avanti. I delfini sono protetti, mentre contro le meduse c’è poco da fare. Stando al Gruppo d’azione locale per la pesca (FLAG), si sta valutando la possibilità di chiedere lo status di calamità naturale.
Anche le multe inflitte dalla Polizia slovena ai pescatori istriani sono diventate un grosso problema, perché le cifre hanno raggiunto livelli spropositati: parliamo anche di mezzo milione di euro per pescatore. Logicamente, si tratta di argomenti molto delicati, che riguardano, nel caso delle multe, Slovenia e Croazia e i loro rapporti diplomatici. Ma alla fin fine, le multe non arrivano all’indirizzo del Ministero degli Esteri di Zagabria, ma direttamente a casa del pescatore.
Che fare dunque? Di tutti questi problemi, il ministro dell’Agricoltura e della Pesca, Marija Vučković, è bene informata, idem per il ministro degli Esteri, Gordan Grlić Radman, perché di recente hanno avuto un incontro a porte chiuse con una rappresentanza di pescatori. Ma, come si dice, dal dire al fare c’è di mezzo… il Golfo. Ed è un problema che si trascina da trent’anni.
In questo gennaio tutto da dimenticare, a scombussolare i conti alla pesca è la medusa Cotylorhiza tuberculata, che può raggiunge i 30 centimetri di diametro. Per la precisione, è l’enorme quantità che disturba la pesca, non la specie: si tratta di una medusa che ha il caratteristico ombrello a forma di disco bianco, con una gobba rotonda e gialla al centro; una specie pelagica endemica del Mare Mediterraneo, molto comune, ma che dalle nostre parti dovrebbe esserci da maggio a ottobre.
Il presidente del FLAG Danilo Latin, ci ha detto che questa è una preoccupazione in più per chi del settore, perché le giornate utili di pesca, a causa dei fenomeni meteo climatici, si sono ridotte. “Non possiamo pescare né con la bora, che sa essere molto insidiosa e durare parecchi giorni, né con lo scirocco o il libeccio – dice Latin –. Le poche giornate utili sono condizionate dalle meduse o da qualche inconveniente legato alle operazioni di pesca. Per esempio, appena usciti si può rompere la rete, poi ci sono altri problemi che possono influire sulla giornata di pesca, riducendone il guadagno e aumentando le spese. Dunque, di preoccupazioni ne abbiamo molte. Cerchiamo sempre di comunicare con i biologi marini, per informarli di quanto succede in mare, se ci sono alghe o meduse non di casa, ma questo aiuta poco. Ora, l’enorme quantità di meduse impedisce di fatto la pesca, perché le reti a strascico si riempiono subito, rendendole pesanti e bloccando la barca. Bisogna allora alzare la rete, svuotarle e ritornare a casa”.
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