È dal 1994 che gli archeologi studiano il promontorio tra la Valle Longa e Santa Marina, o meglio il sito archeologico noto come Loron. Qui si trovano due grandi complessi d’età romana, poco distanti l’uno dall’altro: Loron e Santa Marina, all’epoca collegate da strade e portici.
Loron, sul versante rivolto a Cervera, era una fabbrica di produzione di anfore olearie, mentre verso Santa Marina sorgeva la villa marittima. Entrambi i siti risalgono intorno al 10 d. C., per merito di Sisenna Statilio Tauro, esponente illustre dell’aristocrazia senatoria romana e console, il cui padre era il terzo uomo dell’Impero romano all’epoca di Ottaviano Augusto. La villa marittima e la fabbrica erano il cuore di una grande proprietà fondiaria. Successivamente, questa passò in mano ad altri personaggi illustri, tra cui Calvia Crispinilla, donna intima dell’imperatore Nerone.
Al tempo della dinastia flavia la proprietà divenne imperiale e tale rimase perlomeno fino all’imperatore Adriano.
Dopo anni di ricerche archeologiche sul sito di Loron, l’indagine si è spostata alla villa di Santa Marina, un’imponente residenza che scendeva verso il mare a terrazze. La villa era usata come residenza degli amministratori della proprietà di Sisenna e poi degli imperatori. È importante anche perché si tratta dell’unico caso di villa che nasce con la fabbrica, o figlina, nell’ambito della stessa proprietà, frutto d’un progetto unitario, realizzato da architetti d’alta levatura.
Nel Medioevo l’area era di proprietà dei vescovi di Parenzo. Intorno alle metà del XIX secolo lo storico triestino Pietro Kandler comprese che le emergenti antiche rovine presenti sulla costa appartenevano a una figlina per la produzione di anfore. Ma si dovette attendere il 1994 per avviare una prima seria campagna di ricerche archeologiche, che riportarono alla luce l’imponente sito.
La campagna 2024
L’indagine di quest’anno è iniziata all’inizio di luglio. Siamo stati in visita ai lavori e abbiamo chiesto a Gaetano Benčić, curatore del Museo del territorio parentino, un aggiornamento in merito.
“Assieme ai colleghi dell’Università di Marsiglia e alla prof.ssa Corinne Rousse, che coordina con noi lo scavo, quest’anno abbiamo aperto la zona che chiamiamo Spazio 53, sita tra il torchio scavato qualche anno fa e una grande vasca, collegata, secondo noi, agli oleifici – cosi lo studioso connazionale –. È uno spazio molto profondo, con i muri conservati fino a 4 metri e mezzo d’altezza. Ci auguriamo di rinvenire la cella olearia, o quella vinaria, ossia la cantina della villa, che non sappiamo ancora se era adibita alla conservazione dell’olio o del vino. Forse del vino, trattandosi di un ambiente molto profondo, quasi interrato. La parte bella di tutto questo è che siamo di fronte a un potentissimo strato d’epoca tardoantica, che va dalla fine del III secolo a tutto il IV secolo, che si è sedimentato in tutta questa stanza e l’ha riempita. Abbiamo scoperto tanti strati e stiamo estraendo oggetti tardoantichi, in osso, in metallo, molto belli e di una certa qualità, anche se il contesto in cui sono stati trovati non è probabilmente d’uso, ma forse secondario e quindi si sta lavorando per capire perché e come si sia formato nella tarda antichità, quando ormai la villa probabilmente non funzionava più come tale, ma era un’area di lavoro. Un’altra cosa curiosa, è che stanno emergendo degli altissimi strati di murici (che noi in dialetto chiamiamo ‘garusule’) frantumati, che possono essere resti alimentari. Però in questo caso le quantità sono maggiori rispetto al solito, per cui pensiamo che a un certo punto siano stati adoperati per fare degli strati di appianamento. Ora stiamo trovando delle zone da fuoco con murici, per cui esiste la possibilità che questi murici in epoca tardoantica si usassero anche per altre cose e non solo per cibarsi. Una seconda parte dello scavo si svolge nell’area vicina al mare, dove lo specialista di fornaci per la calce, Cristophe Vaschalde con i collaboratori, ha riportato alla luce una fornace, sempre d’epoca romana e c’è la possibilità che questa sia stata usata per il cantiere della villa. Il che è interessante, perché di solito le fornaci arrivano successivamente. Questa è una fornace che si trovava vicino al mare ed è soggetta alle alte maree, il che vuol dire che il mare all’epoca era più basso rispetto a oggi.
Un terzo gruppo sta lavorando in laboratorio sui reperti che stiamo estraendo: vetro, materiale fittile, ceramiche. Stanno facendo un grande studio, perché la cronologia precisa viene data con tutta una serie d’analisi. È importante studiare bene il materiale, la ceramica, le forme dei vasi; naturalmente si fanno anche le indagini col carbonio radioattivo C14. Prendendo tutti questi dati in considerazione, si riesce sempre più a restringere la cronologia.
Questo è quanto stiamo facendo quest’anno – conclude Gaetano Benčić –. Tra l’altro noi festeggiamo i 30 anni di ricerche a Loron e alla Casa del pescatore di Santa Marina di recente abbiamo organizzato una conferenza celebrativa tenuta dal prof. Francis Tassaux, da molti anni in pensione, ma che aveva guidato le campagne archeologiche assieme a Vladimir Kovačić, Marino Baldini e Robert Matijašić. Pertanto è toccato a lui l’onore di ripercorrere questi trent’anni di ricerca e di collaborazione croato-francese e per un periodo anche italiana, con l’Università di Padova. I promotori delle ricerche archeologiche sono il Museo del territorio parentino, l’Università di Marsiglia e l’Ecole francais di Roma”.
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