
Capita spesso che un turista in vacanza in Istria si stupisca del perché qui si parli fluentemente l’italiano e allora noi raccontiamo di Roma, di Venezia, dell’Impero austro-ungarico, del Regno d’Italia, dell’esodo, fino a giungere ai giorni nostri. Lo facciamo quasi come fosse una storiella imparata a memoria per colmare la curiosità di qualche villeggiante desideroso di spiegazioni. Ma la nostra identità è veramente così scontata? Il nostro parlare e pensare in italiano è un dato di fatto o è frutto di perseveranza da parte di chi in determinati momenti storici non si è piegato alla volontà dei “grandi” ai quali avrebbe fatto comodo lasciare l’italianità al di là dei confini dell’ex Jugoslavia? Noi oggi frequentiamo le Comunità, gli asili, le scuole della minoranza soffermandoci molto poco a pensare dei tentativi perpetuati nel corso del Novecento da parte di uno o dell’altro regime per uniformare l’etnia e la cultura del territorio. Ci sono però figure che più di altre hanno lottato affinché l’esprimerci nella nostra lingua madre rimanesse la normalità.
Consapevole di ciò, il Consiglio della minoranza italiana autoctona della Città di Umago, con presidente Erika Šporčić Calabrò, ha dato il via a iniziative volte a commemorare Giuseppe (Pippo) Rota nel decennale della sua scomparsa, che ricorrerà nel 2025. Lo ha fatto con una serata letteraria – musicale intitolata “Ricordando Giuseppe Rota – Pippo”, che ha riscosso un grande successo di pubblico, entusiasta dell’accoppiata teatro e musica messa in scena dalla filodrammatica della Comunità degli Italiani “Fulvio Tomizza” di Umago, guidata da Bruna Alessio Klemenc e da Sergio Preden Gato assieme al suo complesso. Abbiamo quindi approfittato per parlare proprio con gli artefici dell’evento e scoprire i segreti e le idee che si nascondono dietro al progetto.
Una giusta intuizione
Tutto è nato da un’intuizione del cantante rovignese, che già da un po’ di tempo desiderava realizzare uno spettacolo che unisse la commedia con i brani di Soffici e Zanini. “Sono di Rovigno, ma da 19 anni vivo a Umago e seguendo le commedie di Pippo Rota ho pensato che si legassero perfettamente alle canzoni che Piero Soffici ha scritto e musicato. Sappiamo che il dramma ‘Maledetti confini’ di Rota è stato realizzato per lo stesso motivo per cui il cantautore rovignese ha scritto ‘Curiva zei pal mondo’ – racconta il cantante –. Si parla della nostra vita che è stata dimenticata: le giovani generazioni non sanno molto degli anni del secondo dopoguerra o ne sanno molto poco. La mia idea è stata quella di fare un connubio tra la mia musica, le poesie di Piero Soffici e Ligio Zanini, che assomigliano molto ai lavori di Rota. Inoltre, Pippo l’ho conosciuto ed è stato un personaggio che ha creduto nel mio lavoro, cioè nel cantare nel dialetto rovignese e presentare così le nostre figure più rappresentative dal dopoguerra in poi. Ho condiviso questa mia intuizione con Erika, che l’ha accettata e abbiamo messo insieme lo spettacolo ‘Ricordando Giuseppe Rota – Pippo’. Pino Degrassi ha anche partecipato attivamente alla serata. Oltre a essere un collaboratore di Pippo, è da sempre attivo presso il sodalizio umaghese ed è stato fondamentale nell’organizzazione dell’evento e nello sviluppo dell’idea”.
Oltre a intrattenere gli spettatori, Preden Gato propone anche spunti di riflessione, a volte scomodi, ma necessari per capire gli anni complicati e turbolenti che seguirono il secondo conflitto mondiale. “La canzone ‘Curiva zei pal mondo’, che ho cantato anche in questa occasione, è stata criticata dagli esuli: ci sono stati grandi dilemmi a riguardo, perché le persone si chiedevano come si potesse affermare che non c’era bisogno di andarsene quando erano state perseguitate. Piero Soffici, esule, ha scritto lasciando un punto di domanda sulla necessità di abbandonare la propria terra. Nel brano affermava che se all’epoca ci fossimo voluti un po’ più di bene, tutto questo non sarebbe successo, perché molto spesso le spie erano tra la nostra gente. Al suo interno c’è la frase emblematica, che si legge anche sulla sua tomba, che parafrasando dice: ‘Bastava un pezzo di soffitta e volersi un po’ di bene’. Invece ‘La nostra tiera’ Piero l’ha scritta in barca con me, pescando – ricorda Preden –. È nato tutto da un semplice commento: ‘Il bianco delle pietre, il verde dei pini e il rosso della terra formano i colori della nostra bandiera’, poi Piero con la sua sconfinata fantasia l’ha trasformato in un brano musicale. Sono stato accusato di essere comunista perché sono rimasto a Rovigno, ma non c’entravo niente: ho cantato tutta la vita in italiano e mi sono rifiutato di cantare in croato proprio per l’astio che provavo per chi era venuto da via imponendo un’altra cultura. Quello che abbiamo fatto in Comunità a Umago è stata la dimostrazione che i nostri vari Rota, Zanini, Soffici hanno descritto delle realtà che molti non vogliono mettere in scena. Noi non facciamo propaganda, raccontiamo una verità storica”.
L’educazione alla memoria
Sulla stessa lunghezza d’onda anche la professoressa Erika Šporčić Calabrò che, nell’intento di organizzare diversi eventi nel decennale della scomparsa dell’umaghese Giuseppe Rota, ha accolto con gioia la proposta di fondere musica e teatro. “Quello che abbiamo proposto è una sorta di educazione alla memoria, però attraverso un diverso genere di canali di comunicazione. Non si tratta solamente del libro cartaceo che narra dell’esodo, o della vita quotidiana, o delle problematiche sociali delle famiglie locali (che si possono estendere a tutta l’Istria italofona): questi messaggi sono stati veicolati dalla musica e dal teatro. Penso che per i giovani la fusione da noi proposta sia un modo per imparare dei fatti realmente accaduti in un modo che possa attirare la loro attenzione. In un mondo, come quello attuale molto tecnologico e virtuale, la musica e quel genere di teatro messi insieme possono creare veramente informazione – ha commentato Erika Šporčić Calabrò –. L’idea principale era proprio quella di abbinare la canzone con il teatro con dei chiari messaggi per ricordare e anche per far conoscere sia le canzoni di Sergio, sia i pezzi delle commedie che i ragazzi e le ragazze della filodrammatica hanno recitato”.
L’accoppiata musica – recitazione si è dimostrata una scelta vincente, fondendo assieme la potenza del teatro a leggio, basato sull’espressività e il coinvolgimento delle melodie canore. “Penso che il connubio tra musica e teatro possa essere portato anche altrove, in altri contesti, così come può essere fatto con altri autori della CNI. Abbiamo molti drammaturghi connazionali che si possono prestare benissimo ad abbinamenti come questo – ha spiegato la storica –. A maggior ragione del fatto che i nostri dialetti hanno una storia comune, anche se molto spesso esistono termini diversi tra l’idioma del Buiese, del Rovignese o del Dignanese, però il nostro passato è uguale. Quello che è stato vissuto dalla gente, che è ciò che Soffici canta e Rota scrive, è comune a tutta l’Istria. Per questo motivo canzoni e opere teatrali si possono riadattare creando una lingua più comprensibile a chi non conosce molto bene le parlate locali”.
In seguito a questa affermazione interviene Sergio Preden Gato. “Sono d’accordo – dice –; Rota non è stato l’unico a scrivere di questi temi. Il nostro voleva essere un messaggio per gli altri sodalizi: bisogna rivitalizzare le proposte! Ho iniziato a cantare in dialetto rovignese assieme a Vlado Benussi perché sapevamo che avremmo avuto un seguito. I giovani di Rovigno conoscono e cantano i nostri brani”.
Un’atmosfera coinvolgente
A Umago lo spettacolo è stato presentato in una veste diversa dal solito: niente sedie in fila rivolte verso il palco; al loro posto dei tavolini apparecchiati in modo che le persone potessero chiacchierare tra loro e godersi lo show. “C’è stata gente che pensava di dover prenotare e di dover pagare la cena, ma questa scelta è stata fatta appositamente per creare qualcosa di diverso – ha spiegato Erika Šporčić Calabrò nel motivare l’allestimento della sala –. Già il teatro a leggio seguito dalle canzoni è una novità che penso non sia mai stata fatta prima in questo modo, almeno nei nostri ambienti, quindi volevamo mettere gli spettatori a proprio agio. Si è creata un’atmosfera partecipativa perché i presenti erano rilassati, c’è stato un momento conviviale”.
Quella dei tavolini non è stata una scelta azzardata, ma una decisione presa in seguito a una lunga carriera da cantante in giro per il mondo, confessa Sergio Preden Gato: “Ho imparato questa cosa dai più bravi: ai concerti a Montecarlo c’erano sempre tavoli; questo trucco fa sì che le persone si sentano molto più coinvolte e si rilassino”.
“Quando organizzi una serata come a teatro la gente non tiene il tempo e tanto meno si mette a cantare. La prova tangibile sono i molti concerti organizzati anche grazie all’UpT, con cantanti del calibro di Fausto Leali, Ivana Spagna, Pupo, dove appena verso la fine e con molta fatica c’è una partecipazione attiva del pubblico, mentre prima erano tutti educatamente seduti in silenzio – ammette la presidente del Consiglio della minoranza italiana –. Prevale la logica ‘a teatro si sta a teatro’. Invece Sergio, partendo dalla sua esperienza di Montecarlo, ha consigliato questa modifica. La gente partecipa quando si sente a suo agio, perché in un’atmosfera più rilassata si ascolta di più, si capta meglio, poi ci sono momenti di sguardi, di commenti”.
Il successo della serata dedicata a Pippo Rota ha fatto nascere non solo il desiderio di portare la messinscena anche in altre Comunità, ma ha dato il via a una fucina di progetti a cui i diretti interessati vorrebbero dare vita. “Vorrei realizzare questo tipo di spettacolo per un altro personaggio che è uno dei fondatori della Comunità degli Italiani di Umago: Gigi Grassi. Vivo qui da 19 anni e ho notato che non si parla molto di lui: ricordando queste figure, però, si fa pensare i giovani. Perché anche i ragazzini prima o poi iniziano a invecchiare e allora bisogna ricordare queste personalità che hanno dato il proprio contributo alla CNI. Le battaglie politiche sono state fatte da qualcuno ed è giusto ricordarsene. Tutto ciò è presente nelle nostre commedie, la realtà è scritta tra le righe; ecco perché il connubio tra il canto e la poesia ti rilassa, ma allo stesso tempo ti porta a pensare”.

Foto: NICOLE MIŠON
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.