
Il sito archeologico di Loron consta di due siti distanti 400 metri l’uno dall’altro: l’omonima fabbrica di anfore o figlina e la villa abitativa. Entrambe erano di proprietà di Sisenna Statilio Tauro, console e all’epoca di Ottaviano terzo uomo dell’Impero romano d’occidente, che aveva proprietà a Roma, Aquileia, Imola e in Grecia. Entrambi i siti, sorti intorno all’anno 10 d. C., sono opera d’importanti architetti. La proprietà era un centro di sfruttamento delle risorse dell’agro di Parenzo e di produzione d’anfore. Dopo gli Statilii, la proprietà passò nelle mani di un misterioso Mescae, come risulta dalla scritta su alcune anfore, che forse nasconde il nome di Messalina, terza moglie dell’imperatore Claudio. I successivi bolli con la scritta “Ael Crispinil” (Aelia Crispinilla), celano il nome della madre di Calvia Crispinilla, “magistra libidinum” di Nerone, proprietaria di Loron. L’area poi divenne demanio imperiale. In seguito l’area fu abbandonata e nel Medioevo divenne proprietà del vescovo di Parenzo che la ridusse a bosco. Qui la gente del luogo estraeva la pietra e produceva calce nelle calchere. Fu Pietro Kandler a intuire che le rovine dei muri antichi appartenevano a una figlina, intorno alla metà del XIX secolo. Ma si dovette attendere il 1994 per giungere ai primi scavi, che hanno portato alla luce la fabbrica di Loron e la villa di Santa Marina.
Tre decenni di indagini
Nel trentennale degli scavi, questa storia è stata raccontata al Centro interpretativo “Casa del pescatore” di Santa Marina dal prof. Francis Tassaux, che per anni ha qui scavato assieme ai colleghi francesi, italiani e croati. Tassaux, ne “L’atellier di anfore di Loron”, ha accennato alle prime intuizioni di Kandler, al contributo del marchese Gianpaolo Polesini, di Vesna Girardi Jurkić e Robert Matijašić. Tra le scoperte più importanti ha ricordato il rinvenimento delle fornaci ad opera di Antonio Marchiori, che con Guido Rosada, entrambi dell’Università di Padova, aveva partecipato per un periodo alle indagini. Tassaux ha accennato a un bollo di Sisenna Statilio Tauro notato su di un’anfora di Loron una quindicina di giorni fa al Mercato Traiano di Roma, dove ha visto pure una terracotta sigillata con il bollo di Sisenna. Le anfore prodotte a Loron hanno avuto una vasta diffusione, poiché sono state trovate nella penisola italiana settentrionale, nell’area danubiana e in Egeo. Tassaux ha ricordato anche gli aspetti funebri e l’avvio delle indagini subacquee, come pure l’ottima collaborazione con il Museo del territorio parentino, il Comune e l’Ente turistico di Torre – Abrega, la Scuola elementare di Torre, i ristoratori e la popolazione locale.
È seguito l’intervento di Corinne Rousse, che ha esposto la collaborazione franco-croata croata in “Loron – Santa Marina 2024”, periodo in cui le indagini sono state incentrate sulla migliore conoscenza del territorio. Il tutto è stato riassunto in un video, “Loron grande centro di produzione di anfore”.

Foto: DENIS VISINTIN
Santa Marina
Dal 2014 le indagini si sono trasferite alla villa di Santa Marina e questo decennio è stato riassunto da Gaetano Benčić. Lo studioso di Torre ha spiegato che il mare, elevandosi, ci ha portato via una metà della villa, quella verso le acque. Ad ogni modo, sono emersi l’interno della villa, piccoli pezzetti di mosaico e la cisterna. Quest’anno l’attenzione si è concentrata sullo spazio 53, vicino al torchio emerso qualche anno fa, con la speranza di giungere alle celle olearie o vinicole. Gli esperti hanno ripulito il fondo dell’area, colma di rimasugli, constatando però che era stata spogliata nei secoli passati. Ad ogni modo, si è giunti allo strato delle cantine, che sarà scavato il prossimo anno.
Ciò per cui si distinguono la fabbrica di Loron e la villa di Santa Marina è l’unitarietà del progetto eseguito da architetti di alta levatura su commissione di Sisenna Statilio Tauro. La figlina di Loron, per ora, non ha confronti nell’impero romano. E così anche le indagini al sito di Loron sono uniche, perché portate avanti da esperti di grosso calibro, nell’ambito di una collaborazione internazionale e con la gente del luogo. Infatti, oltre al Museo del territorio parentino, partecipano alle indagini il Centro “Camille Jullian” dell’Università della Provenza di Marsiglia e la Scuola francese di Roma, mentre in un primo momento aveva partecipato anche l’Università degli Studi di Padova.
Il sito archeologico di Loron testimonia l’ingegno e l’operosità dell’epoca romana. Gli scavi in corso continuano a svelare i segreti di questo straordinario complesso, offrendo preziosi spunti sulla vita e sulle pratiche di coloro che abitavano e lavoravano tra le sue mura. Mentre si celebra il trentesimo anniversario della sua scoperta, l’eredità di Loron resiste, promettendo ulteriori rivelazioni e una comprensione più profonda di questo affascinante gioiello romano.

Foto: DENIS VISINTIN
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