Istria. Gli inverni che hanno stretto la penisola

Uno sguardo a ritroso sulle temperature più rigide del secolo scorso: tre stagioni che hanno messo in ginocchio l’Europa. Come è andata da noi? Neve, bora e disagi non sono mancati

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Istria. Gli inverni che hanno stretto la penisola

“Mia nonna si chiamava Filomena. Se tanto mi dà tanto, si salvi chi può”. Così su Facebook un utente, dopo che i meteorologi hanno annunciato che il ciclone Filomena, dopo avere dato prova ai madrileni di quanto sia importante tenere a portata di mano pala e vanga: non si sa quando il meteo potrebbe metterci in ginocchio con elementi (anche) rari in qualche geografia. Neve… neve… neve… freddo… freddo… freddo. In inverno sono cose da mettere in preventivo, anche se ultimamente, dopo avere perso le mezze stagioni, nemmeno le stagioni vere e proprie sono più le stesse. Ma come… riscaldamento globale e si finisce sotto metri di neve? Eh, sì. C’entra il vortice polare.

 

 

​Il vortice artico
Ogni anno, in autunno, il Polo Nord inizia a raffreddarsi, mentre l’atmosfera più a sud resta relativamente calda, ricevendo ancora molta energia dal sole. Con la riduzione della temperatura, si registra un graduale calo di pressione sul Polo Nord. Nella stratosfera si verifica lo stesso: quando la temperatura scende sopra il Polo e la differenza di temperatura verso la fascia temperata aumenta, inizia a svilupparsi una circolazione depressionaria attraverso la stratosfera.

Come riferimento generale, di solito guardiamo il vortice polare nella stratosfera a circa 28-32 km di altezza e la cui forza è spesso misurata dell’intensità dei venti al suo interno. Di solito si misura la velocità del vento zonale (quello che soffia da ovest a est) intorno al circolo polare. A metà dicembre è iniziato il riscaldamento, con un anticiclone proveniente dal Pacifico che è andato via via rafforzandosi. Le onde di riscaldamento hanno diviso il nucleo del vortice (-80 gradi sopra la Groenlandia. Brrrr!!!) in due circolazioni depressionarie autonome, detti “lobi”: uno pronto a volare verso l’America settentrionale, l’altro “lobo” verso l’Europa orientale, con un consistente blocco di aria gelidissima che dal mare di Barents e dalla Carelia farà la sua corsa verso l’area carpatica-danubiana e i Balcani, con l’isolamento di un vasto “serbatoio di aria gelida” sui bassopiani dell’Europa orientale.

Sono associate a un importante evento di riscaldamento della stratosfera (stratwarming) le più grandi ondate di gelo che hanno investito il continente europeo nel 1929, 1963 e 1985. Ed è proprio a pensare i grandi inverni che il vortice polare ci ha spinto. Non per averli vissuti (beh, sì, quello del 1985 sì, ma gli altri no), ma perché alcuni ci sono stati raccontati. Chi non ha avuto un nonno che raccontato di quella volta in cui la neve era talmente tanta, ma proprio talmente tanta, che non si poteva nemmeno uscire di casa. O un padre che, quando il meteo annuncia freddo e neve, comincia a rovistare nella memoria “Sarà sta el 55-56… neve alta cusì e dei teti dele case picava spironi de gelo…”
Ma quanto il freddo è stato freddo negli anni del Grande Inverno? Siamo andati a cercare i dati.
Ebbene, bisogna andare alla stagione 1918/29, poi ha mostrato i denti l’inverno del 1955/56 e infine quello del 1962/63, nell’ordine “freddo del secolo” e poi stagione da secondo e terzo posto in quanto caduta della colonnina di mercurio e di neve. Poi ci sono stati anche altri inverni terribili (fa testo, ad esempio, quello del 2009), ma non hanno superato gli anzidetti. Naturalmente, facciamo riferimento unicamente all’Istria.

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Il termometro trema
L’inverno del 1929 si era scatenato con tutto il suo gelo a febbraio (abbiamo detto che facciamo riferimento all’Istria, ma ci piace ricordare che il mare a Venezia era una lastra di ghiaccio), quando aveva raggiunto il massimo delle minime. Per dire, Pisino aveva registrato la minima di -20 gradi Celsius il 16 febbraio. La minima meno rigida era stata registrata il 25 febbraio, che aveva regalato 2 gradi sopra lo zero. Ma per il resto, tutte le minime si erano tenute di molto sotto lo zero.

Pola aveva battuto i denti a -12 gradi Celsius; la minima delle minime, si potrebbe dire, il 12 febbraio. Appena verso la fine del mese la colonnina di mercurio era salita – sempre con le temperature minime – sopra lo zero.

andamento alla carta carbone per Rovigno, a sua volta con il naso gelatissimo con quasi tutte le minime, fatto salvo quelle di fine mese, timidamente sopra lo zero. sconfinando nella vicina Regione Litoraneo-montana, citiamo -14,6°C a Fiume nella notte tra il 12 3 il 13 febbraio. Il 13, per la cronaca, si festeggia S. Fosca. Ci fa venire in mente i proverbi “Santa Fosca rompe el giaso con la roca” e “Santa Fosca, se giaso no la ga catà, giaso la fà”. Non serve traduzione: messaggio ricevuto.

Comunque, Pisino si era risvegliata sotto 60 cm di neve, Rovigno con più modesti 20.
“Catastrofe di neve”, “Nuova era glaciale”: titolavano così i giornali dell’epoca. A ragione.
Venne la nevicata del ‘56 (ricordata anche in una bella canzone). Pola era finita a -10°C, con 20 cm di neve e raffiche di bora di 70 km/h. Soffiando, la bora aveva portato la neve a formare mucchi alti 2-3 metri. Naturalmente, l’agricoltura soffrì danni enormi, il traffico era stato sospeso e nella sola Pola oltre il 30 p.c. dei contatori dell’acqua era scoppiato. La mancanza di corrente elettrica aveva fermato l’attività a Scoglio Olivi, al maglificio Arena, le scuole erano chiuse, i mercati deserti e la città senza latte.
Senza un pizzico di misericordia anche l’inverno del 1963, che aveva fatto registrare in penisola -10 gradi. E ci sovviene adesso il generale Inverno, che aveva stravolto i destini della II Guerra mondiale.
Che cosa ci porterà Filomena? Speriamo che strada facendo perda un po’ della sua grinta, che il vortice polare cambi percorso, che… sarà quel che sarà. La Natura non chiede; fa.

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