
Nel Giorno del ricordo e in onore di tutte le vittime dei soprusi del secondo dopoguerra, la Comunità degli Italiani di Crassiza ha organizzato la camminata fino al monumento dedicato al Beato don Francesco Bonifacio. Dopo il raduno davanti alla sede del sodalizio, i partecipanti si sono incamminati lungo la strada che porta a Grisignana, per raggiungere il monumento, eretto sul luogo dove don Francesco è stato visto per l’ultima volta e fermato dalle guardie. Qui è stata deposta una corona floreale e sono stati accesi dei ceri. Per l’occasione è stata letta una memoria di Mario Ravalico, che da anni si occupa della vicenda del Beato per conto della Diocesi di Trieste e della famiglia. Erano presenti il sindaco di Buie Fabrizio Vižintin, il suo vice in quota CNI Corrado Dussich, il presidente della Comunità degli Italiani di Crassiza Mate Mekiš, alcuni membri del Consiglio per la minoranza italiana autoctona della Città di Buie e altri connazionali, che hanno poi recitato alcune preghiere.
Era il pomeriggio dell’11 settembre 1946 quando don Francesco Bonifacio si recò a Grisignana per fare visita a don Giuseppe Rocco, da pochi giorni parroco di Grisignana, per confessarsi e dare al nuovo arrivato il suo conforto. Fattosi tardi, don Rocco offrì a don Francesco ospitalità per la notte, cosa che quest’ultimo rifiutò. Don Rocco allora lo accompagnò fino al cimitero di San Vito. Da lì videro delle guardie che venivano loro incontro. Accomiatandosi, don Rocco suggerì a don Francesco di cambiare percorso, ma lui rifiutò, andando incontro al suo destino. Le guardie lo fermarono e lo fecero salire su di una macchina nera giunta nel frattempo. A nulla valsero gli interventi dei suoi parrocchiani che, lavorando i campi, avevano assistito alla scena. Di don Francesco non si seppe più nulla. Beatificato nel 2008 perché ucciso “in odium fidei”, quest’anno ricorre il 79º anniversario della scomparsa.

Foto: Denis Visintin
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