Cinghiali. L’incubo degli agricoltori

Dario Antonac si è visto distruggere un intero campo sul quale aveva piantato l’aglio. Sorde le autorità competenti; la Società venatoria non fa il suo dovere

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Cinghiali. L’incubo degli agricoltori

Un appello nato dalla delusione, quello dell’agricoltore, nonché presidente dell’Associazione dei produttori d’aglio istriano, Dario Antonac. Dopo diversi incontri con le autorità locali e regionali, ha contattato i media per richiamare l’attenzione su un problema che, secondo lui, viene marginalizzato e che rischia di passare in sordina.

 

”Meglio trattare il problema adesso, quando è ancora gestibile e di mezzo ci sono andati i terreni agricoli e non vite umane”, è uno dei commenti di Antonac, riferendosi ai danni irreversibili che i cinghiali hanno causato sul suo terreno e che si avvicinano sempre di più alle case, pure di giorno, cosa che non permette più ai bambini di giocare serenamente nemmeno nei giardini.

”Io amo gli animali, ho un cinghiale domestico e un capriolo, quindi capisco che devono vivere e nutrirsi, ma ciò che succede nelle nostre campagne è troppo. Ho chiesto aiuto a tutti gli enti e società venatorie, in particolare a quella di Portole, territorio dove io vivo, ma non ho avuto alcun riscontro. Mi sono impegnato a essere flessibile, ma non ho ottenuto riscontri costruttivi. Così, mi sono rivolto a un avvocato, Tomislav Brajković, perché non sapevo più a chi rivolgermi, visto che non ho ricevuto supporto da nessuno: tutti fanno finta di ascoltare e propongono delle soluzioni temporanee, ma questo è un problema che va risolto alla radice. Sono molto deluso. I cinghiali mi hanno distrutto 9 ettari di terreno, danneggiandone pure degli altri, dove sono entrati rompendo la rete elettrica. Un esperto ha valutato che i danni ammontano a 40mila kune. Senza contare che sul primo terreno ho piantato 510 chilogrammi di aglio, dal quale avrei dovuto ricavarne almeno 2 tonnellate, guadagnando circa 120mila kune”, ha rilevato Antonac, spiegando come da 100 chilogrammi d’aglio seminato, se ne ottiene circa cinque volte tanto, ma che nel risarcimento non ha chiesto il mancato guadagno annuale del raccolto e nemmeno le innumerevoli spese per le protezioni dagli animali, ma solamente quanto speso per le sementi e l’impegno profuso per tenere sotto controllo i capi di selvaggina nella zona.

Dario Antonac con l’aglio rovinato dai cinghiali

Petizione

Sta di fatto che è in corso la raccolta di firme per una petizione, per risolvere questo problema alla radice. L’iniziativa è stata promossa dagli agricoltori e dalle aziende agricole del territorio di Buie, dell’alto Buiese, di Portole, Pinguente e dintorni. La petizione sarà consegnata a alle Città e ai Comuni, Comuni, alle Società venatorie locali e a quella regionale, all’assessore regionale all’Agricoltura, Selvicoltura, Caccia, Pesca ed Economia idrica Ezio Pinzan e al suo vice, Graciano Prekalj, nonché al Ministero dell’Agricoltura.

”Io non dò la colpa al singolo cacciatore che vive la caccia come un passatempo, ma alla Società venatoria che ha preso in concessione 7mila ettari di bosco nel Comune di Portole con tutta la selvaggina che c’è dentro, che però non si prende cura di essa. È infatti preciso dovere della Società venatoria provvedere, all’evenienza, al nutrimento della selvaggina e tenere sotto controllo il numero dei capi. Ho cercato di fare di tutto per proteggere i miei terreni, dall’uso dei repellenti, alla rete, fino al recinto elettrico; tutto a mie spese. Ma non funziona niente: spinti dalla fame, per arrivare al raccolto, i cinghiali hanno strappato le recinzioni e sono entrati nei campi seminati. Ho perfino offerto aiuto alla Società venatoria nella costruzione dei punti d’osservazione, ossia delle postazioni allestite dai cacciatori sul percorso di questi animali. Sto perdendo la volontà di lavorare, anche se la coltivazione dell’aglio nella mia famiglia si tramanda da generazioni. Ho iniziato con poco, ma negli ultimi otto anni sono arrivato a produrre circa 5 tonnellate di aglio all’anno, quantità che però che non riesce a soddisfare le richieste dei clienti che provengono pure dall’Austria e dall’Ungheria” ha rilevato il più grande produttore d’aglio in Istria, che nell’azienda a conduzione familiare, affiancato dalla moglie, dà lavoro pure a un altro operaio.

Un terreno rovinato dai cinghiali

Il «rosso» istriano

Ultimamente si parla spesso della presenza ingombrante dei cinghiali, che a qualcuno potrebbe apparire un problema di poco conto. La verità è che si tratta di un animale molto aggressivo e persino potenzialmente mortale per l’uomo, data anche la sua notevole adattabilità e all’elevato potenziale riproduttivo. Può essere infatti causa d’incidenti stradali e, come in questo caso, provocare ingenti danni nei campi, in quanto scava nei terreni e si ciba dei frutti faticosamente coltivati dagli agricoltori. Quindi, quando in un territorio il loro numero non viene tenuto sotto controllo, il problema si accentua. Antonac è molto conosciuto sia a livello regionale che oltre confine per il suo impegno nella produzione di diversi tipi d’aglio, tra i quali quello rosso e rosa istriano, antiche varietà autoctone coltivate in Istria da secoli. Una tradizione familiare tramandata da generazioni, che ad Antonac è valsa pure l’assegnazione dei certificati IQ di qualità regionale.

“L’aglio rosso istriano è diverso dagli altri; le sue proprietà si differenziano notevolmente dall’aglio comune. In particolare è ricco di allicina, che è la sostanza che conferisce il sapore all’aglio e quindi il gusto è molto più marcato rispetto all’aglio bianco. È ricco di vitamina A, E e del gruppo B, come pure di minerali, come ferro, fosforo, calcio e sodio. È estremamente ricco di potassio, di vitamina C, tiamina e riboflavina, potenti antiossidanti che fanno bene alla salute. A differenza dell’aglio bianco, quello rosso ha dimensioni più piccole: la buccia esterna è di colore rosso intenso e di solito ogni testa contiene dagli 8 ai 12 spicchi”, spiega Antonac, confermando come per caratteristiche merita di entrare a far parte della famiglia dei prodotti tutelati, in quanto importante per la gastronomia a chilometro zero, punto forte anche del turismo istriano. Oggi è inserito nell’elenco delle varietà della Repubblica di Croazia ed è in attesa del marchio d’origine protetta, cosa già raggiunta a livello regionale”, ha concluso Antonac ponendo una domanda alle autorità competenti: Se vi trovaste voi nei miei panni, come vi comportereste?

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