Arsia, una tragedia che deve far riflettere

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Arsia, una tragedia che deve far riflettere

ARSIA | Mantenere viva la memoria dei 185 minatori morti nella tragedia avvenuta il 28 febbraio 1940 ad Arsia. È questo l’obiettivo della tradizionale commemorazione che si organizza dal 2007 in onore dei 185 minatori morti nella sciagura del 1940. Ad avviare la manifestazione erano stati la Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona e il Circolo di cultura istro-veneta “Istria” di Trieste, mentre negli ultimi anni gli organizzatori sono la CI e il Comune di Arsia. I promotori e i sostenitori della cerimonia si sono riuniti ieri ad Arsia, presso la sede della Società artistico-culturale “Rudar”, per celebrare il 79° del nefasto avvenimento.

Una disgrazia salvata dall’oblio

“Siamo partiti in sordina e oggi possiamo dire di aver raggiunto dei notevoli risultati positivi”, ha affermato all’inizio della cerimonia Daniela Mohorović, presidente della CI albonese. A rappresentare il sodalizio è stato nell’occasione pure il professor Tullio Vorano, presidente della Giunta esecutiva della CI, storico e grande conoscitore della storia dell’attività mineraria nell’Albonese, al quale sono andati i ringraziamenti di Glorija Paliska, sindaco di Arsia, per il suo prezioso contributo alla conoscenza dei dettagli del tragico evento. La Paliska ha voluto confermare l’intenzione del Comune di continuare con i progetti di valorizzazione del patrimonio minerario tramite i quali sarà illustrata la vita dei minatori. “È un bell’esempio di collaborazione tra italiani e croati”, ha detto Franco Colombo, vicepresidente del Circolo “Istria” di Trieste, ricordando gli inizi della tradizionale cerimonia, con la quale i suoi promotori hanno voluto riportare alla luce una disgrazia dimenticata sia in Croazia che in Italia. Ed è grazie a quest’iniziativa che la tragedia di Arsia è iniziata a essere riconosciuta come la più grande sciagura mineraria nella storia italiana, avendo colpito questa parte dell’Istria nel momento in cui anche il suo odierno territorio croato era sotto l’amministrazione italiana.Tra i risultati cui si riferiva la presidente della CI e che si sono avuti nei 13 anni della manifestazione vi è un libro dedicato alla tragedia, la lapide in onore dei minatori che persero la vita collocata sulla facciata principale dell’edificio che ospita la sede del Comune di Arsia, come pure una mostra dedicata alla tragedia e organizzata negli anni scorsi con il sostegno del Consiglio della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. I ringraziamenti degli organizzatori sono andati alle persone e alle istituzioni che hanno contribuito alla realizzazione delle iniziative menzionate, tra cui la professoressa Isabella Flego, il compianto professor Antonio Venturin, l’Associazione Veneziani nel Mondo, l’Associazione “Ad Undecimum” e il Comune di San Giorgio di Nogaro, il Consiglio FVG e Franco Iacop, il marciatore Michele Maddalena, i Maestri del Lavoro dell’FVG, in particolare Mario Caporale e Renzo Pravisano, come pure il sindacalista Graziano Del Treppo.

La più grande sciagura

“È bello sentire questa vicinanza tra le nostre popolazioni. Sappiamo che dura è stata e speriamo che non torni più”, ha detto il triestino Frank Get, nipote del medico che era di turno nel momento della tragedia, Giannino Vascotto. “Gli eventi storici legati alla Seconda guerra mondiale hanno fatto morire due volte i minatori relegandoli, per lungo tempo, in piccoli articoli di pubblicazioni locali e non ricordando a livello nazionale la più grande sciagura mineraria italiana. La memoria di quelle vittime non deve essere persa, il terribile destino che ha tolto a molte famiglie i loro minatori deve essere patrimonio condiviso e le cause della tragedia devono far riflettere ancora oggi”, è una parte della lettera con cui Roberto Mattiussi, sindaco di San Giorgio di Nogaro, realtà amica di Arsia, ha voluto contribuire alla cerimonia tenutasi ieri.
A leggere le sue parole è stato Lodovico Rustico, presidente dell’associazione culturale per la ricerca storica e ambientale “Ad Undecimum”, al quale va il merito di aver avviato, con il professor Vorano, i rapporti di amicizia tra Arsia e San Giorgio di Nogaro.

Colpa della dirigenza

“La sciagura è successa perché non si teneva in sufficiente e doverosa considerazione la vita delle maestranze in miniera”, ha detto Rinaldo Racovaz, geometra nato ad Arsia conosciuto per il suo lavoro di ricerca relativo al passato della cittadina.
Nella relazione con la quale si è presentato all’edizione 2019 della tradizionale cerimonia e che è scaturita dai documenti dell’Archivio di Stato a Pisino e di quello del Servizio Geologico della Regione Autonoma FVG, Racovaz ha confermato che i 185 morti e i 146 feriti (tra cui pure il nonno di Racovaz) furono tra 432 minatori, 4 sorveglianti e un capoturno che erano presenti nella miniera di Carlotta nel momento della fatale esplosione, ossia alle ore 4.30 – 4.35. “Una fiammata provocata da qualcosa che non è stato individuato percorse 15 km della Camera 1”, ha detto Racovaz, secondo il quale, la maggior parte dei minatori perse la vita per intossicazione da ossido di carbonio.
Racovaz ha ricordato l’eroe di altruismo Arrigo Grassi, fabbro triestino che salvò diversi compagni, ma morì stroncato dopo essere rientrato per l’ennesima volta in miniera per salvare anche Angelo Bassanese.
Nelle azioni di salvataggio si distinsero pure Giuseppe Nacinovich, Matteo Viscovich e Furio Barontini. Secondo un verbale della dirigenza, a causare l’esplosione sarebbe stata la presenza di grisou. Le cause vanno, invece, attribuite alle incompetenze dei dirigenti e alle loro omissioni nelle misure di prevenzione, di sicurezza e dell’organizzazione del lavoro.
“In primis all’incompetente direttore Giustiniano Bechi Gabrielli, che non volle ascoltare i suggerimenti né del suo predecessore Augusto Batini né dell’ingegnere Luigi Vitagliano, per i quali la Camera 1, molto ricca del minerale, avrebbe dovuto essere sfruttata soltanto dopo i lavori di preparazione e di una ventilazione adeguata”, ha aggiunto Racovaz, secondo il quale, come precisato negli anni scorsi da Livio Dorigo, del circolo “Istria”, e da Michele Maddalena, ad Arsia dovrebbe essere eretto un monumento o un’opera commemorativa in onore di tutti i minatori periti sul posto di lavoro.
Hanno contribuito alla cerimonia, alla quale ha presenziato pure la vicesindaco albonese Federika Mohorović Čekada, i minicantanti della CI albonese, diretti dalla maestra Sabrina Stemberga Vidak, come pure Fata Bećirević e Antonio Lazarić, alunni della Scuola elementare “Ivan Batelić” di Arsia.

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