Arsia, 28 febbraio 1940. Una disgrazia che avvenne per pura negligenza

Ieri l’incontro commemorativo dedicato alle 185 vittime della sciagura mineraria

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Arsia, 28 febbraio 1940. Una disgrazia che avvenne per pura negligenza
Rinaldo Racovaz durante il suo intervento. Foto: TANJA ŠKOPAC

Si è svolta ieri ad Arsia la tradizionale cerimonia di commemorazione dedicata ai 185 minatori morti nella sciagura avvenuta nell’ex miniera di Carlotta il 28 febbraio 1940. Avviata ad Arsia nel 2007 su iniziativa del Circolo di cultura istroveneta “Istria” di Trieste e della Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona, la manifestazione si svolge con il sostegno del Comune di Arsia, che ha organizzato l’edizione 2023 dell’appuntamento in collaborazione con la CI albonese. La parte principale del programma si è tenuta nella sala della Società artistico-culturale operaia “Rudar” di Arsia, mentre l’incontro ha compreso anche una messa solenne celebrata nella chiesa di Santa Barbara, come pure la deposizione di fiori ai piedi della campana “Alma Mater Dolorosa”, collocata nella piazza principale della cittadina in memoria delle vittime della sciagura mineraria.

“Con questa cerimonia ricordiamo tutti i minatori morti sul lavoro”, ha sottolineato all’inizio dell’appuntamento nella sala della SAC “Rudar” il sindaco di Arsia Glorija Paliska, che ha voluto ringraziare pure tutte le associazioni e istituzioni con sede in Italia per l’energia investita con lo scopo di salvare dall’oblio la sciagura del 1940, confermando il proprio desiderio di continuare con i progetti culturali e socio-economici ai quali il Comune aveva iniziato a lavorare negli anni prima della pandemia assieme alle istituzioni coinvolte nelle commemorazioni che si tengono in Italia per ricordare la sciagura di Arsia. A rappresentare nell’occasione la CI di Albona è stato il prof. Tullio Vorano, presidente della Giunta esecutiva del sodalizio albonese, mentre a nome del Circolo “Istria” era presente il presidente Livio Dorigo.
Presenti pure il prof. Michele Maddalena di Formia, al quale si deve la donazione ad Arsia della campana menzionata e Graziano Del Treppo, rappresentante dei Sindacati francesi e della Fondazione belga “Solidarité Internationale Mineurs”, già presidente del Comites di Chambéry. Tra i presenti pure Gianni Tosini, già direttore nazionale Inas-Cisl, Daniele Salvador, vicesindaco di San Giorgio di Nogaro, Monia Verzegnassi, assessore alle Relazioni con il territorio del Comune di Torviscosa, Elisa Battiston, consigliere del Comune di Torviscosa, Lodovico Rustico, dell’associazione “Ad Undecimum” di San Giorgio di Nogaro, come pure Michele Berti, rappresentante triestino del sindacato UIL. La delegazione dei “Maestri del Lavoro”, associazione di cui fanno parte coloro che vengono decorati con la “Stella al Merito del Lavoro” da parte del Presidente della Repubblica Italiana, era guidata dal console provinciale di Udine, Roberto Kodermatz.

La sciagura
“La disgrazia del 28 febbraio 1940 si verificò verso le ore 4.30 nella camera 1 per pura negligenza”, ha affermato durante l’incontro Rinaldo Racovaz, geometra nato ad Arsia, da decenni residente a Trieste, che ha dedicato al patrimonio industriale e architettonico del suo luogo natio alcuni libri, tra cui quello più recente s’intitola “Carlotta – la miniera di Arsia/Karlota – raški rudnik”. Racovaz ha confermato che la tragedia avvenne mezz’ora prima della fine del turno di lavoro. Oltre ai 185 minatori morti, che lasciarono 92 vedove e 242 orfani, pure 145 feriti. All’epoca non ci fu nessun rinvio a giudizio. A provocare la tragedia fu un’esploisione dovuta alla grande quantità di polvere di carbone nelle gallerie, al famigerato grisou e all’insufficiente ventilazione interna dei cantieri. “Quindi intossicazione, ustioni e lesioni furono le cause della morte dei minatori”, ha detto Racovaz, ricordando che 138 lavoratori che persero la vita erano istriani e tra questi 56 erano albonesi. A morire furono pure i fratelli Giovanni e Carlo Morelli di Brescia. L’operaio più giovane, Natale (Božo) Lupetina, aveva soltanto 18 anni, mentre quello più anziano, Matteo Giurici, 54.
Racovaz ha concluso la sua relazione ribadendo, commosso fino alle lacrime, che la miniera di Carlotta e la cittadina di Arsia “hanno un grande avvenire dietro il loro breve passato”. Per l’occasione nella sala della SAC “Rudar” sono stati esposti dei disegni, di cui uno raffigurante i luoghi nell’ex miniera di Carlotta in cui furono trovate le vittime della tragedia. Racovaz, conosciuto anche come pittore autodidatta, ha presentato pure alcune sue opere dedicate ad Arsia, di cui due dedicate a Santa Barbara, protettrice dei minatori e la terza intitolata “Sretno!” (Buona fortuna), che era il saluto rivolto ai minatori che scendevano nel pozzo. Il lavoro consiste in quello che assomiglia a un cruciverba con parole, toponimi e nomi legati alla miniera e ad Arsia. Tra questi ultimi, pure il famoso slogan dello sciopero del 1921 “Kova je naša” (La miniera è nostra).

Simboli dei martiri del lavoro
Portando i saluti della presidente del sodalizio albonese Daniela Mohorović, che non ha potuto presenziare alla cerimonia, Tullio Vorano ha detto che la CI è molto fiera di questa tradizione portata avanti insieme al Comune e al Circolo “Istria”. A suo avviso, la manifestazione avrà un futuro, perché le nuove generazioni vengono coinvolte nel ricordo di tutti i morti nella miniera. Infatti, a presenziare alla cerimonia è stato pure un gruppo di alunni della locale Scuola elementare “Ivan Batelić”, tra i quali Korina Matković ed Emin Mujkić, che hanno proposto due poesie. Mujkić ha pure presentato la cerimonia in croato.
“Le organizzazioni sindacali croate e italiane vogliono che Arsia e Marcinelle (località belga nota per la tragedia del 1956, nda.) siano i simboli di una grande campagna che verrà organizzata per prevenire altre tragedie sul lavoro, che ogni anno, ogni giorno avvengono in Italia e in tutta l’Europa”, ha detto Livio Dorigo, secondo il quale la campagna dovrebbe portare all’attuazione delle leggi per la tutela dei lavoratori a livello europeo. Michele Maddalena, i cui versi “eravamo croati, italiani e sloveni e il lavoro ci ha resi fratelli e la miniera ci ha resi immortali” sono stati ricordati da Dorigo, si è soffermato su Arrigo Grassi, morto ad Arsia nel 1940, mentre cercava di salvare alcuni dei suoi colleghi. Roberto Kodermatz ha sottolineato l’importanza dei progetti comunali di recupero e valorizzazione a scopi turistici e culturali del patrimonio industriale di Arsia, augurando successo al Comune. “Quando si va a lavorare, si va a lavorare per vivere e non per morire”, ha detto Graziano Del Treppo.
“Vorremmo nei prossimi mesi riprendere la collaborazione interrotta a causa della pandemia, per promuovere la nostra conoscenza, i progetti culturali e socio-economici, affinché le nostre comunità crescano insieme e non ci si dimentichi mai più di questa tragedia”, ha detto Lodovico Rustico, intervenendo a nome degli amici di San Giorgio di Nogaro e Torviscosa (città di fondazione, come Arsia) e dell’associazione “Ad Undecimum”, il quale prima dell’incontro aveva partecipato a una riunione a porte chiuse con il sindaco di Arsia e i rappresentanti dei Comuni italiani, nel corso della quale è stato concordato, tra l’altro, anche un incontro a Torviscosa.

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