
Serve continuare con la ricerca legata alla storia del campanile di San Giusto, della presenza del Santo nell’Albonese e della chiesa intitolata allo stesso patrono di Albona, che, prima di diventare una rovina, faceva parte di quello che si presume sia stato un complesso piuttosto ampio, modificato nel corso dei secoli. Lo hanno sottolineato gli esperti che giovedì sera, nel Museo popolare di Albona, hanno contribuito a una tavola rotonda sul tema della presenza ad Albona del culto dello stesso Santo, voluta e organizzata dalla stessa istituzione, operante nell’ambito dell’Università popolare aperta, in collaborazione con la Comunità degli Italiani “Giuseppina Martinuzzi” di Albona.
L’incontro è scaturito dalla mostra “Kult sv. Justa – od simbolike do zaštitnika grada” (Il culto di San Giusto – dal simbolismo al protettore della città), allestita l’anno scorso negli spazi del Museo nell’ambito del programma dei festeggiamenti del 400.esimo anniversario dell’inizio dei lavori di costruzione del campanile in parola. L’esposizione, realizzata grazie ai documenti e ai materiali dell’archivio dell’Ufficio parrocchiale di Albona, studiati e raccolti dalle curatrici Olja Višković e Stephanie Peršić, rispettivamente dirigente del Museo e coordinatrice della Galleria civica, rimarrà aperta, negli spazi del Museo popolare di Albona, fino alla fine del mese in corso.
Nel soffermarsi, per primo, sul tema della tavola rotonda, il conservatore-restauratore albonese Toni Šaina ha confermato che si devono a una sua ricerca relativa alle decorazioni murali pittoriche e agli affreschi del territorio, compresi quelli della chiesa che una volta si trovava accanto al campanile albonese (la cui costruzione ebbe inizio nel 1623), i primi dati raccolti riguardo alle due strutture. Inoltre, per le esigenze della tavola rotonda, Šaina ha preso in esame alcuni documenti catastali del XIX secolo, in base ai quali ha concluso che nel 1820 la chiesa di San Giusto era ancora in uso, mentre quattro anni dopo, sempre secondo lo stesso tipo di documentazione, non lo era più.
All’epoca l’odierna chiesa parrocchiale, oggi dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria, aveva già da circa quattro secoli il ruolo che ha ancora oggi: come confermato precedentemente anche dalle curatrici della mostra dedicata al culto di San Giusto, la costruzione di una struttura più grande era necessaria perché anche la città si trasformava e si espandeva. Parlando dei restauri eseguiti al campanile nel corso dei secoli, Šaina ha detto che per quello del 1732 fu ingaggiato l’architetto albonese Iseppo Martinuzzi, mentre nel 1780 il muratore Zuane Momich “eseguì la muratura della porta del campanile”, lavoro effettuato l’anno successivo da Giacomo Gobich.
Una terza campana
Una presentazione molto dettagliata delle campane del campanile albonese si è avuta grazie a Franco Stener di Muggia, autore di numerosi contributi dedicati alla storia dell’Istria, tra cui molti sul tema delle campane storiche presenti nel territorio. Nella sua esposizione, tradotta in croato per la tavola rotonda dal professor Tullio Vorano, già dirigente del Museo e presidente della Giunta esecutiva della CI di Albona, partendo dall’epoca della nascita e delle prime diffusioni del Cristianesimo, nel contesto della costruzione dei campanili, Stener ha sottolineato che “tutte le cittadine, non solo quelle istriane, costruirono al loro interno un robusto e alto campanile non solo per sistemare le campane, ma pure con funzioni di difesa e avvistamento”.
In seguito, parlando dei quattro batacchi (batòci) di campana in ferro del campanile albonese, ha affermato che uno dei due più piccoli sarebbe appartenuto a una terza campana, “non più presente, ma di cui si ha ancora memoria”. Questa sarebbe stata requisita agli inizi degli anni ‘40 dello scorso secolo per necessità belliche. E ciò, ha detto, apre delle nuove vie d’indagine. Per quanto riguarda l’aspetto delle campane presenti, che sono del 1841 e del 1921, Stener ha voluto citare anche le scritte incise sulle stesse opere, tra cui pure quella con l’anno 1841 e l’informazione che si tratta di “Opera n. 421 gettata da Antonio Samassa di Lubiana”. Menzionate pure le immagini, tra cui “una donna senza aureola, con ampia tunica e braccia divaricate, da interpretare come la Madonna” e due figure maschili, tra le quali una probabilmente raffigurante San Sergio, compatrono di Trieste, che ad Albona viene spesso affiancato da San Giusto, come ha confermato in seguito pure Stephanie Peršić. Quest’ultima ha incentrato il suo intervento sulle opere artistiche di genere religioso, pittoriche e scultoree, presentate nell’ambito dell’esposizione curata da lei e dalla Višković. Soffermandosi su questo patrimonio materiale, di cui fa parte pure una piccola statua raffigurante San Giusto, ha sottolineato la necessità di provvedere al restauro e a un’adeguata conservazione dei lavori al fine di salvaguardarle per le generazioni future.
La Confraternita
Ricordando l’”arrivo” del culto di San Giusto ad Albona, ossia delle sue prime reliquie, da Trieste, nel VI secolo e la successiva costruzione della chiesa che una volta si trovava nell’area in cui oggi è situato ancora il campanile intitolato allo stesso santo, Olja Višković si è soffermata sulla Confraternita di San Giusto Martire, la cui fondazione risale al 1673, anno con cui inizia “San Giusto Martire Santo Corpo, Libro Primo”, un volume che comprende la lista dei nomi degli appartenenti alla Confraternita, ma anche lo Statuto, confermato il 1.mo settembre dello stesso anno dall’arcidiacono Tommaso Battiala. Come informazioni molto interessanti sono state sottolineate quelle scaturite dall’inventario citato nella stessa fonte, ovvero dall’elenco degli oggetti di legno di cui disponeva la Confraternita, tra cui due angeli d’oro che “fanno parte dell’altare”. Sono state citate pure certe altre fonti scritte dell’archivio della parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria, tra cui il “Registro di Messe e Vesperi cantate per Obbligo delle Fraternità dal Venerando Capitolo d’Albona” della seconda metà del XVIII secolo, quando era già in corso il processo di estinzione delle confraternite, il cui numero ad Albona in un secolo venne ridotto da 27 a 18, mentre la loro definitiva scomparsa si ebbe all’inizio del XIX secolo, con l’arrivo dell’amministrazione francese e il decreto dell’Ufficio per il patrimonio statale reale in base al quale tutti gli averi della Confraternita di San Giusto vennero confiscati. Ha presenziato alla tavola rotonda pure il parroco Mirko Vukšić.

Foto: TANJA ŠKOPAC
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