L’agricoltura è in affanno

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L’agricoltura è in affanno

SALVORE | Le piogge di fine agosto e inizio settembre stanno creando non pochi problemi all’agricoltura. Se da una parte la vendemmia è già iniziata e sta dando buoni risultati, dall’altra ha rallentato la raccolta del pomodoro, che qui viene coltivato per le esigenze del conservificio della “Podravka” di Koprivnica. Il fango non solo sta impedendo la raccolta, ma sta facendo marcire il frutto ancora sulla pianta, cosa che porta a un calo del raccolto e di conseguenza del prezzo. I produttori che fanno parte dell’associazione agricola “Pomidor-Pomodoro” non sono per niente soddisfatti di come stanno andato le cose, perché se il pomodoro non viene raccolto al momento giusto, le perdite possono essere notevoli.

Mercato, nessuna certezza

Dario Makovac, presidente della associazione agricola, ci ha rivelato che “le cose non sono affatto come sembrano” e che i problemi sono davvero tanti. “Le condizioni meteorologiche avverse, il calo dei prezzi di vendita, l’aumento delle spese di lavorazione e le incertezze del mercato stanno mettendo a dura prova l’agricoltura tradizionale istriana – ci ha detto –. Se a questo aggiungiamo la concorrenza, enorme e incontrollata delle grosse catene agroalimentari straniere, allora possiamo dire che il comparto agricolo è in seria difficoltà. Produciamo di tutto, dalle cipolle alle patate, dal pomodoro al sedano, ma da qualche anno a questa parte le condizioni meteorologiche non ci stanno dando una mano. Le frequenti piogge, infatti, impediscono sia la semina che la raccolta dei prodotti agricoli. Lo scorso anno, ad esempio, in settembre era piovuto talmente tanto che molti ettari di pomodoro non erano stati nemmeno raccolti. Dal punto di vista meteorologico qualcosa è cambiato, perché o piove troppo, al punto che i campi non possono assorbire l’acqua, o non piove per mesi”.

Prezzi troppo bassi

A Dario Makovac abbiamo chiesto, nel concreto, che cosa andrebbe cambiato secondo lui per quel che riguarda la coltivazione del pomodoro.
“I prezzi d’acquisto sono bassi e sono legati alla qualità del prodotto – ci ha detto –. Variano dalle 80-90 lipe a chilogrammo a inizio stagione, alle 70-80 lipe a fine agosto e settembre. Il conservificio acquista mediamente soltanto 300 tonnellate al giorno, ed è troppo poco, ma le capacità di lavorazione sono limitate. Di conseguenza, in caso di guasti alle macchine o di pioggia insistente, il pomodoro non può essere consegnato per tempo alla fabbrica. Ci sono dei turni da rispettare e se ne perdi uno ti ritrovi con il prodotto che finisce per marcire nei campi. D’altra parte è noto che i prezzi di lavorazione della terra sono aumentati, conseguentemente all’aumento del prezzo dei concimi, della nafta e dei macchinari”.

Si ripiega sulla colza

Molti agricoltori hanno ripiegato su altre colture, per non dipendere soltanto dal pomodoro e ce lo conferma anche Makovac. Quest’anno una quindicina di ettari sono stati piantati a colza, dalla quale si estrae il famoso olio largamente utilizzato come biocarburante e come lubrificante nell’industria meccanica. I residui dell’estrazione possono inoltre essere usati per l’alimentazione del bestiame. I bellissimi fiori della colza attirano invece numerose api e possono così essere sfruttati per la produzione di miele.

E lo Stato dov’è?

Si tratta soltanto di un’alternativa al pomodoro, anche perché molti produttori, più che vendere la colza preferiscono sminuzzarla e arare il campo per migliorare la qualità del terreno usandola come concime. Altri hanno piantato cipolla o patate e ora si stanno valutando le rotazioni delle colture per migliorare la qualità del terreno. Il problema sta sempre nei prezzi e nei prodotti d’importazione, che sono troppi.
“La Croazia non tutela la produzione nazionale e questo è un vero problema, sia con le verdure e la frutta, che con il latte e la carne”, denuncia Makovac, aggiungendo che “quest’anno abbiamo piantato circa 4 milioni di piantine di pomodoro per una produzione di 10-12mila tonnellate, ma lavorare nei campi sta diventando un impegno sempre più oneroso. Se i guadagni diminuiscono invece di aumentare, non possiamo assumere nuovi lavoratori e neppure preparare la semina successiva”.

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