Violenza sul gentil sesso. «Denunciare come scelta»

La Commissione per la parità di genere della Regione litoraneo-montana ha ospitato l'intervento di Dunja Bonacci Skenderovićsul tema del femmicidio

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Violenza sul gentil sesso. «Denunciare come scelta»
Un momento della seduta tematica sul tema del femminicidio. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Dall’inizio del 2024, le forze dell’ordine della Regione litoraneo-montana hanno ricevuto 129 segnalazioni di violenze in famiglia, di cui in 111 casi le vittime erano donne. Nello stesso periodo del 2023, i reati erano stati 109, con 92 vittime femminili. Anche all’interno delle mura domestiche, dove ci si aspetterebbe protezione e sicurezza, la realtà è ben diversa: nella maggioranza dei casi le vittime sono donne, che subiscono la rabbia e il rancore dei loro partner. In gran parte dei casi, sono proprio loro a denunciare, ma soltanto nel migliore dei casi. Ci sono, infatti, tante che rimangono in silenzio, bloccate dalla paura o da altre comprensibili motivazioni.

“Rimane ancora moltissimo da fare nel sistema di protezione per le donne, e con questo dibattito speriamo di stimolare un cambiamento positivo. Il femminicidio, tema della giornata odierna, purtroppo è una problematica attuale”, ha dichiarato Jovana Čutul, presidente della Commissione per la parità di genere della Regione litoraneo-montana, in occasione di una seduta tematica sul tema del femmicidio svoltasi ieri a Fiume. “La commissione è attiva da un anno e abbiamo già affrontato alcune questioni importanti. Abbiamo raccolto dati dalla Questura litoraneo-montana e notiamo che alcune violazioni e reati del Codice penale sono in aumento. Riteniamo che sia necessario discuterne e coinvolgere tutti i partecipanti per giungere a conclusioni e soluzioni migliori. Sono presenti numerose associazioni della società civile, la polizia regionale e gli operatori dei centri di assistenza sociale. Tutti si sono mobilitati, la partecipazione è ampia e speriamo che la discussione sia costruttiva”.

Jovana Čutul.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Ospite di spicco
La parola è poi passata a Dunja Bonacci Skenderović, ospite di spicco e consulente indipendente per la prevenzione della violenza contro le donne. Esperta nel campo della violenza di genere, è autrice di un’analisi esaustiva e dettagliata sul femminicidio nelle relazioni intime per il periodo dal 2016 al 2023 in Croazia. Oltre a presentare i risultati del suo lavoro, ha esposto una serie di dati statistici cercando, poi, di rispondere alla domanda: “Perché il femminicidio è un omicidio deliberato e premeditato di una donna?”.
“Ho iniziato a raccogliere dati sui femminicidi nel 2021, utilizzando il 2016 come anno di riferimento, poiché la designata ombudsman per la parità di genere ha iniziato a registrare casi in modo più dettagliato. Nel 2023 ho deciso di analizzare i dati e dare un titolo alla mia ricerca, ispirato alla canzone popolare ‘Ili moja ili ničija!’ (O mia o di nessuno!). Mi sono concentrata sul femminicidio intimo, il più comune in Croazia, dove il partner maschile uccide la compagna. Questo fenomeno presenta schemi di comportamento che possono essere prevenuti”, ha affermato Bonacci Skenderović sostenendo fermamente che ci sono segnali di rischio, come nel caso di Zagabria, avvenuto il 5 settembre di quest’anno. A sua detta, in Croazia, dal 2016 al 2023, sono stati commessi 65 femminicidi nell’ambito delle relazioni amorose, il che significa che mariti (o ex mariti), partner (o ex partner) hanno ucciso la propria moglie o compagna. La maggior parte dei femminicidi è avvenuta nella casa della vittima e dell’aggressore. I reati legati al femminicidio sono in aumento, ma si tende a trascurare il fatto che quasi la metà di questi casi termina con il suicidio dell’autore del crimine (il che significa che non vi è alcun epilogo giudiziario). Questo significa che il numero reale è molto più alto di quello dei reati penali registrati per questo tipo di crimine, probabilmente quasi il doppio.

Dunja Bonacci Skenderović.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Segnali predittivi
“Tuttavia, esistono alcuni segnali predittivi di rischio che possono indicare la possibilità che si verifichi questo terribile epilogo, come lo stalking, le minacce e gli abusi, anche dopo la fine della relazione. La vittima deve decidere autonomamente cosa fare. Nessuno può dirle come comportarsi al posto suo. I consigli esterni, i miei o quelli di altri, non possono essere di grande aiuto: deve avvenire un ‘clic’ nella sua mente, e deve essere lei a prendere la decisione su come reagire alla violenza. Le opzioni, come i rifugi e i numeri di telefono di assistenza, esistono, ma so bene che non è né facile né sempre possibile ricorrere a queste soluzioni. Ogni vittima, ogni giorno, vive con il suo aggressore e valuta i rischi della propria situazione. Nessuno meglio di lei conosce la sua realtà”, ha aggiunto la relatrice, riconoscendo la complessità della situazione in cui molte donne si trovano spesso costrette a convivere con i propri aggressori mentre cercano di sopravvivere e di valutare se e quando agire.
La sua ricerca si basa su dati statistici e sull’analisi della Linea temporale dei femminicidi sviluppata dalla criminologa britannica Jane Monckton Smith. Bonacci ha sottolineato l’importanza di agire in anticipo e ha descritto il femminicidio come un gioco malato di manipolazione, dominato da una rabbia spesso immotivata, dove la delusione personale spinge l’aggressore a compiere l’atto estremo. La gelosia, ha affermato, non è la causa del femminicidio, ma uno strumento di controllo della vittima. Non di rado la ex vittima dell’aggressore contatta la sua nuova compagna attuale, e anche questo è un segnale. Per casi del genere si registra anche una copertura mediatica breve, che in media dura 48 ore, e la mancanza di credibilità verso le donne che denunciano porta a sottovalutare le loro esperienze, causando spesso tragiche conseguenze.

La Commissione per la parità di genere della Regione litoraneo-montana.
Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

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