Un gioiello tutto da scoprire in piazza Santa Barbara

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Un gioiello tutto da scoprire in piazza Santa Barbara

Era un piccolo bijoux sospeso nel tempo, il quale avvolgeva i propri ospiti in un’atmosfera semplice ma calorosa, densa di suggestione che nasceva all’interno di una dimora accogliente, ideata quale struttura ricettiva. A pochi metri dai principali luoghi d’interesse del capoluogo quarnerino e dai suoi scorci più belli, immerso nel denso tessuto urbano del centro storico, nell’attuale piazza Santa Barbara (già piazza delle Erbe/piazza del Latte, via Lodovico Ariosto, via Janez Trdina), si trovava l’hotel “Alla città di Milano”, costruito tra il 1876 e il 1878.

Da simpatico anatroccolo a cigno maestoso

Non appariscente e molto meno frequentato dei grandi alberghi alla moda della fine del XIX secolo, l’hotel “Alla città di Milano” fu inizialmente pensato quale struttura a un solo piano da Giuseppe Kinsele, imprenditore fiumano (forse panettiere), già proprietario di Palazzo Benzoni (situato nell’odierna via Grivica 6, nella piazza davanti alla Cattedrale di San Vito). Dalle fonti d’archivio si evince che alcuni anni dopo, nel 1881, ne furono innalzati altri due e da allora, fino al 1894/1895/1898/1899, quando i titolari dello stesso risultano essere stati rispettivamente Claudio Roner, Lorenzo Crocalani, Matija Stupar e Giuseppe Zatreznick, non vi sono altre informazioni a riguardo. Successivamente la vecchia palazzina fu abbattuta e, al suo posto, nel 1909, per mano dell’architetto Grisogono Sillich e del famoso ingegnere triestino Carlo Alessandro Conighi, che in quel tempo firmò anche molti altri palazzi fiumani importanti, ne fu costruita una nuova. A differenza della prima, si trattava di un edificio molto elegante e vistoso, in stile tipicamente conighesco, a lungo conosciuto con il nome di Casa La bella ebrea. Nonostante non sia del tutto chiaro se nel nuovo palazzo l’antica attività fosse ancora praticata o sia stata trasferita in quello subito accanto, è certo che fu adibito ad albergo fino agli inizi della Prima guerra mondiale e ne risulta essere stato proprietario un certo Antonio Dobrez (1913-1915). Oggidì, oltre a ospitare un salone di parrucchiere al pianterreno, lo storico edificio è adattato a contesto residenziale che accoglie una serie di deliziosi appartamenti.

Lo stile

La raffinata palazzina presenta cifrature stilistiche eclettiche, che flirtano con lo storicismo, la secessione e la stilizzazione di motivi di forte ispirazione orientale (all’epoca molto di moda), con raffigurazioni ingrandite di creature grottesche e antropomorfe, quali il basilisco, affacciato da diversi cartigli attici, ricco di colorismo e pittura di alta qualità. Come tutti gli altri edifici realizzati da Carlo Alessandro Conighi, anche questo rappresenta un tipico esempio delle peculiarità della mescolanza fiumana del Mediterraneo e dell’Europa centrale ed è una testimonianza dell’alto livello culturale che si viveva a Fiume in quel momento.

Conighi, nato a Trieste nel 1853, compì gli studi al liceo di Trieste, a Graz e a Monaco, presso la “Koeniglich Bayerische Polytechnische Schule in München” (Regia Scuola bavarese politecnica), diplomandosi ingegnere nel 1875.
Fu a Fiume per lavoro nel 1883 (assieme ad Icilio Bacci, fondò il “Circolo letterario”), dove curò la creazione di varie biblioteche popolari e, nel 1884, avendo vinto l’appalto per costruire il Palazzo del Governo marittimo, su progetto dell’architetto ungherese Alajos Hauszmann, vi si trasferì definitivamente. La sua impresa “Carlo ing. Conighi, Impresa di costruzioni, Fiume – Abbazia”, costruì svariati edifici nella zona di Fiume, Abbazia e Volosca dei quali, tra i più importanti, ricordiamo la nuova sinagoga di Fiume, in stile neomoresco, su progetto degli architetti Wilhelm Stiassny, viennese e Leopold Baumhorn, ungherese.
Il cronista del “Piccolo della sera”, nel 1933, riferendosi all’impresa edile del poliedrico ingegnere triestino scriveva, tra l’altro che, grazie al suo estro “firmò una miriade di edifici importanti come la prefettura, il tempio israelitico, il gruppo di case operaie a Torretta, il palazzo della Banca d’Italia, la casa Smaich, la casa Rauschel al Corso, le scuole di Via XXX Ottobre e quelle statali a Torretta. Alla sua genialità sono dovute le più sfarzose ville della riviera degli anni trenta, come villa Rosalia, villa Adria, villa Nettuno, le ville barone Ransonnett, Smith, Harey, Frappart, Portheim, Janet, Italia, oltre all’Hotel Bellevue e al Sanatorio Szegoe di Abbazia”.

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