Teatro Fenice. Cenerentola dimenticata

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Teatro Fenice. Cenerentola dimenticata

Il 2 maggio 1914 veniva inaugurato in pompa magna, con la première della pucciniana Tosca, il nuovo, modernissimo Teatro Fenice, primo e unico palazzo teatrale in stile Liberty a Fiume e nel territorio dell’odierna Croazia, oltre che il più grande in questa parte d’Europa. Un grande avvenimento per la cultura del capoluogo quarnerino, nucleo cittadino rigoglioso, abituato nella storia ai repentini cambiamenti, ma sempre capace di adattarsi e sfruttare a proprio favore ogni sopraggiunta novità. Quei tempi fecondi oggi sembrano lontanissimi e col passare del tempo Fiume ha cambiato decisamente volto. Forse non tutti saranno d’accordo con quest’affermazione, ma chi respira la città a pieni polmoni, non può non rendersi conto che sono tante le cose che purtroppo non funzionano, a partire dalla politica di conservazione del patrimonio industriale e culturale in disuso. Certo, la colpa è sempre dell’insufficienza di finanziamenti, ma a volte non sono quelli gli unici a mancare. C’è anche il fattore volontà che spesso sembra venir meno. Uno degli esempi eclatanti di un’ingiustificata noncuranza riguarda appunto lo splendido palazzo del Fenice, la cui facciata e tetto versano oggi in condizioni deplorevoli, e da circa un anno anche pericolanti, dopo la forte bora del marzo scorso che aveva staccato calcinacci dall’edificio. Vista la situazione attuale, è lecito chiedersi quale sarà la sorte dell’immobile e perché in dodici mesi nessuno si sia mosso per scongiurare i danni insorti. Ne abbiamo parlato a lungo con Dragan Rukavina, direttore dell’azienda Rijekakino, proprietaria di maggioranza (90 p.c) del Teatro Fenice (il 10 p.c. appartiene alla Città) e che, a sua volta, è di proprietà della privata Rijekatekstil. “Sono consapevole del fatto che il dito è sempre puntato contro il titolare e sono pronto ad assumermi le responsabilità per il destino di questo meraviglioso palazzo, anche se fino a un certo punto – ha esordito il nostro interlocutore –. Sono felice, pertanto, di quest’interesse mediatico, che spero servirà a far uscire la questione da un punto morto. Va detto, però, che spesso, osservando da fuori, le cose risultano essere un tantino diverse da quelle che in effetti sono. In tutti questi anni, e cioè da quando l’ente ha smesso di funzionare, la nostra azienda ha tentato in vari modi e innumerevoli volte di risolvere il problema, anche perché personalmente tengo tantissimo al Fenice ritenendolo una potenziale punta di diamante della cultura di Fiume. Credo che in termini di architettura, saremo tutti d’accordo nell’affermare si tratti di un palazzo veramente speciale, del quale dobbiamo andare fieri e che merita l’interesse sia dei cittadini che degli esperti, in modo da individuare assieme una soluzione ottimale, soprattutto in termini di finanziamenti, per ridargli lo splendore di una volta sottoponendolo a un minuzioso intervento di restauro. Lo dobbiamo fare per noi stessi, ma anche per le generazioni future”. Cronologia di un degrado “Già nel 2005, quando prendemmo in mano le redini dell’azienda Rijekakino, l’edificio del Fenice versava in condizioni pietose – ha proseguito Rukavina –. Negli anni a venire, all’incirca fino all’aprile del 2010 abbiamo investito varie volte in piccoli programmi di risanamento degli spazi interni, per poter mantenere almeno le proiezioni cinematografiche. Poi, con l’apertura del Cinestar in zona Pećine, siamo stati costretti a… cambiare rotta e individuare altri tipi di eventi culturali che la struttura avrebbe potuto ospitare. Per un po’ di tempo siamo riusciti a portare avanti un discreto programma congressuale e concertistico, di cui ricordo con piacere l’esibizione del grande chitarrista spagnolo Paco de Lucía. I primi veri problemi sono insorti con la comparsa di macchie d’umidità sul soffitto, che ben presto causarono danni che rappresentavano un potenziale pericolo per i visitatori. Il palazzo era a rischio chiusura. Che cosa fare allora? Il tetto andava risanato d’urgenza. Ci siamo rivolti a un architetto per realizzare un progetto di ristrutturazione con il quale abbiamo poi aderito al Concorso cittadino per le necessità pubbliche culturali grazie al quale la municipalità cofinanzia il 50 p.c. dei lavori. A condizione, però, che l’intervento interessi anche il rifacimento della facciata, il che ha aumentato di gran lunga le spese. Il rinnovo, in quel caso, sarebbe costato sui 5,3 milioni di kune, ovvero 2,6 milioni a testa per la Città e per l’azienda Rijekakino (ovvero la Rijekatekstil) quale proprietaria di maggioranza del palazzo. Un importo non indifferente, ma che ero comunque pronto ad assicurare. Nel momento in cui la municipalità ha cambiato improvvisamente idea dicendo di poter garantire dalla tassa sui monumenti – per la quale abbiamo tra l’altro versato finora attorno agli 8 milioni di kune senza ricevere nulla in cambio –, soltanto un milione di kune, abbiamo dovuto rinunciare a tutto e non se n’è più parlato. Per noi, assicurare un ulteriore milione e mezzo di kune per i lavori, era diventato assolutamente impossibile. Dispiace dirlo, ma non eravamo in grado di coprire l’80 p.c. delle spese. Per di più, per un palazzo che rientra nel patrimonio dei beni culturali ed è adibito a uso pubblico. Inoltre, in virtù del contratto di cofinanziamento con la Città, avremmo avuto l’obbligo di concedere di tanto in tanto lo spazio, a titolo gratuito, alla municipalità e ad altri enti cittadini, per eventi da essi organizzati.

Non eravamo pronti a un accordo del genere, anche perché nessuna banca, ai cui servizi saremmo dovuti ricorrere, avrebbe finanziato un investimento di questo tipo in quanto ritenuto non remunerativo. La cultura purtroppo non rende mai. Per la Rijekakino sarebbe stato impossibile muoversi senza l’accensione di un mutuo. D’altra parte, sarebbe stato estremamente irresponsabile da parte nostra investire nella riparazione del tetto per poi fermarci lì. Per poter fare un lavoro serio, c’era da rinnovare tutto l’edificio. Nel 2016 abbiamo aderito una seconda volta al bando cittadino, ma è andata ancor peggio: il palazzo stavolta non è neppure entrato nella lista delle priorità per il 2017 e 2018. Posso veramente capire tutto, la mancanza o limitatezza dei fondi e, d’altra parte, la lunghissima lista di richiedenti, ma bisogna rendersi conto che quello del Fenice è un edificio di estremo significato, storico, architettonico, ma soprattutto culturale, e come tale andrebbe conservato. Ci siamo rivolti varie volte anche al Ministero della Cultura, che ha mostrato interesse, ma fino a un certo punto, per mancanza di budget. Abbiamo pure tentato di attingere dai finanziamenti a fondo perduto dell’Ue, ma sono rari i bandi che riguardano ristrutturazioni di questo tipo poiché è possibile aderirvi soltanto con un programma di restauro che includa il palazzo intero. La medesima Legge permette però al titolare di chiedere al Ministero di assicurare i fondi per il rinnovo del tetto e della facciata, che sono ritenuti interventi di manutenzione straordinaria. Abbiamo fatto anche questo, ma lo Stato purtroppo non ha fondi per finanziare opere di questo tipo. Quando si parla delle condizioni del Fenice, l’apparente colpevole è sempre il titolare e posso anche capirlo. Va detto, però, che quello stesso titolare versa all’anno oltre 200mila kune per la manutenzione dell’edificio, tra imposte comunali, bollette, bolli assicurativi, mutuo e quant’altro. Il tutto in virtù della Legge sulla conservazione e la tutela del patrimonio culturale, che obbliga il proprietario a farlo anche se il profitto, come ben sappiamo, è uguale a zero essendo la struttura chiusa da anni. A questo punto, mi chiedo come mai nessuno sembri interessato e volonteroso ad ovviare a questa brutta situazione. Il Teatro Fenice merita ben altro”.

Troppi soldi per la Città…

Per ottenere un quadro più completo della situazione, ci siamo rivolti anche alla Città di Fiume per chiedere chiarimenti sulle sorti del Fenice. “Essendo il palazzo in mano a un’azienda privata, la municipalità non può investire dalle proprie casse, e dunque dalle tasche dei cittadini, nel rinnovo dello stesso e tantomeno può costringere il titolare a farlo. D’altra parte, il Fenice rientra nel patrimonio dei beni culturali dello Stato e, come tale, non è di competenza della Città bensì del Ministero della Cultura. La municipalità ha comunque il diritto d’acquisto dell’edificio, ma i 5 milioni di euro richiesti nel 2012 dalla Rijekakino superavano di gran lunga il budget cittadino per cui è stato assolutamente impossibile concludere l’affare”, ci è stato risposto. La municipalità è comunque pronta a cofinanziare, in virtù della tassa sul patrimonio, le spese di rifacimento del tetto e della facciata.

Un palazzo innovativo per l’epoca

Il Teatro Fenice è sorto nel 1914 su progetto degli architetti Theodor Traexler (alunno di Otto Wagner) ed Eugenio Celligoi, “subentrando” all’allora teatro all’aperto. Anche se l’idea iniziale era di realizzare, sullo stesso spiazzo dirimpetto al palazzo dell’ex Liceo, un vero e proprio polo culturale cittadino, con tanto di teatro, casinò e sala concertistica, per mancanza di fondi dovuta all’epoca prebellica, ci si limitò alla costruzione della sola struttura teatrale. Il nuovo splendido teatro in stile Liberty, il più grande e moderno in quest’angolo d’Europa, aveva la capacità di contenere 2.000 spettatori ed era composto da un parterre, una galleria e due file di logge laterali. Alla sua edificazione collaborarono aziende e laboratori di Fiume, Vienna, Trieste e Budapest, e la posa del parquet fu assegnata alla Prima fabbrica di parquet fiumana. L’edificio fu per molti aspetti innovativo per quell’epoca, innanzitutto per la sua costruzione in cemento armato e l’uso di innumerevoli novità tecniche. La facciata meridionale venne aggiunta nel 1922 su progetto di Giovanni Rubinich. Negli anni l’entrata principale e la sala centrale furono sottoposte a ristrutturazione.

«Fiume CEC 2020 l’ultimo treno?»

Abbiamo chiesto a Dragan Rukavina, proprietario dell’edificio, qual è il reale valore di mercato del Fenice. “Con i suoi 7.530 metri quadrati di superficie e ulteriori 1.857 di lotto circostante, sul mercato vale attorno ai 7,1 milioni di euro – ha spiegato –. Nel 2012 abbiamo tentato di vendere il palazzo ai potenziali acquirenti, ovvero Stato, Regione e Città, stabilendo il prezzo di vendita a 5,1 milioni di euro, che è molto al di sotto del valore reale. Tutti hanno ringraziato per l’offerta per poi declinarla per mancanza di fondi. Nel 2016, dopo che Fiume ha ottenuto il titolo di Capitale europea della Cultura 2020, ho pensato fosse l’occasione giusta per il Fenice di ottenere il suo riscatto. Ho ricontattato la Città abbassando il prezzo a soli 2,3 milioni di euro – inclusi i progetti di restauro dell’intera struttura e i relativi permessi costatici attorno ai 200mila euro –, che ritengo siano una goccia nell’oceano. Purtroppo, neanche in quel caso le trattative hanno avuto successo. A questo punto, spero che il Teatro ottenga almeno una fetta dei 10 milioni di euro promessi dal ministro della Cultura per i preparativi di Fiume CEC 2020. Sarebbe una dimostrazione che chi di dovere tiene veramente a questo storico palazzo. Se perdiamo anche questo treno e non reagiamo in fretta, per il Fenice non ci sarà mai più nulla da fare”.

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