
Un convegno di grande rilievo si è tenuto ieri presso l’Aula consiliare in Corso. Intitolato “Ponti tra le nazioni: le città multinazionali d’Europa da una prospettiva interculturale”, ha visto la partecipazione di relatori di spicco, anche internazionali. L’evento è stato salutato, seppure in assenza, con un messaggio dall’Ufficio del presidente della Repubblica Zoran Milanović, dal presidente della Regione litoraneo-montana Zlatko Komadina e dal sindaco di Fiume, Marko Filipović. Organizzato dall’Associazione Stato Libero di Fiume in concerto con la Fondazione Coppieters, il convegno è ormai un appuntamento consolidato nel capoluogo quarnerino, al punto da diventare un vero e proprio marchio distintivo della città.
L’iniziativa è stata supportata dalla Regione e dalla Società di Studi Fiumani di Roma. Oltre alla partecipazione in presenza, era possibile seguire il convegno anche online.
Si è trattato del settimo appuntamento di questo tipo, organizzato tradizionalmente nel mese di novembre. Nemmeno quest’anno è mancato l’elemento distintivo che caratterizza l’iniziativa ovvero l’impegno a evitare approcci individualisti e a fare luce su eventi e fenomeni storici da prospettive diverse, consapevoli che le verità storiche sono relative e strettamente legate al punto di vista di chi le espone.

Foto: RONI BRMALJ
Dodici interlocutori
Il convegno ha visto la partecipazione di 12 interlocutori provenienti da 6 Paesi e si è discusso di 5 città (Fiume, Trieste, Danzica, Novi Sad e Dimitrovgrad) la cui storia recente è stata influenzata da ben 9 Stati e culture diverse, guadagnandosi il diritto di essere considerate a pieno titolo “città ponte tra le nazioni”.
Laura Marchig ha aperto il convegno a nome dell’Associazione Stato Libero di Fiume, salutando Eszter Tamasko, Ervin Dubrović e Danko Švorinić, membri del comitato organizzatore dell’evento. Ha ricordato come il convegno sia ormai un marchio riconosciuto, capace di attrarre rinomati studiosi europei e locali che, attraverso le loro ricerche, analizzano il passato e propongono con rigore argomentato delle linee guida per un’Europa più forte, inclusiva e moderna, destinata ad ampliarsi ulteriormente in futuro. Tra i presenti in sala, il preside della SMSI di Fiume, Michele Scalembra, e il presidente della Comunità degli Italiani di Palazzo Modello, Enea Dessardo.
Marino Micich, direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume e segretario della Società di Studi Fiumani a Roma, ha parlato a nome dell’assente presidente Giovanni Stelli, il quale è comunque intervenuto più tardi tramite Zoom. Micich ha invitato i presenti, qualora si trovassero a Roma, a visitare lo splendido Archivio e Museo Storico di Fiume. Per il nostro quotidiano ha dichiarato: “Per noi questo è un convegno importante, al quale la nostra Società partecipa già da diversi anni e che sosteniamo con entusiasmo. È un’occasione fantastica per ribadire, nell’attuale comunità europea, il valore delle minoranze linguistiche e culturali, ovunque esse si trovino. È, in parte, il nostro caso: la nostra associazione nacque dal drammatico capitolo dell’esodo e, nel 1960, fondammo la Società di Studi Fiumani. Di questo, dunque, sappiamo qualcosa. Il nostro dialogo con Fiume iniziò nel 1990, e nella mia relazione illustrerò come è nato e si è sviluppato fino a oggi. All’epoca, Fiume era una città in cui la lingua e la cultura italiane erano fondamentali, e a questo è importante dare sempre il giusto riconoscimento”.
Degna di nota la presenza all’evento del filosofo e membro della Fondazione Coppieters, Antonello Nasone, dottore di ricerca in filosofia presso l’Università di Sassari, il quale nel suo intervento ha affermato: “Sono qui per portare i saluti a chi ha patrocinato questa iniziativa. È la mia seconda volta a Fiume e posso dire di avere già avuto modo di comprendere il significato di questa città. Il fatto che da anni ospiti un evento come questo, capace di riunire diversi popoli europei, può significare chiaramente che Fiume potrebbe diventare il centro in cui pensare a una nuova Europa. È una città dalla storia particolare e un crocevia di diversi popoli e culture, e ciò la pone in una posizione, per certi versi, invidiabile. Mi auguro che questi eventi non restino isolati, ma abbiano un seguito nel tempo”. Probabilmente la figura di maggiore spicco è stato l’ospite ungherese Imre Juhász, professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Eötvös Loránd e giudice della Corte Costituzionale Ungherese. Juhász ha tenuto un intervento sul Corpus separatum di Fiume e sulla sua annessione alla corona ungherese, un tema su cui ha condotto approfonditi studi per molti anni e sul quale ha scritto il libro “Fiume – una città e porto dell’Europa Centrale all’intersezione degli interessi di potere”. Juhász si è dichiarato onorato dell’invito e felice di poter partecipare al convegno. Nel suo intervento ha ripercorso la storia della città e il legame con l’Ungheria, sottolineando l’importanza del dialogo tra le nazioni in Europa. Ha affermato che, in un modo o nell’altro, senza l’influenza ungherese, Fiume non sarebbe la stessa e che l’impegno ungherese per migliorare la qualità di vita dei cittadini è evidente sotto vari aspetti.
Giovanni Stelli, intervenendo da remoto, si è concentrato sul concetto di nazione, distinguendolo dalle idee tradizionali medievali e dalla nozione di nazione culturale sviluppata dal nazionalismo moderno. Ha trattato la varietà etnica e linguistica, citando figure quali Niccolò Tommaseo, e ha ripercorso le vicende storiche di Fiume, che ne hanno modellato il destino.

Foto: RONI BRMALJ
Esposizioni di grande rilievo
Tra le esposizioni di grande rilievo, quella di Damir Grubiša, politologo, diplomatico e già ambasciatore della Croazia a Roma, il quale ha esplorato i vari modelli di coesistenza tra popoli, sia nelle grandi città che nelle piccole realtà provinciali europee. Tutti i relatori hanno evidenziato l’importanza delle attuali minoranze, come quella autoctona italiana, che in passato ricoprivano un ruolo di maggioranza e che spesso si trovano ad affrontare il rischio di cadere nell’oblio, come ha giustamente osservato anche Marino Micich.
Assieme, si sono valorizzati gli aspetti demografici delle culture, sottolineando i problemi delle minoranze, realtà che, in fondo, soffrono più di tutte, spesso abbandonate nel baratro della dimenticanza.
Si è quindi passati a parlare di Danzica con l’intervento di Agnieszka Rudowska, professoressa di lingua e letteratura polacca presso il Dipartimento degli Studi Croati. La relatrice ha chiarito la prospettiva polacca sulla città nel corso della storia, fino ad arrivare alla prima metà del XX secolo. Durante il periodo tra le due guerre, Danzica aveva lo status di Città Libera, per poi essere annessa alla Polonia solo dopo la Seconda guerra mondiale. Rudowska ha evidenziato come il dialogo tra tedeschi e polacchi debba tener conto del passato polacco della città nei secoli, così come di quello tedesco.
Ivan Jeličić, professore al Dipartimento di Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia di Fiume e ricercatore a tempo indeterminato presso il Dipartimento di Italianistica, ha parlato di alcuni importanti socialisti fiumani che hanno contribuito a porre i diritti dei lavoratori al di sopra delle differenze linguistiche e culturali. Secondo Jeličić, i socialisti fiumani, animati da ideali di lealtà, erano veri costruttori di ponti tra le diverse nazionalità, un grande esempio di eccellenza e collaborazione.

Foto: RONI BRMALJ
Esperienze di vita
Dopo la pausa pranzo, i lavori sono proseguiti nello stesso ritmo. Assente in loco il docente di storia contemporanea triestino Raoul Pupo, il quale ha comunque partecipato da remoto, vi sono stati alcuni cambiamenti nell’ordine delle esposizioni. Il professor Carsten Gansel, specialista di letteratura tedesca moderna presso l’Istituto Germanistico dell’Università Justus Liebig di Giessen, impossibilitato a essere presente, ha affidato il suo intervento sulla città di Danzica alla professoressa Petra Žagar Šoštarić del Dipartimento di Germanistica di Fiume.
Nel corso della seconda parte della giornata sono intervenuti altri illustri relatori, tra cui Ljubinka Toševa Karpowicz che ha parlato della propria storia personale legata a Dimitrovgrad, città che fu costretta ad abbandonare nel 1956 e che nel tempo ballava tra il confine serbo e quello bulgaro. E poi, gli interventi di Vojislav Martinov, Maria Silađi, Anica Draganić da Novi Sad e Štefan Čok giunto da Trieste, che hanno affrontato numerosi altri temi di grande rilevanza.

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