«Secondo binario? Devastazione inutile»

Un’intervista-anticipazione del programma elettorale di Vlado Mezak, candidato sindaco indipendente alle prossime amministrative. L’ex direttore della Port Authority esprime perplessità sul progetto della metropolitana

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«Secondo binario? Devastazione inutile»

“A Fiume si possono fare tante cose buone. Io ho la voglia, le competenze e l’esperienza per farlo, all’insegna della trasparenza e alla luce del sole, sotto l’occhio vigile dei cittadini che si aspettano il progresso e uno sviluppo sostenibile della città. Di Fiume vogliamo fare una città da cui i giovani non se ne vorranno andare, anzi, in cui vorranno ritornare. Una città di cui saremo orgogliosi”. È questo il pensiero di Vlado Mezak, candidato sindaco indipendente, uscito di recente dalle file del Partito socialdemocratico. Non è un nome nuovo sulla scena pubblica, avendo ricoperto anche la carica di direttore della Port Authority fiumana, occupandosi per 3-4 anni della gestione del principale porto croato.

 

 

Una dimensione meno formale
Cerchiamo di conoscerlo meglio, pure in una dimensione meno formale, anche perché, come vedremo, si presta a essere considerato da diversi punti di vista. Come stanno facendo o hanno già fatto gli altri candidati, gli abbiamo chiesto di presentare le proprie credenziali, non soltanto quelle politiche, le carte che intende giocare per conquistarsi le simpatie e soprattutto i voti dei cittadini alle amministrative del 16 maggio. Per tutto il suo percorso formativo, dalle elementari al dottorato di ricerca, è sempre vissuto a Fiume, cresciuto nel rione di Braida. Non ha frequentato l’allora scuola elementare Matteotti, bensì la Brusić dei suoi tempi (oggi Brajda, nda). La Matteotti aveva lasciato gli spazi alla Facoltà di Marineria dove Mezak si è laureato, conseguendo poi il dottorato a quella di Economia. “Ho fatto un po’ di tutto – ammette –, e tra le altre cose anche il fotoreporter al Novi list nei primi anni Novanta. Ho fatto l’agente marittimo prima di venire assunto all’Ente Porto. Vi ho lavorato per vent’anni, di cui gli ultimi quattro in qualità di direttore. Comunque, è stato importante anche il periodo prima che diventassi il numero uno dell’Autorità portuale. Sono stato direttore operativo del progetto Rijeka Gateway, uno dei più grandi in Croazia, finanziato dalla Banca Mondiale prima che arrivassero i Fondi europei. È stato davvero un grande momento per il porto oltre che per il Paese.

Ho ricoperto la funzione di direttore dal 2012 al 2016, ma in effetti già un anno prima le cose erano cambiate con il cambio al governo, il cui compito è nominare la dirigenza e quindi anche chi ne sarà alla guida. Mi veniva offerto un posto di consigliere del direttore, ma ho avuto difficoltà a funzionare in quel contesto. Per esempio, avevamo già pronto il progetto per realizzare sul Molo longo, all’altezza dell’edificio della Dezinsekcija, una zona sportiva e ricreativa, con strutture per la vela e il canottaggio e altri contenuti. Purtroppo, da allora sono passati 4 anni e mezzo e non è stato realizzato nulla. Decisi di andarmene, senza liquidazioni o altro. Dopo aver conseguito il dottorato, ero poco propenso a svolgere il mio lavoro nella Port Authority e ho iniziato a collaborare con l’Università. Dopo il mio disimpegno dall’Ente Porto, dallo scorso anno sono docente presso la Facoltà di Marineria”.

Un nome nuovo sulla scena politica
I candidati per assumere la guida della città al momento sono dodici, personaggi più e meno noti, più e meno considerati. Sulla scena politica, quello di Vlado Mezak è un nome nuovo. “Se ci fosse un concorso per un buon posto di lavoro e se i candidati fossero dodici, ci proverei sicuramente. Ci sono discrete probabilità – sorride Mezak – ma, scherzi a parte, io sono stato membro di un partito per tanti anni. Attraverso l’SDP ho anche tentato negli ultimi anni di promuovere delle strategie riguardanti il traffico, settore in cui sono esperto, ma non sono stato compreso. Ho notato una specie di inerzia, di cattivi rapporti, anche a livello nazionale. Semplicemente, sono uscito deluso. Mi sono aggregato a un gruppo di attivisti dal nome Pravda, istina, odgovornost (Giustizia, verità, responsabilità), composto da gente che conosco da tempo e con cui condivido le idee. Ne è nata una lista indipendente e io sono il candidato sindaco. Ci sono anche due iniziative civiche, una per la tutela degli alberi in città e l’altra contro la costruzione di un secondo binario ferroviario in città. Il tutto è avvenuto all’inizio di quest’anno, nel momento in cui uscivo dall’SDP, quando i candidati non erano ancora così numerosi. Anche se ve ne fossero venti, non rinuncerei. Abbiamo dei progetti precisi di cui gli altri non si occupano. Ho guidato la Port Authority, un ente che copre un vasto territorio della città dove si svolgono innumerevoli attività che rientrano nelle mansioni di competenza di un sindaco. Non è semplice gestire dei grandi sistemi. Ci sono alcune migliaia di persone che lavorano nell’amministrazione cittadina, nelle aziende municipalizzate e nelle istituzioni cittadine. Ci dev’essere un capo, un condottiero, che sappia in ogni momento in che direzione andare”.

Appunto. In che direzione non andare? Entro la fine dell’anno dovrebbe essere pronto il progetto per la costruzione di un secondo binario ferroviario in funzione dei trasporti pubblici urbani. Per qualcuno si tratta di una buona idea, di una specie di metro che dovrebbe alleggerire il traffico stradale. Mezak sostiene il contrario: “Costa troppo e non vale la pena devastare ulteriormente il centro. Ci sono soluzioni più semplici. Sono disposto a confrontarmi con chiunque in questo senso. Può bastare un binario”. C’è un’idea di cui avremo modo di parlare successivamente, quando Mezak presenterà il suo programma. Come ex direttore dell’Ente Porto aggiunge: “Posso rivendicare qualche merito, da quello di aver contribuito all’arrivo degli yacht nel porto. È sorto un centro nautico di cui la Port Authority trae dei vantaggi. La città si è trasformata. C’è la passeggiata in Riva Bodoli, che da tre metri di larghezza è arrivata a dieci, con l’arredo urbano, gli ulivi. Sono arrivate anche le navi da crociera. In due-tre anni è stato fatto tanto”.

La passione per il folk americano
Di questo e altro riparleremo nelle prossime puntate, nei due mesi che ci separano dall’appuntamento alle urne. Nell’attesa, sveliamo la sua vocazione musicale, comprovata. Ha cercato di abbinarla a un’attività che ha cercato di rendere meno prosaica di quanto lo è nella maggior parte dei casi. Per due anni ha gestito un locale in affitto a Tersatto, un club o, come dice Mezak, una specie di teatro. “Sì, c’è la passione per la musica, per il folk americano. Mi sono imbarcato in un’avventura come ristoratore, ma dopo due anni non ce l’ho fatta a reggere i ritmi, a lavorare all’Università e a occuparmi del locale. Avevo cercato di farne qualcosa di diverso, con un microfono sempre disponibile per chiunque volesse suonare o cantare. Mi sono impegnato anch’io e ho lasciato traccia su Internet. L’esperienza, la prima come gestore privato, mi ha dato la possibilità di comprendere quanto sia difficile fare l’imprenditore in Croazia”. C’è l’aspetto imprenditoriale da un lato, ma anche quello, inevitabile, ideologico. Ci riferiamo alla nave Galeb e poi, già che ci siamo, per restare in tema di simboli, anche la questione della Stella rossa, l’installazione collocata in cima al Grattacielo di Fiume nell’ambito del progetto Capitale europea della Cultura. “Sinceramente, eviterei sempre di parlare di ideologie. La nave Galeb è testimone di un’epoca. Lo vedo come un museo in cui verrà presentata in modo obiettivo la sua storia, negli aspetti positivi e negativi. Le giovani generazioni devono conoscere la storia, che non deve loro venire taciuta. Di musei ce ne sono di ogni sorta, anche quelli in cui sono esposti strumenti di tortura. Ciò non significa approvare certi metodi. In Croazia vengono dimenticate troppe cose del passato. Non è necessario litigare. Basta accettare la storia. Già che la nave è stata acquistata e restaurata, occorre saperla sfruttare. La Stella? Stiamo parlando di un’installazione artistica. Non credo sia compito di un sindaco giudicare l’arte e di limitare le libertà nell’esprimerla. La Stella l’ha messa un artista, non un partito. Ora abbiamo parlato di due cose diverse, cioè di storia e di arte. Non ho bisogno di sbandierare principi come la tolleranza e l’apertura. Osservo in modo globale, sono aperto a tutte le diversità, non solo etniche, ma anche in merito all’orientamento sessuale. Posso parlare degli italiani che oggi a Fiume sono una minoranza. Nella storia, da Roma in poi, è stato diverso. Noi ci siamo arrivati un centinaio di anni fa, ma io sono uno che non fa differenze”.

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