
Nel cuore del parco che porta il suo nome, è stato svelato il busto dedicato a una delle figure più affascinanti, e al tempo stesso meno conosciute, della storia scientifica di Fiume: Nikolaus Thomas Host, o Nikola in croato. Il tutto, in ricorrenza del 263º anniversario della sua morte e secondo una romantica idea di Dino Damjanović, titolare dell’accogliente caffè posizionato nei pressi dell’entrata nel parco.
L’autore del busto, lo studente di scultura presso l’Accademia di Arti Applicate di Fiume, Filip Miletić, ci ha rivelato com’è nata questa collaborazione con i titolari del caffè e l’idea di dare vita al busto realizzato, poi, in cemento bianco e pronto a resistere a tutte le condizioni climatiche degli anni a venire: “In modo tipicamente balcanico: su raccomandazione, tramite un paio di intermediari. Per realizzare l’opera ci ho messo un mese, considerando anche che non ho ancora molta esperienza con l’uso di questo materiale. E poi bisogna dire che avevo solo una foto di profilo del personaggio Nikola Host, il che mi ha costretto a improvvisare il volto dall’angolazione frontale. Il materiale, una volta compattato, rende il lavoro leggermente più complesso. A causa del materiale, non ho firmato l’opera, perché, da studente, non mi considero ancora affermato”, ha detto.
Filip Miletić ci ha raccontato che Dino Damjanović ha avuto una grande idea: donare alla città non solo questo busto, ma un intero lapidario composto da vari busti di personaggi famosi di Fiume, e ha aggiunto che sarà sempre felice di partecipare se invitato a farlo. “Poiché lavoriamo in questo parco, è stato naturale fare una ricerca su chi fosse Nikola Host e in qualche modo rendergli omaggio per ciò che ha rappresentato per la nostra città, sia dal punto di vista culturale che storico. Abbiamo grandi progetti per far rivivere questo parco e restituirgli, almeno in parte, l’antica funzione di oasi botanica che un tempo aveva. Speriamo che la Città ci aiuti a realizzare le nostre idee”, ci ha confidato Dino Damjanović.
Una cerimonia semplice, ma carica di significato, in un luogo che un tempo rappresentava la perfetta sintesi tra natura e arte. Il parco Nikola Host, che si affaccia su via Martiri antifascisti (nel gergo cittadino ancora oggi più conosciuta come via Roma) e da sempre associata al Tribunale e al carcere istruttorio, è uno dei due parchi più antichi di Fiume, insieme al parco di Mlaka.
Nato nel XIX secolo come giardino botanico di Villa Androch, quando ancora apparteneva all’arciduca Giuseppe, non era un semplice giardino. Era un luogo di meraviglia, arricchito da sculture, fontane e piante esotiche provenienti da ogni parte del mondo. Un giardino all’inglese, sì, ma con un’anima che parlava di un’epoca in cui la natura veniva plasmata come fosse un’opera d’arte. Su un terreno roccioso, il giardino divenne così particolare da incantare chiunque vi mettesse piede. Un’anima e un aspetto che oggi ormai smarriti, soffocati dal tempo, dall’incuria, da quella distrazione che colpisce ciò che non grida abbastanza forte per essere ricordato. Torniamo ora a Nikola Host: chi era questo personaggio? Un nome che a molti, oggi, dirà poco, ma che rappresenta un pezzo di storia dimenticato.
Nato a Fiume nel 1761, Host non era soltanto un medico (e già questo basterebbe a garantirgli un posto tra le menti brillanti del suo tempo), ma un visionario, uno di quelli che sapevano guardare la natura non solo con occhi curiosi, ma con un’intelligenza capace di decifrarla. La sua passione per la botanica lo ha portato a essere il primo a descrivere la flora di Castua e dintorni, una terra che per molti sarebbe stata solo un insieme di piante e rocce. Ma non per lui. No, Host vedeva un mondo intero nascosto nei dettagli più minuscoli. E così, dopo aver studiato al Ginnasio dei Gesuiti a Fiume e aver completato gli studi di medicina a Vienna nel 1787, decise di trasformare quel mondo in sapere. Non bastava essere un brillante medico: Host doveva fare di più. E ci riuscì. L’imperatore Francesco I d’Austria, non uno qualunque, lo volle come suo medico personale. Ma non solo. Gli affidò anche una missione: creare un giardino botanico nel cuore del Belvedere viennese, un luogo dove raccogliere e coltivare piante autoctone dell’Impero. Un giardino che Host guidò per ben 41 anni, rendendolo un simbolo della biodiversità e della scienza. Nel frattempo, tra un fiore e una lezione al Terezianum, Host trovò il tempo di scrivere opere monumentali come Flora Austriaca, un’enciclopedia della natura che descriveva la flora dell’Impero (includendovi quindi anche specie delle nostre zone) come nessuno aveva mai fatto prima. Scoprì e classificò nuovi generi e specie, con un rigore scientifico che oggi farebbe impallidire molti accademici. Eppure, nonostante tutto questo, quanti sanno chi era Nikola Host? Quanti conoscono il medico che curava con le piante, il botanico che trasformava le passeggiate nei boschi in scoperte rivoluzionarie, l’uomo che Fiume, nel 1823, nominò nobile consigliere per i suoi meriti straordinari? Il suo busto, inaugurato nell’omonimo parco, non è solo un monumento: è un monito. Un invito a ricordare che il progresso non è fatto soltanto di macchine e tecnologie, ma anche di uomini che sanno fermarsi a osservare un fiore, a riconoscerne l’unicità, a usarlo per guarire e creare. Nikola Host era uno di questi uomini. E se oggi il suo nome suona estraneo, forse è perché abbiamo smesso di guardare il mondo con gli occhi curiosi di chi sa che ogni piccolo dettaglio può nascondere una rivoluzione.

Foto: ŽELJKO JERNEIĆ
Tutti i diritti riservati. La riproduzione, anche parziale, è possibile soltanto dietro autorizzazione dell’editore.
L’utente, previa registrazione, avrà la possibilità di commentare i contenuti proposti sul sito dell’Editore, ma dovrà farlo usando un linguaggio rispettoso della persona e del diritto alla diversa opinione, evitando espressioni offensive e ingiuriose, affinché la comunicazione sia, in quanto a contenuto e forma, civile.