Prof. Mirko Bilandžić: «In nome della sicurezza si rinuncia alla democrazia»

Il Club dell’Università della terza età ha portato a Fiume il professor Mirko Bilandžić con un’interessante relazione

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Prof. Mirko Bilandžić: «In nome della sicurezza si rinuncia alla democrazia»
Il prof. Mirko Bilandžić. Foto: IVOR HRELJANOVIĆ

Terminata un’emergenza, ne arriva un’altra. In pratica, siamo costantemente in una condizione d’incertezza, di pericolo incombente e le cose non tendono a migliorare. “Le sfide della sicurezza europea” è il titolo della conferenza tenutasi nell’Aula consiliare di Palazzo municipale in Corso grazie all’organizzazione del Club dell’Università della terza età, un incontro aperto a tutti gli interessati. Non ve ne sono stati tantissimi, ma in compenso c’è stata una partecipazione attiva, anche da parte del sindaco Marko Filipović. Il relatore è stato il professor Mirko Bilandžić, docente del Dipartimento di sociologia alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Zagabria.

Bisogno primario
“La sicurezza è un nostro bisogno primario nella società. Gli studi sulla sicurezza la considerano come un bene che non ha prezzo per salvaguardare la democrazia. Talvolta il prezzo da pagare può essere anche la sospensione della democrazia stessa in nome della sicurezza”, sono state alcune delle considerazioni di Bilandžić, che ha tracciato un percoros non lunghissimo, appena 15 anni, in cui l’Europa si è trovata a dovere affrontare una serie di crisi di varia natura. L’Europa e il mondo sono stati investiti nel 2008 dalla grande crisi economica dalla quale molti Paesi hanno impiegato diversi anni per riprendersi. “La Croazia – ha commentato il relatore –, ci ha messo un po’ di più”. Nel frattempo si è accesa, o riaccesa, la crisi in Medio Oriente con l’emergenza migranti, mentre nel 2014 è di fatto iniziata la guerra in Ucraina. Nel frattempo, come la crisi economica che nel 2008 ha colpito l’intera economia mondiale, è piombata sull’umanità la pandemia di Covid-19. Quando s’intravedeva l’uscita dall’emergenza sanitaria, è partita, nel febbraio dello scorso anno, l’“operazione speciale”, cioè l’aggressione russa all’Ucraina su vasta scala. Oltre alle distruzioni e alle vittime del conflitto in Ucraina, ci sono state quasi subito le conseguenze per l’Europa, che si è ritrovata impreparata all’ipotesi di una sospensione delle forniture di gas e petrolio dalla Russia.

«Un concetto fragile, costantemente in discussione»
“Tempo che il processo di pace sia ancora lontano e che non vi sia nemmeno la possibilità di avviarlo in quanto la condizione per farlo è legata alla necessità di un cessate il fuoco a cui nessuna delle due parti sembra interessata, per ora. Ciò a cui punta la Russia di Vladimir Putin è inequivocabilmente la ricostituzione di quella che fu l’Unione Sovietica. Putin oggi semplicemente non riconosce l’Ucraina come nazione e intende annetterla come le altre ex Repubbliche su cui vuole mantenere il controllo. Le sanzioni rappresentano una componente politica con scarsi effetti economici. Il mandato di cattura internazionale emesso dal Tribunale dell’Aia ha un’importanza notevole a livello psicologico, mentre da quello pratico non ha grande rilevanza. È bene, comunque, che vi sia un responsabile, Putin, indicato come tale dal Tribunale internazionale per i crimini di guerra”.
Al termine della relazione, dettagliata e tutt’altro che ottimistica, sono arrivate le domande dal pubblico. Conclusioni non ve ne sono state, semmai, quella che quello della sicurezza è un concetto fragile, costantemente in discussione.

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