Lo spirito godereccio dei fiumani

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Lo spirito godereccio dei fiumani
L’edificio ospita oggi il caffè bar “Mačak”. Foto: ŽELJKO JERNEIĆ

Fra le calli di Fiume antica, e non solo, si annidavano, sul finire del XIX secolo, come accennato nell’ultima edizione della nostra rubrica, una miriade di caffetterie e osterie le quali, a detta del fiumano Riccardo Gigante nel suo volume “Folklore fiumano”, “erano frequentate a tutte le ore del giorno, come avviene nelle città di mare”. L’autore riporta pure che la preferita su tutte era la “Gendarme”, una specie di cantinone “con le capacissime botti allineate lungo le pareti, dove si radunavano la sera a bere numerosi “quintini” e “bucaléte” e a giuocare a tressette o a “cotécio”, professori, medici, avvocati, merciai e artigiani”. Le altre trattorie da lui ricordate sono la “Gondola”, la “Napoleone”, la “Rizza”, la “Quattro Porte”, la “Trabocchetto”, la “Città di Milano”, la “Tamburin”, l’“Ernesta”, la “Bella Drazana”, la cui proprietaria era una “parona” nativa di Draga e la “Pomo d’Oro”. Quest’ultima “aveva sull’insegna una mela dorata, ma prendeva il nome dal berrettino rosso, detto “pomodoro”, che non abbandonava mai il capo ricciuto del proprietario, un gigantesco morlacco”, scrive ancora Gigante. Ma, forse, la più tipica, era la famigerata osteria “Sotto Prova”, sita in Calle dei Canapini (oggi Užarska), “preceduta da cortile con pozzo e scala esterna, qualcosa fra l’infima bettola e il basso postribolo, che echeggiava sempre di canti, voci rissose e strilli di femmine”.

Non va, inoltre, dimenticata la “Pissariola” che, dallo scritto di Gigante, veniamo a sapere che traeva il nome da un vicino orinatoio, si trovava nelle adiacenze del Teatro Verdi e, dopo gli spettacoli, veniva invasa dai più eleganti frequentatori dello stesso. “Siccome, in queste osterie non c’erano tavolini e seggiole, ma tavoli lunghi e panche, alla stessa tavola venivano a trovarsi a gomito a gomito uomini in “velada” e facchini del porto, tutti in buona armonia”, riporta l’autore. Certo è che, come andava all’epoca di moda, coloro che aprivano i locali li denominavano prendendo spunto da qualche elemento del luogo in cui erano ubicati. Nel farlo, come leggiamo nel “Folklore fiumano”, non gli mancavano di certo l’ironia e lo spirito. A tal proposito Gigante annota che “nome beffardo avevano un’osteria nei pressi del cimitero e un sordido caffeuccio in Calle dell’Arco Romano: quella, all’insegna dell’Ultima tappa’, questo, dell’‘Ultimo Soldo’”. Oltre alle osterie cittadine, i fiumani frequentavano volentieri anche quelle del circondario di Fiume, “meta delle passeggiate festive e di quelle vespertine estive”. Tra le più amate erano la “Mulaz” e l’“Arlechin” di Cosala, la “Terzi” a Drenova, la “Maria” e la “Rosa” di Cantrida, la “Fabbro” sulla strada di Castua, nonché la “Scalamera” e la “Cicigoi” a Valscurigne. “Qualcuna di queste osterie chiudeva i battenti quando finiva la scorta di “vin domestico” perché i loro proprietari avrebbero preferito cambiar mestiere piuttosto che “diffamare il locale” spacciando vini istriani, dalmati o pugliesi. In queste osterie rurali gli enormi focolari intorno ai quali si affacendava la “parona” con le sue aiutanti erano, nei giorni festivi, ingombri di graticole, padelle e pentole, da cui si sprigionava il fumo denso e grasso delle braciuole e dei pesci, salendo a stagionare i prosciutti, i festoni di salsicce e le “baffe” di lardo che “pendevano dal soffitto”, veniamo a sapere ancora dal succitato volume.

Il caffè Adria all’inizio del XX secolo.
Foto: LOKALPATRIOTI

Le birrerie
Carattere meno popolare avevano le birrerie, molto frequentate per le “marende de meza matina” o “marende de piron”. Gigante nomina in primis la “Roda”, ubicata nell’allora via Maylender (oggi Kružna), “dove scorreva un ruscello chiamato “Roda” dalla superstite fradicia ruota d’un antico molino”, seguita da un locale sito in Scoglietto, il quale “spacciava birra di propria produzione”, dalla “Ziegler” che ha preso il nome dal suo proprietario e si trovava nel palazzo della Cassa di Risparmio, dalla “Stella d’Oro”, con tanto di giardino davanti, al pari della birreria dell’Hotel Dèak, quella “da Sponza” nei Giardini Pubblici, “invasa dal pubblico soprattutto nelle giornate festive il cui proprietario, “el gobo Sponza”, attirava gli avventori con le luminarie” e, infine, quella del “Gamba”, ubicata all’ingresso del vecchio “Anfiteatro Fenice” o “Teatro Riccotti”, “tenuta da un tale che aveva una gamba piegata ad arco per una frattura mal curata”. Tranne quelli delle ultime due, riporta il Gigante, tutti gli altri birrai erano tedeschi.

Le caffetterie
Come ampiamente raccontato nelle precedenti rubriche, i fiumani erano grandi appassionati di caffè e assidui ospiti delle tante caffetterie in giro per il centro della città. Oltre ai rinomati caffè “Europa”, “Schenk”, “Fiumara”, Patriottico”, “Bukounig, “Al Risorgimento” e tanti altri, o il “Centrale” e il “De la Ville”, frequentati per lo più dagli stranieri, dagli impiegati statali e dai forestieri di passaggio, ve n’erano una miriade di altri, meno conosciuti.
Anche questi, come il caffè “Adria” sito nell’allora piazza Elisabetta (oggi piazza Adria), sia nel corso della giornata che nelle ore serali, erano luoghi in cui non mancavano momenti di piacevoli scambi di chiacchiere e incontri. A una certa ora, quando si faceva buio, i proprietari del succitato locale accendevano il grande lampione sopra la tenda esterna, di modo che, chi si soffermava davanti all’ingresso, poteva godersi la vista della bellissima area verde che si trovava subito di fronte allo stesso.

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