L’immunologo Jonjić: «Il Covid non è stagionale come l’influenza»

Il responsabile del Dipartimento di istologia ed embriologia presso la Facoltà di Medicina di Fiume, precisa: «Nel momento in cui abbiamo allentato le misure di contenimento il virus è tornato»

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L’immunologo Jonjić: «Il Covid non è stagionale come l’influenza»

Il coronavirus è tornato a dettar legge. Dopo che in un primo momento sembrava che il peggio fosse passato, nelle ultime settimane abbiamo assistito una preoccupante impennata di nuovi casi di positività nel Paese. A livello globale è in corso una maratona scientifica senza precedenti alla ricerca dell’unica vera arma per sconfiggere il nemico invisibile: il vaccino. Sebbene ogni giorno venga compiuto un piccolo passo in questa direzione, la strada è ancora lunga. Quella della commercializzazione e della successiva produzione su scala mondiale ancora di più.
Il virus è comparso all’improvviso, sorprendendo tutti. In primis i ricercatori, chiamati a debellarlo una volta per tutte. Ma è un’impresa titanica. Dubbi, punti oscuri e domande ancora senza risposta sono tanti, nonostante l’intera comunità scientifica internazionale si sia unita nella lotta. Per capire a che punto è arrivata la ricerca, siamo andati a scomodare l’immunologo Stipan Jonjić, responsabile del Dipartimento di istologia ed embriologia e del Centro di proteomica presso la Facoltà di Medicina di Fiume.
Prof. Jonjić, tanti sostengono che in seguito all’aumento delle temperature il virus abbia perso virulenza. È davvero così o è piuttosto l’organismo umano che si difende meglio durante l’estate?
“È risaputo che alcuni virus sono stagionali e che alla loro diffusione non sia favorita da fattori quali giornate più lunghe, una maggiore insolazione e il caldo, come ad esempio nel caso dell’influenza. Si pensava lo stesso con questo nuovo virus, ma siamo stati smentiti visto che nel momento in cui sono state allentate le misure di contenimento l’epidemia è tornata. Questo virus non rientra pertanto nella categoria delle cosiddette tipologie stagionali”.
Ora però si contano sintomatologie meno gravi rispetto a prima, quindi è lecito pensare che il virus sia diventato meno aggressivo. O forse no?
“Non posso dirlo con certezza, ma comunque non è da escludere dato che l’estate e l’inverno sono molto diverse sotto l’aspetto epidemiologico. Ciò può essere associato anche a un cambiamento all’interno del virus stesso in quanto è soggetto a mutazioni che possono indebolirne o viceversa rafforzarne la virulenza”.
Numerosi ricercatori sono concordi sul fatto che in autunno ci attende una seconda ondata ben più pesante rispetto a quella attuale. Qual è il suo pensiero a riguardo? C’è veramente da preoccuparsi?
“Potrebbe essere, ma potrebbe anche non essere. Ricordiamoci infatti che quest’epidemia ci ha sorpreso più e più volte. Ad ogni modo, diversi esperti concordano su una recrudescenza a causa dell’interferenza con altre infezioni stagionali”.
Perché alcuni soggetti sviluppano una sintomatologia grave e altri invece risultano essere asintomatici?
“È la classica domanda da un milione di dollari. Ad oggi non conosciamo ancora i motivi di una sensibilità maggiore di alcuni soggetti rispetto ad altri. È chiaro che le persone anziane hanno una risposta immunitaria più debole, ma questo è fisiologico nel senso che è causato da atrofie, come ad esempio del timo, un organo nel quale si formano gli elementi chiave per le risposte immunitarie. Tuttavia, non sappiamo ancora se la loro maggiore vulnerabilità sia in qualche modo legata a questo fattore o se dipenda da altri”.
Tutti coloro che guariscono dall’infezione sviluppano gli anticorpi?
“Innanzitutto va precisato che gli anticorpi sono soltanto una componente della difesa immunitaria, però sono cruciali nel processo di neutralizzazione del virus. Onestamente non lo so se tutti i guariti li secernono, ma seguendo il principio della risposta immunitaria le persone che si ammalano, e che sono immunocompetenti, molto probabilmente sviluppano sia gli anticorpi che le cellule immunitarie, che poi ci difendono dalle infezioni future. Come detto, questi per un certo periodo dopo l’infezione circolano nel nostro organismo, ma dopo un po’ spariscono. In compenso però, si crea la memoria immunologica. Nel contatto successivo con il virus, ovvero con l’antigene, le cellule che hanno memorizzato il primo contatto si espandono molto rapidamente e quindi abbiamo una risposta immediata”.
Gli anticorpi rappresentano una difesa davvero efficace?
“La questione è ancora oggetto di studio. Da alcune ricerche condotte su virus simili al SARS-CoV-2 è emerso che gli anticorpi non garantiscono un’immunità a lungo termine. Ad oggi non sappiamo ancora quanto sia efficace la memoria immunologica nel caso di questo virus. Tuttavia, è indubbio che in seguito all’infezione vengano prodotti anticorpi, come peraltro dimostrato da studi in cui ai contagiati è stato somministrato il plasma delle persone guarite. D’altro canto, nel caso di un’infezione lieve o asintomatica, può darsi che la risposta immunitaria non sia efficace quanto quella indotta da un’infezione più aggressiva. Qualora ciò venisse confermato, allora i soggetti asintomatici non svilupperebbero una risposta immunitaria davvero efficace”.
Quanto dura l’immunità?
“Non lo sappiamo”.
Qual è il ruolo dei test sierologici?
“Quello di rilevare la presenza di anticorpi nell’organismo”.
Quanto sono affidabili?
“Vanno ulteriormente migliorati e resi ancora più specifici. Questi test avranno un ruolo cruciale nella comprensione della malattia e degli effetti del futuro vaccino”.
Quando sarà pronto il vaccino?
“Al momento ce ne sono più di 200 in sperimentazione, alcuni dei quali si trovano in fase avanzata. In particolare, si sta lavorando su tre tipologie: vaccino a RNA, vaccino a DNA e vaccino proteico. E poi c’è un quarto, il vaccino ricombinante, basato sull’utilizzo di un microrganismo che funge da vettore inducendo una migliore risposta immunitaria per il fatto di esprimere l’antigene in forma maggiore e per più tempo. La ricerca sta insomma facendo passi da gigante e con ogni probabilità l’anno prossimo avremo il vaccino”.
La principale paura legata al vaccino riguarda la possibile induzione di immunopatologie.
“Ovviamente ci sono dei rischi e può capitare che gli anticorpi abbiano un effetto contrario favorendo l’infezione. Tocca quindi a chi sta sviluppando il vaccino ridurre al minimo le possibilità di rischio”.
Il vaccino avrà un effetto duraturo o teme che il virus possa mutare come l’influenza? Voglio dire, basterà vaccinarsi una sola volta o bisognerà farlo ogni anno?
“Il virus muta in continuazione, però non rientra nella categoria di quelli stagionali perciò è altamente improbabile che l’anno prossimo ci ritroveremo con un virus diverso. In teoria, le mutazioni possono portare alla formazione di nuovi virus resistenti alla risposta immunitaria indotta dal vaccino. Sembrerebbe inoltre che le mutazioni interessino in maniera minore le parti del genoma sulle quali si concentrano i vaccini. Sicuramente il vaccino indurrà una risposta immunitaria forte e specifica, anche se attualmente non sappiamo ancora se e per quanto tempo ci difenderà. Non ci sono dubbi sul fatto che la risposta immunitaria durerà nel tempo, ma bisognerà capire se sarà sufficientemente protettiva”.
So che anche lei e il suo team siete impegnati nella lotta al Covid: su che cosa state lavorando?
“Un gruppo è impegnato nei test su dei vaccini sperimentali, un altro sull’espressione genica delle proteine del nuovo coronavirus, un altro ancora sulla risposta immunitaria delle persone guarite e un quarto sul design di una nuova generazione di test sierologici. Insomma, anche noi nel nostro piccolo stiamo cercando di dare un contributo in questo enorme mosaico della ricerca sul Covid”.
In una recente intervista Ivan Đikić aveva annunciato il progetto di un Centro Covid a Fiume. Di che cosa si tratta?
“Il prof. Đikić, in qualità di membro del Consiglio scientifico internazionale dell’Università di Fiume, è ben disposto nel dare una mano concreta al nostro Ateneo. Al momento non c’è ancora nulla di definito, ma più che altro stiamo portando avanti un discorso relativo a delle ricerche che condurremo congiuntamente e non su una struttura vera e propria”.

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