Le mille sfumature dei caffè fiumani

La città nascosta

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Le mille sfumature dei caffè fiumani
Una foto storica del “Cafè Grande”, che si trovava nel palazzo dell’allora Cassa di Risparmio. Foto: FIUMETRIESTE.BLOGSPOT.COM

Come accennato in precedenti testi del ciclo “La città nascosta”, nel 1787, il capoluogo quarnerino vantava addirittura 7 caffetterie, nelle quali i clienti consumavano perlopiù caffè della pregiata qualità Arabica. Arrivava da Trieste che, come riporta lo scrittore triestino Giani Stuparich, “passerà alla storia grazie alle sue navi, ai moli e ai sacchi di caffè”. Non tutti, però, erano luoghi mondani e alla moda. Anzi, ve n’erano alcuni decisamente poco raccomandabili e pericolosi.

Luoghi loschi
Nelle adiacenze dell’Arco romano, sito in Cittavecchia, si trovava, infatti, l’”Ultimo soldo”, un caffè, riportano le cronache, aperto tutta la notte, disgustosamente lercio, in cui i cucchiaini erano letteralmente incatenati al piattino o alla tazzina, il che stava chiaramente a indicare la tipologia degli ospiti che lo frequentavano. Inoltre, dagli scritti di un diario di viaggio del 1843 di Antun Nemčić Gostovinski, veniamo anche a conoscenza dell’atmosfera, non gradevolissima, che si respirava in un altro bar fiumano dell’epoca, il “Caffè della Nazione”: “Aperta la porta d’entrata, siamo stati assaliti da una nuvola di fumo talmente grande e densa da non poter riconoscere nessuno. È uno di quei caffè che chiudono alle quattro del mattino, per riaprire un’ora dopo, dove d’estate si soffre la calura e d’inverno si muore di freddo. La maggior parte della clientela, costituita da facchini, usurai, farabutti, malviventi veste dei guanti bianchi, conosce molto bene l’arte del mescolare e distribuire le carte da gioco e si esprime, gridando, in italiano. Siamo proprio capitati male e ce la siamo subito data a gambe. All’uscita siamo stati anche infastiditi da un venditore ambulante che puzzava di sudore, il quale vendeva saponi, cinture, forbici e altri oggetti strani”.
Nello scritto “Cafè e caffetterie” Saša Dmitrović riporta che, in quel periodo, il cameriere veniva chiamato con il termine “Bottega!”, molto probabilmente quale collegamento con le originarie “Botteghe del caffè”, ovvero negozi nei quali si vendeva il prodotto. Le casalinghe fiumane, per risparmiarsi la fatica di tostarlo, lo acquistavano negli stessi.

Piazza Dante
Piazza Dante (oggi Piazza della 128.esima Brigata), centralissima e frequentatissima in tutte le ore della giornata, pullulava di gente e di lingue, tanto da affascinare scrittori e artisti quali M.E. Lončar e Guido Depoli. Nella sua guida turistica “Escursioni nel Quarnero e nella Dalmazia” del 1911, si legge, infatti, che “In piazza Dante, sia a sinistra che a destra, vi sono caffè e ristoranti molto belli, spaziosi e piuttosto costosi, dove i viaggiatori cenano e riposano, in attesa della partenza e del ritorno delle navi”, mentre due anni dopo Guido Depoli scriveva che “…come punto di partenza per visitare Fiume tutti sceglieranno sicuramente Piazza Dante, vero centro della città, in gran parte circondata da palazzi, come pure dai più eleganti caffè e caffetterie” (ripreso dalla “Guida di Fiume e dei suoi monti”).
La suddetta piazza era anticamente chiamata Adamich e, in quanto tale, era già stata ricordata anche dal geografo zagabrese Dragutin Hire, il quale nella rivista “Prosvjeta” (1905) osservava che “Piazza Adamich è il cuore della città di Fiume. In verità, trattasi di una strada lastricata lunga e larga dalla quale si raggiunge la vita cittadina. Oltre all’hotel “Lloyd”, vi è situato anche il “Restaurant hotel Europe”, un enorme edificio a tre piani, con una bella caffetteria, circondato da tre strade e dalla piazza menzionata. Di fronte vi è la caffetteria “Schenk” e, accanto il “Caffè Europa” e il “Caffè marittimo”. Dato che non ci sono cortili o giardini, i tavoli sono allineati sui marciapiedi in più file, ragione per cui ogni passeggero può vedere dal finestrino quello che ognuno sta bevendo e spendendo”.

A ognuno il proprio
A quei tempi, racconta ancora Dmitrović, quasi ogni caffè aveva la sua clientela ben definita: nel “Fiumara”, in piazza Scarpa (oggi piazza Jelačić), il cui titolare all’epoca era un certo Domenico Bazzel, all’ombra di un platano, sedute ai tavolini all’aperto, le giovani mamme si prendevano una pausa dopo la passeggiata sul lungomare con i loro bambini, i quali, a loro volta, si rinfrescavano con un gelato. Nel “Caffè patriottico” (ubicato nella piazza antistante il Teatro), si riunivano gli artigiani e i commercianti, mentre il raffinato “Caffe Bukuonig” era frequentato dall’alta borghesia.
Nello scritto “Frano Supilo – uomo, giornalista, politico e la sua influenza sulla gioventù fiumana”, Nikola Kabalin riporta che “Frano Supilo molto spesso attaccava il leader degli autonomisti fiumani, Riccardo Zanella, riportando sul suo conto notizie che, non di rado, non corrispondevano alla verità. Nonostante ciò i due si prendevano quotidianamente il caffè, sempre al solito tavolo del “Cafè Grande”, davanti a Palazzo Modello, dove ridevano e scherzavano come fossero amici per la pelle”. Anche questo faceva parte della Fiume di quei tempi.

Oggi al pianterreno di Palazzo Modello opera la Biblioteca civica.
Foto: RONI BRMALJ

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