LA CITTÀ NASCOSTA I bunker di Volosca, una sorpresa dietro l’altra

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LA CITTÀ NASCOSTA I bunker di Volosca, una sorpresa dietro l’altra
Il maestoso arco. Foto: Željko Jerneić

Le suggestive località di Volosca, Abbazia, Icici e Ica vengono generalmente associate al lungomare, alle passeggiate tranquille, a paesaggi docili e mondani, a momenti di relax, a ristoranti e turisti, a colori e profumi che accarezzano la vista e l’anima. Difficilmente possono far venire in mente conflitti, asti, soldati e armi in attesa o postazioni di guerra. Eppure, come lungo tutta la costa, di cui in parte abbiamo già raccontato, anche in quei luoghi si possono scoprire una miriade di casematte di cemento armato, risalenti alla Seconda guerra mondiale, alcune delle quali sono state integrate in strutture o palazzi successivi, in altri sono rimaste a ricordo e monito perenne. Per la conformazione del nostro territorio, la difesa delle coste era una necessità imprescindibile, ma difficilmente realizzabile. Difenderle significava proteggere i porti e le città, ma anche e soprattutto i tratti di costa fuori dai centri urbani, strategicamente impossibili da difendere interamente. Durante il succitato periodo le stesse furono così protette con artiglierie in postazione fissa, bunker dotati di mitragliatrici e/o cannoni, di mura antisbarco e di ostacoli anticarro lungo le spiagge e sulle alture, a firma sia delle forze italiane che di quelle tedesche. Come ormai per ogni visita, ci siamo armati di tempo, pazienza e della nostra guida, il collega Igor Kramarsich, e siamo partiti alla ricerca delle stesse.

Il bunker sotto la villa di Črnikovica. Foto Željko Jerneić

Casematte allo sbaraglio
La nostra prima tappa è stata la boscaglia di Volosca, sopra la curva verso Abbazia. Posteggiata la macchina, abbiamo affrontato una breve scalinata, la quale ci ha subito tuffati in uno scenario naturale, costituito da una vegetazione ostica, secca, quasi nemica, in cui le uniche tracce umane sanno di strano e inverosimile: enormi gomme di camion, scheletri arrugginiti di sedili di autobus, magliette, qualche lattina.

Il bunker sotto il Centro per la dialisi. Foto Željko Jerneić

Dopo circa dieci minuti di cammino, Igor ci ha indicato due residuati bellici, molto probabilmente di costruzione italiana (considerata la modalità di costruzione e la cementazione), ovvero due bunker di dimensioni non grandissime. Il primo è quasi la replica, eccetto per la forma della base, di quelli osservati nel parco del Santuario di Tersatto e l’altro, interrato e ormai camuffato dai rami e dalle foglie, si presenta con la scritta in nero bene in vista “Entrata severamente proibita”.

Foto Željko Jeneić

La stessa, invasa da rami e spazzatura, non è accessibile. Ciò che ci ha per l’ennesima volta fatto riflettere è che le casamatte, come tante altre, siano oggi inserite, o meglio dire abbandonate nel territorio, prive di qualsiasi contestualizzazione o spiegazione. Non una segnalazione che ne indichi la presenza, non un cartello sulla loro costruzione, funzione e storia. Questi cimeli, se li vogliamo chiamare così, oltre a stuzzicare l’interesse principalmente di storici locali o di appassionati, non interessano affatto le istituzioni?

Il bunker sotto il Centro per la dialisi. Foto Željko Jerneić

In riva al mare
Il secondo giro ci ha fatto scendere fino alla riva, dove ad attenderci è stato, oltre al paesaggio che fa sempre battere fortemente il cuore, un paletto cementato, trasportato chissà da dove, al quale una volta venivano legati i cavalli o altro bestiame. A pochi metri dallo stesso un maestoso arco dal bordo in mattoni rossi ci ha introdotti in quello che doveva essere stato un bunker importante, sito in prima linea sul mare, del tutto amalgamato con l’ammasso roccioso circostante. “Un ottimo lavoro di mimetizzazione italiana”, ha commentato Igor e non potevamo che essere d’accordo: se non fosse per la definizione realizzata in mattoni (probabilmente edificata successivamente), l’entrata nello stesso, molto diverso da tutti quelli visti sinora, sembrerebbe quella di una grotta. Incuriositi e guardinghi ci siamo avvicinati, guadagnando pochissimi metri del tunnel. Ma è bastato così. Il tempo di fare alcuni scatti, di sorprenderci nuovamente, di pensare a chi ci ha trascorso del tempo per dovere, di assaporare la bella giornata e il panorama e via. Le altre casamatte ci stavano attendendo.

Foto Željko Jerneić

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