Sandro Brusich: «L’estero non mi attira. Io sto benissimo qui»

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Sandro Brusich: «L’estero non mi attira. Io sto benissimo qui»

Il cardiochirurgo, docente Sandro Brusich, che ha guidato il team interventistico, è un nostro connazionale che ha frequentato le scuole italiane – l’elementare Gelsi e la Scuola Media Superiore Italiana di Fiume, indirizzo matematico-scientifico – per poi laurearsi alla Facoltà di medicina del capoluogo quarnerino. La sua passione per il campo medico è nata ancora sui banchi di scuola, ma la sua prima scelta era stata la pediatria. “Ho lavorato per due anni all’Ospedale pediatrico di Costabella, ma poi ha prevalso la cardiochirurgia – ci ha detto a margine della presentazione di ieri –. Ben presto mi sono appassionato di aritmologia ed elettrostatica e non c’è stato più verso di farmi tornare indietro. Quella era la strada da intraprendere. Ho deciso di compiere un passo avanti e di fare aggiornamento professionale a Zagabria, e in seguito anche in Ungheria e Repubblica Ceca, per poi tornare a Fiume e porre le basi per questo nostro piccolo, ma grande laboratorio, che gestisco da circa quattro anni contando sull’aiuto di tre giovani medici educandi. Siamo riusciti a metterlo in piedi grazie al sostegno finanziario del Ministero competente e a una serie di donazioni, che hanno reso possibile l’acquisto dei necessari impianti e apparecchiature. Devo dire che ci sono voluti dieci anni per dare vita a questo reparto, ma oggi garantiamo servizio mediamente a mezzo milione di pazienti, provenienti da tutto il Paese”.
Sandro Brusich lavora al CCO di Sušak dal 2002, dove nel 2009 ha assunto il titolo di docente. Prima di ”approdarvi”, ha fatto esperienza in un laboratorio medico a Pago e poi per due anni, come già detto, all’Ospedale pediatrico di Costabella. Un’immancabile domanda che gli abbiamo posto ha riguardato l’attuale preoccupante fuga di cervelli dalla Croazia. Ci ha mai pensato lui, di andarsene all’estero? “Per un breve periodo sì, ma poi ho accantonato l’idea. I medici, in realtà, non se ne vanno per motivi economici bensì per il clima ostile o per rapporti interpersonali incrinati in seno agli istituti ospedalieri. Fortunatamente non è il nostro caso e io non ho di che cosa lamentarmi. Il team con il quale lavoro è fatto per lo più di colleghi giovani, che vanno d’accordissimo, per cui l’atmosfera è molto distesa”.
Qual è infine la sua opinione riguardo all’esodo dei medici verso il privato? “Personalmente non mi attira, perché non avrei modo di eseguire interventi di questo tipo. È più eccitante così e le sfide sono costanti. Non c’è rischio di sprofondare nella routine”, ha assicurato.

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