
Il termine “vrutki” significa “sorgenti calde/termali, pozzi, fonti” (forma plurale del proto-slavo *vьrǫtъkъ > vrútok) e, oltre a dare il nome all’omonima città slovacca (Vrútky), sta a indicare una via e una piccola oasi naturale e inaspettata, tradotta in una sorgente e in un breve ma incantevole pecorso di natura incontaminata a pochi passi dalla Nuova strada per Abbazia. Arrivarci è semplice: raggiunto lo svincolo dopo l’indicazine riportante la scritta del ristorante “Bevanda”, basta svoltare a destra (per spingersi fino al centro della Perla del Quarnero lo svolto è a sinistra), intraprendere il summenzionato tragitto e guadagnarlo fino all’insegna Via per Plahuti (Put za Plahuti), girare a sinistra e procedere fino al cartello relativo alla sorgente. Da lì il complesso mondo urbano, terreno fertilissimo per le ansie e lo stress, lascia spazio a uno scenario naturale di pace, bellezza, libertà, silenzio dove indugiare, respirare, riposare, riequilibrarsi e, se si è generosi con sé stessi, rigenerarsi.

Lo spirito nobile ed elegante di Littrow
Alla sorgente Vrutki si arriva attraversando un ponticello, ribattezzato dagli austriaci “Littrow” in omaggio all’ufficiale di marina, docente presso l’Accademia navale del capoluogo quarnerino, scienziato, scrittore e poeta austriaco Heinrich von Littrow (o Enrico de Littrow), autore della prima guida di Fiume – “Fiume e dintorni” (1884) –, figlio di Joseph Johann von Littrow, il più famoso astronomo del suo tempo, in onore del quale fu anche eretto un monumento, un busto in marmo, posizionato sul lungomare abbaziano, di cui non vi è più alcuna traccia. Innamorato del paesaggio e della natura di questi luoghi il capitano di marina, che dal 1867 visse a Fiume ricoprendo la carica di Comandante della Capitaneria di Porto e della Sanità marittima quarnerina, nel poemetto “Fiume” (1877) scrive che «Camelie, mirti e alloro fioriscono all’aperto/anche quando le cime dei monti sono coperte di neve/e conferiscono allo spettacolo un vero fascino/perché un’eterna primavera si estende fino al mare/perché i giorni di sole mai abbandonano questi luoghi/perché autunno e primavera qui si tengono sempre per mano», descrivendo la regione quale «una terra ricca di sorgenti che offrono acqua fresca».

A detta di Giovanni Stelli (in “Fiume e dintorni nel 1884”) nel 1880, ritiratosi in quiescenza, Littrow “poté finalmente andare a vivere nei pressi della prediletta Abbazia, in una villa che era stata di proprietà dell’industriale Whitehead ed era conosciuta col nome di ‘villa Rusticana'”, nonché “come a Fiume, così ad Abbazia, grazie ai suoi modi da gentiluomo, il suo raffinato umorismo e alla sua profonda e vasta cultura, fu l’anima della vita sociale locale”. Ereditando dal genitore la passione per la pittura, si legge ancora, Leontine, una delle sue tre figlie, affermatasi anche all’estero, raffigurò nei suoi quadri i paesaggi relativi alla costa quarnerina e alle isole, che espose con successo in Austria, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Inghilterra, Polonia, Slovenia e Croazia. Come accennato, in omaggio al padre, a seguire anche la sorgente di nostro interesse si avvalerà del suo cognome, che rimarrà tale fino a quando gli italiani non la cambieranno in Mazzini, in omaggio al patriota e politico genovese, figura principe del Risorgimento italiano, per ritornare, infine, al nome originario – Vrutki.

La sorgente
Raggiunto, come dicevamo, il ponticello, prima di attraversarlo è possibile soffermarsi a leggere il cartello informativo realizzato dalla Città di Abbazia (in lingua italiana, croata, inglese e tedesca), posizionato sul lato destro e riportante svariati dati interessanti relativi al luogo. Di fronte è sita la prima panchina in cemento tenace, ben integrata, come le altre due – collocate sullo spiazzo che segue il viadotto, nel quadro d’insieme, un vero e proprio pacthwork di rocce morbide e severe scalpellate dall’acqua, alberi alti e fitti, grotte, avvallamenti … Lì, vi si possono osservare i segni e le venature dei corsi, delle cascatelle, del piccolo ruscello e della sorgente, al momento della nostra visita, ad eccezione di qualche pozza, aridi e visiblmente assetati, come pure del tempo e della natura che cambiano, del divenire eracliteo e, se è vero che l’acqua abbia memoria, non possiamo non immaginare quante storie avrebbero da raccontare i sassi rimasti brulli. Sofferenti con loro delle altissime temperature, consultando la pagina dell’Ente pubblico “Priroda”, abbiamo appurato che, nei periodi di morbida, le acque della sorgente fuoriescono naturalmente, spremendosi in svariati punti attraverso le fessure sotterranee delle rocce carbonatiche, in cui le pressioni tettoniche hanno determinato la comparsa della faglia. Il tentacolo più abbondante del corso sotterraneo, si legge, va a colmare il piccolo bacino scavato nella roccia e, quando quest’ultimo è pieno, trabocca nel solco scolpito al centro del suo bordo e scorre, scrociante e assolato, verso lo zampillante ruscello nel quale, fino a qualche tempo fa, trovavano rinfresco e dimora svariati anfibi.

Al canto delle lavandaie
Dal cartellone informativo siamo anche venuti a sapere che, tempi addietro, le donne abbaziane di umili origini vi si recavano per fare il bucato e, a dispetto dell’antico adagio ricco di sottintesi – “i panni sporchi vanno lavati in casa” – come tutte le lavandaie, per spettegolare. Anche in questo caso, diamo sfogo alla fantasia e le immaginiamo inginnocchiate sulle rive del ruscello, ognuna alla propria pietra, con le gonne annodate tra le gambe e i fazzoletti a doppia punta legati sul capo, nel mentre sfregano e battono energicamente e ritmicamente i panni sconvolti da ostinata sporcizia e povertà, accompagnate dal gorgoglio delle acque, contornate dai profumi, dai colori e dalle melodie di quel paesaggio semplice e commuovente. Nonostante la fatica, nell’aria si espande l’antico e inconfondibile odore del sapone solido, di pulito, di sole e, perché no, delle loro risate e dei loro canti …

Il sentiero
La pace e la bellezza del luogo si ripropongono anche dall’altro lato della strada, lungo il romantico sentiero boschivo in ghiaia (lungo 294 metri), che invita e conduce a una suggestiva passeggiata e alla scoperta della ricca fauna, in primis degli alberi di alloro, delle cui caratteristiche riporta un altro tabellone, sul quale leggiamo che “per i vecchi abbaziani e abitanti dell’entroterra della perla del Quarnero, questa pianta rappresentava ciò che un bisonte era per gli indiani delle praterie”.

La passeggiata della regina
Nelle adiacenze della sorgente Vrutki si trova l’inizio di un altro percorso fiabesco, il “Carmen Sylva”, che si articola dalla stessa fino alla località di Pobri, il quale riprende lo pseudonimo da scrittrice della regina rumena Elisabetta di Wied, consorte di Carlo I di Hohenzollern-Sigmaringen, primo re della Romania. Ma questa, che promettiamo di raccontare presto, è un’altra bellissima storia.


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