I senzatetto non sono cittadini fantasma

Il rifugio «Le rose di San Francesco» di Cosala celebra il 15º anniversario di fondazione. Finora ha offerto sostegno a circa 600 persone

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I senzatetto non sono cittadini fantasma

Il rifugio per i senzatetto “Le rose di San Francesco”, che opera nell’ambito della Chiesa di San Romualdo e Ognissanti a Cosala, è stato inaugurato il 27 marzo del 2007 su iniziativa della Fratellanza dell’ordine secolare francescano di Tersatto, che ha mobilitato non soltanto l’Arcidiocesi di Fiume, ma anche la Città di Fiume, la Regione litoraneo-montana e il Ministero per le Politiche sociali. Seguendo il proprio credo e dedicandosi all’apostolato della misericordia e carità, è stato deciso d’intraprendere un cammino difficile, tutto in salita, ma appagante dal punto di vista dell’individuo, che offre sé stesso per il bene dei più deboli. La struttura, la prima su un vasto territorio, è stata aperta negli spazi dismessi della chiesa e se all’inizio occupava una piccola parte del complesso, con gli anni, grazie all’aiuto degli assistiti, dei volontari e dei benefattori, si è allargata offrendo i proprio servizi e supporto psicologico e sociale a circa 600 persone bisognose d’aiuto.

 

Parte integrante della società

Oggi il rifugio comprende vari dormitori, una cucina, un cucinino, servizi igienici, un soggiorno e il laboratorio artistico con annesso ufficio, come pure una minuscola cappella a disposizione degli assistiti qualunque sia il loro orientamento religioso, offrendo un posto in cui risalire la china a 14 persone, di cui 12 uomini e 2 donne.

I laboratori artistici sono molto graditi dagli assistiti

Ogni persona ha diritto alla sua dignità, a essere parte integrante della società, ad avere un’occupazione con cui mantenere sé stessa e la propria famiglia, a non essere soltanto un numero nel meccanismo sociale. Questi, in poche parole, i valori che stimolano i pochi dipendenti e i volontari nella loro attività in seno al rifugio.

“A tutti noi può succedere, in un momento della nostra vita, di restare senza niente. Essere dei senzatetto non è, infatti, una prerogativa di pochi, di persone asociali, di alcolizzati o drogati, ma potenzialmente di ciascuno di noi. A ognuno può capitare di cadere nell’abisso dell’indigenza, soprattutto in questi periodi di crisi – ci illustra Pjer Orlić, coordinatore del rifugio –. Per tale motivo la società dev’essere pronta a offrire un supporto psicosociale e di reinserimento nella società a tutti coloro lo richiedano. Spesso gli assistiti della nostra struttura sono persone che avevano una vita ‘normale’ e alle quali, a un certo punto, sono successe delle avversità come mutui da pagare, licenziamenti, divorzio oppure il vizio dell’azzardo e dell’alcolismo. Alla persona succede allora di rimanere senza famiglia, senza un’abitazione, senza introiti e da sola non c’è la fa a risalire la china. Ci sono, poi, singole persone con documenti scaduti e senza dimora fissa, che risultano praticamente invisibili per lo Stato, per il sistema sociale e sanitario. Ognuna di esse, tramite il Centro di previdenza sociale, può richiedere un aiuto e con un’impegnativa venire accolta nel nostro rifugio dove, a piccoli passi, e con il supporto del personale e dei volontari, riprendere a condurre una vita indipendente, autonoma”.

Uno dei dormitoi maschili

Oltre a essere un posto in cui soggiornare per un determinato periodo di tempo, i fruitori dei servizi seguono delle regole fisse. “L’alcol è severamente vietato e poi, abbiamo un ricco programma di risocializzazione, che inizia con mansioni semplici quali ad esempio il tenere pulita la struttura, per poi passare alla cura dell’igiene personale, al fare il bucato, al partecipare a terapie lavorative, ai laboratori artistici in cui imparano a creare degli oggetti d’uso comune o decorativi, alla piccola scuola di cucina, ai colloqui individuali e di gruppo, al supporto nel richiedere nuovi documenti e ad altro. La giornata, come vedete, è molto dinamica, ma piena di soddisfazioni. Quanto la persona è pronta, siamo qui a sostenerla nel trovare un’occupazione, un alloggio e a superare le piccole difficoltà di recupero”.

Il soggiorno con cucinino

Oltre al rifugio, i membri dell’Ordine secolare francescano hanno a disposizione un appartamento nel quale convivono tre persone. “Si tratta dell’ultimo passo prima del raggiungimento della completa autonomia – spiega ancora il coordinatore –. Del nucleo familiare fanno parte tre uomini che hanno trovato un’occupazione, ma non ancora un posto in cui vivere. Vi rimangono, pertanto, per qualche mese. Nel rifugio centrale, invece, ci si può trattenete per un anno al massimo, ma le donne, essendo più capaci nell’organizzarsi una nuova vita e trovare un modesto lavoro, riescono ad andarsene prima. Restano al massimo sei mesi”.

La cucina è completamente attrezzata per la preparazione dei pasti

Volontari, una mano amica

I volontari sono il perno portante della struttura. Sono presenti ogni giorno a supportare gli assistiti, a cucinare con loro e dialogare e ad ascoltare. “Molti dei nostri assistiti hanno soltanto bisogno di parlare e sentirsi dire una bella parola. Non sono persone fantasma, anche se spesso le persone voltano la testa da un’altra parte alla vista di un barbone, di cui però solo una piccola parte ha scelto di non farsi aiutare. La maggioranza dei senzatetto desidera invece essere accettata dalla società, avere un lavoro, delle amicizie, una famiglia. Per questo i nostri volontari sono importanti, sanno ascoltare, sanno porgere la mano a chi ne ha bisogno. Purtroppo, allo scoppio della pandemia, la nostra struttura aveva rinunciato per più di un anno all’attività di volontariato, per ripristinarla sei mesi fa. Con noi è tornata anche Mirjana Pucić, che ha fatto del volontariato la sua missione e che è stata pure premiata come Volontaria dell’anno per il 2020”.

A operare attivamente in seno alla struttura sono anche Dijana Superina, che si occupa dei laboratori artistici, e la segretaria Dolores Turkalj Jurčević, che cura la parte burocratica.

Dijana Superina e Dolores Turkalj Jurčević

“Se prima questo lato del lavoro era più semplice e su base volontaria, ora c’è il bisogno di assumere professionisti che sanno come trattare i vari documenti”.

Il rifugio per senzatetto di Cosala ha in piano tanti progetti. Pjer Orlić è ottimista è auspica nel trasferimento in una nuova struttura, più moderna e funzionale. “Per ora, dato lo spazio ristretto, gli assistiti dormono in due stanzoni, in letti a castello. Non tutti, però, possono occupare i giacigli superiori perché anziani o con qualche acciacco. Il nostro desiderio è di vedere costruito un giorno un edificio al passo con i tempi, con stanze spaziose, servizi igienici adeguati e una zona sanitaria per i senzatetto con necessità particolari. Per ora, il primo passo è stato fatto. Durante la Giornata mondiale dei poveri, Papa Francesco ha benedetto la prima pietra, ricevuta dalle suore della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, presso Assisi, che verrà posata sul sito del nuovo rifugio per i senzatetto di Fiume.
Dopo avere abbandonato la struttura, gli assistiti nel 90 p.c. dei casi riescono a rifarsi una vita semplice, ma dignitosa, rimanendo legati alla struttura in veste di volontari. “Sono loro il nostro vanto e la nostra soddisfazione e per tutti noi è gratificante una stretta di mano e un semplice ‘grazie’ da parte loro”, conclude Pjer Orlić.

La struttura dispone pure di una cappella in cui raccogliersi in preghiera

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