
Esattamente 50 anni fa i Grandi magazzini “Rijeka” (chiamati poi da tutti semplicemente “Grandi magazzini RI”) in Corso furono inaugurati con tutta la solennità di un evento epocale. Il maestoso palazzo appariva agli occhi di tutti come una sorta di navicella spaziale piovuta dal futuro: un colosso commerciale che dominava il centro cittadino con i suoi 24.000 metri quadrati di superficie, un’eleganza quasi surreale che attirava cittadini e visitatori dalla mattina alla sera. Era il 14 novembre 1974, e oltre trentamila persone si erano radunate lungo il Corso per assistere a quello che sarebbe rimasto poi impresso come un evento storico. Non era soltanto un edificio, ma l’incarnazione di un sogno collettivo di una città in pieno fermento, il simbolo di un boom economico che sembrava destinato a non esaurirsi. La struttura, con ben 18.000 metri quadrati di spazio utile destinato alla vendita, era stata eretta su un lotto statale: un investimento architettonico e sociale di grande impatto, che avrebbe offerto impiego a ben cinquecento persone. Per allestirla al meglio, i responsabili si recarono negli Stati Uniti, visitando centri commerciali d’avanguardia per osservare da vicino il funzionamento di uno spazio moderno e per apprendere tutti i segreti e le raffinatezze del mestiere. Era una risposta alle esigenze di una Fiume in espansione, il coronamento di un progresso economico che pareva non conoscere sosta. All’interno, si respirava l’effervescenza di una nuova quotidianità, animata dalle numerose caffetterie e punti ristoro sempre gremiti, dalle prime ore del mattino fino a tarda sera. I “Grandi magazzini RI” divennero presto una tappa imprescindibile per i cittadini di Fiume: un luogo di ritrovo quotidiano, dove si viveva la città nel pieno della sua modernità e vitalità. La loro apertura rappresentò una vera rivoluzione per gli abitanti del capoluogo quarnerino: fino ad allora, la città era punteggiata, infatti, soltanto da piccoli negozi che faticavano a soddisfare la crescente domanda di beni di consumo. Improvvisamente, in un unico spazio, era possibile trovare tutto ciò che si desiderava.
A dare il via alla trasformazione del Corso fu la “OTP-Brodokomerc” nel 1970, e i lavori si conclusero nel 1973. Ma fu la Rijekatekstil a pensare in grande, lanciandosi in un’impresa che pareva “al limite della fantascienza”: la costruzione di un nuovo emporio, appunto il “RI”. Sotto la guida visionaria del direttore Branko Vlah, la Comunità d’Affari “Opskrba” accolse la sfida, convinta che un simile investimento fosse giustificato dal punto di vista economico.
Un progetto ambizioso
Gli ostacoli tecnici non erano affatto trascurabili: il terreno su cui l’emporio sarebbe sorto, instabile e soggetto a continue bonifiche, destava numerosi dubbi sia tra i progettisti che tra i cittadini stessi. L’“Opskrba” non si arrese, scegliendo le imprese edili più affidabili. I lavori subirono dei ritardi, ma furono minimi e dovuti principalmente alla carenza di materiali edili di prima necessità, come armature in ferro e cemento. L’emporio operava con orario continuato, divenendo rapidamente un punto di riferimento per i fiumani e un’icona della modernità che irradiava la città. Concepito con linee avveniristiche e un’estetica quasi futuristica, il progetto suscitò accese polemiche: molti temevano che quell’imponente struttura potesse soffocare l’orizzonte e togliere la vista del mare al Corso. Eppure, quell’edificio rappresentava ben più di un semplice grande magazzino. Era il simbolo di una generazione che osava guardare al futuro e di una città che sfidava con audacia le convenzioni, ponendosi come baluardo di progresso e modernità.
Il palazzo, disegnato dall’architetto Ninoslav Kučan, che nello stesso anno dell’apertura dell’emporio si aggiudicò il prestigioso premio “Viktor Kovačić” dall’Ordine degli Architetti di Croazia, si presentava audace e moderno in termini di architettura. Tuttavia, non tutti hanno mai perdonato a quell’edificio di aver sottratto al Corso l’agognata vista sul mare. Quella struttura, però, non rispondeva solo a un’esigenza estetica: rappresentava il simbolo di un’epoca in cui Fiume, con la sua periferia, vantava quasi 100mila lavoratori.
Pillole di vita vera
Col passare del tempo, però, e giunti al giorno d’oggi, questa “cattedrale del consumo” sembra avere perso il fascino di una volta, rimanendo immobile a osservare i mutamenti avvenuti negli anni, come un muto testimone di un’epoca ormai remota. Quello stesso emporio, un tempo orgoglio di Fiume, si presenta oggi come un relitto invecchiato e marginalizzato, oscurato dall’ascesa di nuovi centri commerciali ai margini della città, dove la disponibilità di posti parcheggio e la comodità d’accesso sono diventati la norma. Per diversi piccoli imprenditori, alcuni dei quali ancora adesso gestiscono attività all’interno del “RI”, Fiume ha perso quel fervore che animava il suo centro e, di conseguenza, l’attenzione verso le strutture storiche che ne segnavano l’identità. Oggi, mentre l’edificio celebra mezzo secolo di vita, non rimane che la sua mera presenza, solitaria e quasi dimenticata, in Corso. Il centro di Fiume, una volta vibrante luogo di vita cittadina, appare ora soffocato dal peso delle imposte, degli affitti e delle utenze, mentre i parcheggi, sempre più scarsi e costosi, si sono fatti meno accessibili. A ciò si sono aggiunti nell’ultimo anno, i lavori in via Adamich, un cantiere senza fine, che ha spinto cittadini e turisti verso le periferie, più accoglienti e distanti dal frastuono dei macchinari, dalle impalcature e dai marciapiedi dissestati. I cittadini si chiedono sempre più spesso se il dinamismo e lo slancio di un tempo siano ormai svaniti nel nulla, lasciando il cuore della città desolato e privo di quel calore che un tempo faceva del “RI” un punto di riferimento. Oggi Fiume appare come una città esausta, con un centro che pare sventrato e una popolazione che osserva, disincantata, il declino di quello che fu un simbolo della vitalità e un punto d’incontro. Lo stesso “RI”, un tempo meta obbligata per chi passeggiava lungo il Corso, è diventato una presenza quasi spettrale, un monumento della modernità ormai superato in seguito a nuove esigenze e alla presenza di altri centri commerciali. Per comprendere meglio come i “Grandi magazzini RI” vengono vissuti oggi da coloro che li hanno visti nascere, basta pensare al fatto che prima dell’inizio della loro costruzione, iniziata nel maggio del 1971, in quel posto c’era un parco giochi. La costruzione fu avviata grazie all’esperienza della ditta italiana Titania di Milano, specializzata in scavi sotterranei, e fu poi completata dall’azienda fiumana Primorje, che portò avanti i lavori con grande dedizione nonostante i vari ritardi. Solo un anno e mezzo dopo, sorsero i “Grandi magazzini Korzo” accanto alla Torre civica e dirimpetto, appunto, il “RI”. Per molti, quest’ultimo rimane un simbolo, ma oggi sembra incarnare più il passato che il futuro: è il ricordo di un’epoca ambiziosa, abbandonato a languire tra una generazione che guarda altrove e un centro città che sembra aver perso la sua vera anima.
Ieri, in occasione del 50º anniversario dell’emporio, molti cittadini si sono radunati per rendergli omaggio. Tra questi, la signora Nevenka, ex commessa dei “Grandi magazzini Korzo”, che ci ha detto: “Lavoravo al Korzo, osservando ogni giorno il RI; c’era molta più gente allora, più vendite, e una certa serenità. Mi rattrista vederlo così oggi. Si poteva pagare qualcosa con lo stipendio, c’era più spensieratezza, più allegria”. Un negoziante di abbigliamento ha lamentato la scarsa attenzione delle autorità cittadine, affermando: “Ogni mese si pagano tasse fisse, compresa quella sui monumenti, senza ottenere nulla in cambio. Gli affitti sono altissimi, il parcheggio vicino è stato eliminato e manca l’interesse per rilanciare questi spazi”. Il commerciante, che ha tentato invano di vendere il suo negozio, ha aggiunto: “Non riesco nemmeno a ottenere 1.000 euro al metro quadrato, in pieno centro città! Ricordiamo giorni molto migliori, ma siamo ancora qui, perché questo è il nostro stile di vita, e lo amiamo, seppure oggi lavoriamo al 15% rispetto a un tempo”.
Zdravko e Dragica Nikolić si sono lamentate della mancanza di parcheggi e delle numerose imposte che bisogna pagare. Nonostante ciò, continuano la loro attività, attiva dal 2000, vendendo gioielli, decorazioni, piercing e orecchini. “Abbiamo clienti affezionati che arrivano da altre città”, ha raccontato Zdravko. “Mia moglie ha un talento per scegliere oggetti che piacciono, seguiamo le tendenze e riusciamo ancora a suscitare interesse”. Un simpatico siparietto si è avuto con l’ex dipendente di Rijeka tekstil, Gordana Pahlić, e il marito Mario, che ha scambiato qualche parola con noi, confidandoci di essere stato parte del servizio tecnico dell’intero edificio. Nel primo piano, sotto le fotografie esposte per l’anniversario dell’apertura del 1974, Mario ha raccontato: “Eravamo in otto a occuparci che tutto filasse per il meglio”. Una storia non solo d’amore, ma anche di lavoro, con entrambi i coniugi impiegati in sedi praticamente adiacenti, in un’epoca di prosperità. “Si stava meglio, lo diranno tutti. Pensate che l’emporio contava la bellezza di quasi 600 dipendenti e ben 40 donne delle pulizie. Io vi ho lavorato per 27 anni”, ci ha spiegato Gordana, ricordando con nostalgia il parco che esisteva lì prima della costruzione dell’emporio. Anche Mirjana Babić, anche lei ex dipendente di Rijekatekstil, e la sua amica Mare ci hanno regalato aneddoti interessanti di quegli anni. Sono tornate a passeggiare tra i corridoi dove avevano trascorso gran parte della loro vita lavorativa. Ma forse la chiacchierata più emozionante l’abbiamo avuta con il signor Josip Benaš, un vispo 85enne che, con gli occhi quasi lucidi, ha condiviso i suoi ricordi dei “Grandi magazzini RI”: “Era un posto fantastico, quando lo aprirono rimanemmo tutti a bocca aperta, con le scale mobili e gli infiniti corridoi pieni di negozi. Si poteva trovare di tutto. Ricordo moltissimo di quegli anni, sono ricordi che porto nel cuore. Oggi la città mi sembra meno interessante rispetto ad allora. Quando eravamo giovani era un vero divertimento. Tempi migliori, quando si viveva in modo semplice e modesto, ma felice. Ricordo anche i balli nel salone di Palazzo Modello”. Le testimonianze e i ricordi di questi cittadini raccontano non soltanto di un centro commerciale “vecchio stampo”, ma anche di un’epoca ormai lontana che ha lasciato segni profondi nel cuore di chi l’ha vissuta.

Foto: LUKA ŽIVKOVIĆ

Foto: LUKA ŽIVKOVIĆ

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