Hotel Neboder, un «faro culturale»

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Hotel Neboder, un «faro culturale»
L'albergo Neboder Foto: GORAN ŽIKOVIĆ

Il grattacielo di Sušak, che ospita l’albergo Neboder, è uno degli edifici moderni più significativi dell’area quarnerina e detiene uno status prestigioso nell’architettura croata del XX secolo. La sua articolazione architettonica e urbana riflette le idee di due originali progettisti, Josip Pičman e Alfredo Albini, pionieri delle nuove modalità di edificazione nel contesto nazionale dell’epoca. L’ideazione della struttura doveva rispondere alle esigenze dell’area di Sušak che, nel periodo tra le due guerre, nonostante l’importanza economica e marittima, era manchevole di una dimensione culturale che mettesse in evidenza il benessere della città.

Pičman, visionario, giovane e irrequieto
Nel novembre 1934 fu bandito il concorso per la progettazione concettuale dell’edificio che, in parte, avrebbe dovuto soddisfare le esigenze culturali e sociali della città (museo, sala di lettura, concertistica e teatrale, caffetteria, ristorante) e in parte quelle turistiche (albergo, piscina). Allo stesso erano pervenute 59 proposte dagli ingegneri e architetti più importanti del Paese, i quali, in quegli anni studiavano, si erano diplomati o si stavano specializzando presso le Facoltà nazionali e straniere più rinomate (Vienna, Dresda). A vincerlo fu il visionario progetto del giovane architetto fiumano Josip Pičman, uno dei più significativi rappresentanti croati della nuova generazione che progettava in chiave moderna. Infatti, in collaborazione con i colleghi Ivo Richtmann e Marko Jurinšić, separando le due suddette dimensioni a seconda delle richieste esigenze, ma unendole al centro tramite una sorta di piazza/terrazza, conferendo così alla struttura ritmo, leggerezza e dinamicità, riuscì a soddisfare tutti i rigorosi criteri del bando. A detta dello storico dell’arte, Ervin Dubrović (dal documentario “Fiume-architettura e città/Due grattacieli-Due città), nell’abbozzo di Pičman è rilevabile una disposizione di base, consistente nella rappresentazione della piazza e di alcune singole unità funzionali, quali una serie di caffè, l’alto edificio dell’albergo, svariate sale e palazzine residenziali e commerciali. Dagli schizzi architettonici si leggono chiaramente i suoi intenti, massimamente moderni e visionari, in concomitanza con la tecnologia contemporanea. Era, infatti, prevista la realizzazione di una facciata costituita essenzialmente da vetrate, trasparente e luminosa e di interni molto spaziosi, la cui ampiezza raggiungeva quadrature importanti. Nello specifico, la grande sala centrale doveva consistere in 450 metri quadrati e disporre di 811 posti a sedere (contando anche quelli del piano, della galleria e della balconata). Il ristorante-caffetteria, con tanto di cucina, rappresentava, invece, la parte centrale dell’albergo il quale, secondo il progetto iniziale, avrebbe dovuto comprendere 55 stanze e 80 posti letto.

Aspettative deluse
Al tempo della progettazione del grattacielo/albergo di Sušak, la concorrenza con Fiume era notevole. Dubrović, a tal proposito, ritiene che proprio il confine, abbattuto nel 1947, sia stato il luogo di un diretto confronto, di un riverberarsi continuo tra le due realtà. In tal senso è interessante il fatto che i due edifici – quello di Sušak e quello fiumano – avessero lo stesso numero di piani. Nonostante gli investitori e i programmi fossero diversi, entrambi materializzavano l’ambizione e il potere economico e tecnologico, due Stati, due società. Come già accennato, il progetto di Pičman aveva il compito di diventare un faro culturale, che denotasse lusso e benessere, a mo’ dell’AMA Plaza di Chicago. Lo stesso, però, richiedeva l’investimento di tanti mezzi, di cui le autorità cittadine non disponevano, ragion per cui si rimandava continuamente l’inizio dei lavori (si sono attesi due anni prima di approvarli). Le lunghe tensioni colpirono profondamente l’ipersensibile e impulsivo Pičman, il quale, come riportato dai titoli dei giornali dell’epoca, per tante e varie ragioni, si tolse la vita, buttandosi dal quinto piano della palazzina in cui abitava e lavorava, ubicata in via Zagabria 13.

Il ridimensionamento di Albini
Dopo la tragedia il progetto venne delegato all’architetto Alfred Albini, uno dei più rinomati esperti del settore. Dubrović riferisce che, causa la problematica delle acque sotterranee, fu modificato addirittura tre volte. Inoltre, sin da subito, per mancanza di mezzi, si rinunciò alla costruzione della pianificata piscina riempita con acqua marina, al tetto di vetro mobile e al garage, vennero modificati i concetti inerenti alla verticale alberghiera, ora spostata nella parte sud-occidentale e al terrazzo esterno. Oggi il grattacielo, “faro culturale” di Sušak, si presenta fedele al suo abbozzo. Subito sotto, sulla scalinata di fronte, il volto di Pičman, tradotto in graffito, osserva la Fiumara…

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