È venuto a mancare nei giorni scorsi, Fulvio Mohoratz, per anni esponente di spicco di Libero Comune di Fiume, oggi AFIM (Associazione Fiumani Italiani nel Mondo), alpino, ma soprattutto “fiuman patoco” – esule a Genova con la sua famiglia – come lo hanno definito i suoi amici e conoscenti su un gruppo Facebook. “Buonasera. È con vero, profondo dolore che annuncio che in data odierna è… andato avanti l’alpino fiumàn patòco Fulvio Mohoratz. Nato a Fiume italiana, esule a Genova da bambino, tornava tutti gli anni a Fiume. Ricordo una sua simpatica intemerata sul fatto che nelle scuole italiane di Fiume non s’insegnasse anche il dialetto fiumano che lui non mancava di parlare agli studenti di Fiume! Alpino paracadutista di un club di Bolzano, se non erro classe 1937, partecipò sempre con fervore a tutte le manifestazioni di italianità organizzate nel capoluogo quarnerino, comprese le due onoranze ai caduti di Cosala organizzate dal nostro gruppo nel 2013 e nel 2018. È un altro pezzo della nostra Fiume italiana che raggiunge il ‘Paradiso di Cantore”, si legge nel post.
La giornalista e scrittrice Rosanna Turcinovich Giuricin lo conosceva bene, avendolo anche intervistato per il nostro quotidiano. Nell’intervista, uscita il 20 luglio 2019, Fulvio Mohoratz aveva parlato tanto del suo amore verso Fiume, sua città natale, da dove, durante l’esodo, se n’era andato per insediarsi a Genova. “Se devo dir chi sono, son fiuman, come tutta la mia famiglia”, aveva affermato con orgoglio. Alla domanda della nostra reporter relativa al fatto di quale vita si era lasciata alle spalle la sua famiglia, aveva risposto: “Mio padre era statale e quindi diciamo che avevamo una vita facile fino al momento di lasciare la nostra casa/città per puntare, esuli, su Gorizia. Mio padre si spostò per primo alla volta di Venezia, mentre noi restammo altri sei mesi per finire la scuola, a Gorizia ho terminato la prima media”.
A un altro quesito sulla necessità di spendersi per l’associazionismo e a quali scelte ciò lo avesse portato, aveva spiegato che “uscito da Fiume vivevo un’avventura nella disavventura, percepita come poteva farlo un ragazzo di undici anni, visto che sono andato via il 25 febbraio 1946. Ricordo che molti cercavano di dissuadere mio padre adducendo come argomento a favore del rimanere un ipotetico arrivo degli anglo-americani. Al che egli rispondeva: ‘Ma non gavè capì proprio un tubo, nella prima guerra che ierimo alleati, in due i ne ga dado dosso e gavevimo radighi, ti te imagini adesso che ierimo contro’. (…) Ma per rispondere alla domanda, a 14 anni diedi un’importazione alla mia vita. Quando si è profughi si matura presto forse perché ci si sente terribilmente a disagio. Sappiamo come vennero accolte le navi degli esuli a Venezia… (…) Ricordo che iniziai a partecipare ai Raduni, anche a Pisa dove ebbi modo di incontrare mons. Ugo Camozzo. Sentivo un legame forte con i fiumani, xe poco de far”. Qualche anno fa Fulvio Mohoratz era entrato nelle Scuole con lingua d’insegnamento italiana di Fiume parlando con i ragazzi in dialetto fiumano. Quale l’importanza di ciò?, gli aveva chiesto Turcinovich Giuricin nell’intervista per “La Voce”. “Ho cercato di portare il dialetto nelle scuole e in Comunità (degli Italiani di Palazzo Modello a Fiume, di cui era socio, nda) dove sono stato accettato, seguito e apprezzato come esule e come fiuman, ovvero quel Mohoratz nato in Braida, in via Parini 4, quarto pian, interno 4, tutto 4, anche a scola ciapavo 4, facile de ricordar era quasi un vizio. Da parte mia ho sempre garantito la massima attenzione a ciò che dicevo e a come lo dicevo trattandosi di un pubblico de mularia”. L’ultima domanda aveva riguardato la sua Fiume e come si sentisse ogniqualvolta vi ritornava. “Uno perfettamente a suo agio che se miscia da fiuman. Quel che me frega xe de non conosser gnanche una parola de croato e gnanche una de inglese. So el tedesco che a Fiume se parlava assai, ogi non più”, aveva concluso.
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