All’affascinante scoperta dei motivi marini, faunistici e floreali magistralmente intessuti nell’architettura cittadina di cui una parte abbiamo raccontato nel primo appuntamento, lo storico dell’arte Theodor de Canziani, affiancato dalla direttrice e dalla curatrice del Museo di scienze naturali, rispettivamente Željka Modrić Surina e Nadija Dunato Pejnović, nonché dalla biologa Milvana Arko Pijevac, non poteva non condurre la comitiva lungo la storica via Dolac, abitata da aneddoti e creature fantastiche.
La cura di Zammattio
Passeggiandovi, l’eco del brillante estro artistico e architettonico di Giacomo Zammattio, attento a ogni dettaglio, risuona in ogni dove tantoché, secondo quanto raccontato dalla guida, “progettò i palazzi di tutta la via, per cui ognuno di essi vanta svariati motivi marini e quelli relativi alla flora o alla fauna locali quali le conchiglie, i fiori, i pipistrelli e non poche figure di creature magiche o misteriose, come quelle dei grotteschi mascheroni zoomorfi o antropomorfi. Per quanto riguarda la maggior parte degli stessi, l’architetto li ordinava e combinava a seconda della moda del momento, senza avere in mente particolari significati o simbolismi”.
Parlando di pipistrelli e spaziando nell’ambito più strettamente faunistico, Modrić Surina ha specificato che la Croazia è abitata da una quarantina di razze di cui la maggior parte sono europee, tutte innocue e protette. Nessuna succhia il sangue, si nutrono di piccoli invertebrati, vivono una decina di anni e oggidì sono minacciate dall’uso massiccio di pesticidi e insetticidi, ossia dalle alterazioni dell’ambiente naturale provocate dall’uomo. Per lo più muoiono al risveglio dal periodo invernale, detto ibernazione, durante il quale sopravvivono con le riserve di grasso accumulate in precedenza, in cui sono presenti i succitati inquinatori spruzzati sugli insetti ingoiati. A suo dire, nel caso si venga a contatto con questi animali non è raccomandabile toccarli a mani nude in quanto possono trasmettere la rabbia.
Casa veneziana: pregio, grazia… e iene
“Quella che, per pregio artistico e monumentale, non può passare inosservata è la Casa veneziana, ovvero l’abitazione residenziale dell’ingegnere britannico Robert Whitehead, costruita nel 1888. Essendo lo Zammattio triestino, ma di origini venete, amava molto citare la tradizione e l’architettura veneziane, per cui sulla facciata è osservabile una combinazione dello stile gotico veneziano, del tardo rinascimento e del barocco viennese, tesi a riflettere lo spirito cosmopolita della città stessa. Oltre a vantare un bellissimo portone in ferro battuto, una volta si avvaleva degli affreschi realizzati dall’atelier quarnerino di Giovanni Fumi, che oggi non ci sono più, ma i cui resti si possono intravedere sui lati destro e sinistro dello stesso. In tale contesto, sono rimaste intatte le ghirlande intrecciate di colore giallo, visibili nella parte centrale della loggia. Inoltre, le odierne spoglie superfici verdi ai tempi d’oro erano abbellite dagli stemmi di famiglia adagiati su letti di fiori e foglie, nonché sono da rilevare i bellissimi doccioni a forma di creature arcane traducibili in pipistrelli, lupi mannari o iene. Non da meno sono le scene bibliche sulle consolle sotto i balconi, caratterizzate da elementi zoomorfi di natura simbolica”.
Riallacciandosi al discorso dei doccioni, Modrić Surina ha specificato che ricordano le iene, esseri non particolarmente amati causa le loro rappresentazioni, ma incompresi. “La cosa interessante di questa specie complessa e matriarca è che vivono in clan”, ha sottolineato rimarcando che “spesso sono guidate da ‘femmine alfa’, dominanti in quanto più muscolose, aggressive e pesanti rispetto alle controparti maschili, nonché dotate di alti livelli di testosterone e di uno pseudo-pene avente un ruolo importante nella minzione, durante l’accoppiamento e il parto, come pure dello scroto, che in realtà è un clitoride. Quindi, effettivamente le iene sono un tipico esempio di femminismo animale”.
Importante centro di scienze naturali
A seguire, la comitiva ha raggiunto il palazzo di quella che in passato era la Scuola Cittadina maschile, oggi sede della SMSI e della SEI “Dolac”, sopra il cui ingresso, ha fatto notare lo storico dell’arte, è osservabile la scritta “Biblioteca civica” in funzione, con il Museo di scienze naturali e l’Archivio, fino alla Seconda guerra mondiale e successivamente trasferita presso la già nominata Biblioteca universitaria. “In relazione alla tematica che stiamo trattando, l’edificio è importante anche per il fatto che in esso vi operava il Club di scienze naturali, fondato nel 1906 dal professor Zalher e dai suoi colleghi, nell’ambito del quale hanno avuto luogo importanti ricerche e scoperte. Dalla facciata a lato è intuibile che lo Zammattio lo fece costruire in stile neorinascimentale piuttosto che eclettico e, sopra l’arcata collocata in cima, è nuovamente osservabile una piccola conchiglia, mentre sui dorsali si possono ammirare dei basilischi impreziositi da motivi floreali e viticci”, ha ancora riportato.
Le rudiste fra le mura della SMSI
L’ultima tappa inerente la storica ex via Clotilde inferiore è stata quella davanti all’entrata della SMSI, dove de Canziani ha spiegato che si tratta di un palazzo angolare molto interessante, il quale si conclude con una bellissima cupola, riferendo che “come quelli visti finora, l’edificio vanta motivi antropomorfi e zoomorfi tradotti in volti umani, teste di leoni, piante e foglie di acanto, esseri strani interpretabili quali pesci o serpenti, conchiglie. Ciò che lo rende ancora più speciale è il meraviglioso portone d’ingresso definito dagli elementi decorativi in metallo, in primis quello della maniglia a conchiglia, specificatamente voluta dallo Zammattio. In effetti, cambiandola, o modificando qualsiasi altro elemento, si eliminerebbe il suo significativo valore architettonico, per cui nel momento in cui si effettuano decisioni simili, bisognerebbe prenderne coscienza”.
Invitando il gruppo ad avvicinarsi alla parete fino a toccarla e a raccontare del rivestimento usato, è stata Nadija Dunato Pejnović, a detta della quale a quei tempi, a differenza di oggidì quando assume per lo più una funzione decorativa, la pietraforte si utilizzava quale materiale edilizio principale e veniva estratta dalle cave vicine. Ciò che è importante considerare nella costruzione dei palazzi, il che valeva anche allora, è che quelle esterne devono essere resistenti agli agenti atmosferici quali il sole, le piogge e simili, come pure le modalità di posizionamento verticale e orizzontale. In relazione al palazzo in questione, l’esperta ha rilevato che “è stata utilizzata una tipologia di pietra calcarea sulla cui matrice sono riconoscibili fioriture di frammenti organici dati per lo più da gusci dei fossili di rudiste (conchiglie) fratturati. In alcuni punti, nello specifico sul lato sinistro adiacente all’uscio, sono osservabili alcuni campioni integri o quasi integri. Vissute all’epoca dei dinosauri, tra il Giurassico e il Cretaceo superiori, nonché estintesi 65 milioni di anni fa, sono importanti fossili guida per zonazioni biostratigrafiche. Diversamente da altri molluschi bivalvi costituiti da due conchiglie simmetriche tra loro, ciò che contraddistingue le rudiste è la presenza di una valva conica molto sviluppata, utilizzata per l’ancoraggio al fondale, e di una valva ridotta di forma piatta con funzione di opercolo per l’ingresso del nutrimento. Dato che vivevano aggregate in colonie all’interno delle pietre se ne trovano sempre molte. Il campione che vi ho portato in visione è un modello, ma presso il Museo di scienze naturali sono allestite quelle originali”. In concomitanza con i suoi interessantissimi racconti, Theodor de Canziani ha ribadito che Fiume vanta un’importante tradizione relativa alle cave da pietra, nello specifico quella, sita nel rione di Braida, risalente XIX secolo e di proprietà di Andrea Lodovico Adamich, dalla quale è stata estratta la pietra grigia cosiddetta ‘marmoleado’, usata per la costruzione delle imponenti colonne della Cattedrale di San Vito e degli altari di altre chiese.
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