Don Franjo Jurčević: «Ho seminato amore e sono stato ripagato»

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Don Franjo Jurčević: «Ho seminato amore e sono stato ripagato»

Don Franjo Jurčević l’ex parroco della chiesa di Sant’Elena, ha celebrato recentemente la sua ultima messa a Castua, prima di ritirarsi in pensione. Molto conosciuto per il suo carisma, il modo di comunicare, le opinioni anche politiche che ha sempre esternato senza peli sulla lingua, il linguaggio colorito e il suo grande impegno umanitario, è stato anche insignito del premio Opera omnia della Città di Castua. Alla sua ultima messa come parroco, la chiesa di Sant’Elena era troppo piccola per contenere tutti coloro che hanno voluto salutarlo e dimostrargli affetto. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare i 40 anni trascorsi in questa pittoresca località.
Dopo quanti anni di sacerdozio si è ritirato in pensione?
“In tutto 52, di cui 40 come parroco della chiesa di Sant’Elena. Sono giunto a Castua nel 1979. Sono nato a Cetingrad, nel Kordun (Regione di Karlovac, nda), 77 anni fa e sono diventato sacerdote quasi per caso. Infatti, all’epoca, l’unico modo per avere un futuro migliore era quello di iscriversi in seminario. Non tutti diventavano sacerdoti, ma era comunque una garanzia per terminare gli studi. Ho iniziato a Pisino, continuato a Fiume per poi laurearmi alla Facoltà di Teologia di Zagabria. In seguito sono andato a Roma, dove ho studiato per cinque anni nella Pontificia Università Gregoriana”.
Lei si è occupato molto di attività umanitarie, anche durante la Guerra patriottica…
“Sì, grazie al grande sostegno delle suore Figlie dell’amore di Gesù e dei parrocchiani, i quali hanno sempre sostenuto numerose azioni umanitarie per i bambini e le persone in difficoltà durante il conflitto. Siamo riusciti a inviare 3.000 camion con rimorchio di aiuti umanitari in Bosnia ed Erzegovina e nei campi di battaglia in Lika. Una volta ho organizzato una raccolta fondi molto originale:ogni parrocchiano uomo che diceva una bestemmia doveva pagare 1 kuna e le donne 2 kune: abbiamo acquistato 60 chili di caffè, che abbiamo poi inviato a Gospić”.
Lei è molto ben voluto dai parrocchiani ed è riuscito ad richiamare in chiesa, soprattutto i giovani. Come ha fatto?
“Soltanto chi ama può avere successo. Quando le persone sentono l’affetto sincero non è un problema attirarle. Alla mia prima messa c’erano 18 fedeli, con il passare degli anni la chiesa si è riempita. Ho sempre cercato di venire incontro alle persone, tentando di risolvere i loro problemi. Non concepisco la parrocchia in maniera tradizionale. Molti parroci si attengono strettamente alle regole, per me è sempre stato più importante il lato umano. Una volta ho detto all’arcivescovo che se non ci fossi stato io mezza parrocchia non avrebbe ricevuto il battesimo”.
Quanti matrimoni, battesimi e funerali ha celebrato?
“Ho celebrato circa 3.000 matrimoni, 4.500 battesimi e 1.800 funerali”.
Nel corso del suo sacerdozio è riuscito a rimettere a nuovo diverse strutture di proprietà chiesa…
“Sempre con l’aiuto dei parrocchiani. Siamo riusciti a ristrutturare tutte le cappelle situate lungo la strada, rifare il tetto della chiesa e ristrutturare completamente l’appartamento del parroco. Quasi tutto con i soldi raccolti da donazioni di tutto il mondo. Non solo, nella mia città natale, Cetingrad, siamo riusciti con grande fatica e molto impegno, a ricostruire la chiesa che era stata distrutta durante la guerra dai četnici. Poi, grazie all’ottima collaborazione con i vari sindaci di Castua, siamo riusciti a costruire il nuovo cimitero, cedendo 27.000 metri quadrati di terreno.”
Il suo ruolo e le sue indicazioni sono state fondamentali per il ritrovamento della fossa comune e la riesumazione di nove corpi di caduti italiani che il 4 maggio 1945 furono uccisi dall’OZNA.
“Avevo ricevuto queste informazioni dal parroco precedente, il quale mi aveva detto che nel bosco di Loza era stato fucilato un gruppo di italiani, sia militari che civili. Raccolsi identiche informazioni da altri tre testimoni, i quali, ignari della versione fornita dagli altri, mi descrissero i fatti accaduti in maniera identica. All’epoca era pericoloso chiedere informazioni sull’eccidio, fui anche minacciato, ma riuscii comunque a individuare il luogo esatto della fossa comune, dove era stato gettato anche il corpo di Riccardo Gigante, senatore e podestà fiumano. Dopo alcuni anni venne a farmi visita il presidente della Società di Studi Fiumani di Roma, Amleto Ballarini. Gli raccontai tutto e nacque una collaborazione che rese possibile, con il coinvolgimento del Consolato e dell’Ambasciata italiani, la riesumazione dei corpi. Ciò è stato fattibile anche grazie all’accordo firmato dall’Italia e dalla Croazia, in base al quale è stato possibile avviare le indagini per tutte le fosse comuni conosciute.
In tutti questi anni lei ha celebrato una messa di suffragio il 4 maggio nella chiesa di Sant’Elena. Lo farà anche in futuro?
“Sì, l’idea della messa l’ho proposta io, molti anni prima della riesumazione. Perché, indipendentemente dall’orientamento politico, si trattava di vite umane che avevano diritto a una degna sepoltura. Su richiesta delle autorità italiane, per il momento la celebrazione della messa del 4 maggio è stata sospesa. Comunque, qualora lo vorranno, verrà ripristinata”.
La Chiesa, in generale, viene molto spesso accusata di pedofilia e abusi sessuali. Ultimamente è uscita la notizia di due suore rimaste incinte in Sicilia. Secondo lei sarebbe giusto permettere ai sacerdoti e alle suore di sposarsi e di creare la propria famiglia?
“Per quanto riguarda la pedofilia e gli abusi sessuali collegati alla Chiesa, credo che i media stiano esagerando e che la situazione non sia così grave come viene presentata. Comunque sia, questi atti devono venire condannati, indipendentemente da dove succedono. Non credo che l’idea del matrimonio sia buona. Un prete, nel corso del suo sacerdozio, viene trasferito diverse volte. Con una famiglia questo diventerebbe complicato”.
Chi è il parroco che la sostituirà?
“Vuole dire quello che subentrerà al mio posto, perché non credo che io possa venire sostituito. Sto scherzando, naturalmente. Si chiama Marinko Kajić, è giovane, bravo e credo che farà un buon lavoro. Ci incontriamo ogni giorno e se posso essergli d’aiuto lo farò volentieri”.
Di che cosa si occuperà ora che è in pensione?
“Gestisco un blog già da qualche anno e ho circa 5.000 pagine di testi molto interessanti. Conto di fare una cernita e di pubblicare un libro. Lo farò sicuramente”.

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