Ci ha lasciati, tristi e increduli, Rosi Gasparini

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Ci ha lasciati, tristi e increduli, Rosi Gasparini

La notizia all’Edit e nel mondo della Comunità nazionale italiana ci ha colpiti tutti, proprio come un fulmine a ciel sereno, lasciandoci frastornati. E dire che ci eravamo sentiti per telefono, anzi per videochiamata, soltanto pochi giorni fa. Nulla, ma proprio nulla dava a intendere che sarebbe potuto accadere il peggio. E invece il cuore di Rosi Gasparini, 75 anni compiuti poco più di un mese fa, fino al pensionamento dipendente della nostra Casa editrice, a lungo giornalista del nostro quotidiano, poi redattrice di “Panorama”, ha smesso di battere martedì scorso. Due giorni prima, domenica sera, un improvviso quanto inatteso ricovero d’urgenza in ospedale per dolori addominali; subito un primo intervento chirurgico riuscito, poi una ricaduta e un’altra indispensabile, ma purtroppo vana operazione. Una perdita che lascia un vuoto incolmabile in tutti coloro che la conobbero, ma anche in seno al nostro piccolo mondo minoritario. Un mondo che ha visto a lungo Rosi Gasparini combattere in prima linea in difesa dei nostri diritti e della nostra storia, in gioventù con i suoi servizi pubblicati sul quotidiano, nei quali levava la voce in tutela della Cittavecchia che andavano distruggendo e soprattutto del Cimitero di Cosala: pezzi con i quali ben presto conquistò la stima dei colleghi e dei lettori. Poi, più avanti negli anni, impegnandosi con la stessa risolutezza e con lo stesso vigore che la caratterizzavano, in seno alle nostre istituzioni, ma anche al di fuori di queste, in difesa delle nostre pubblicazioni, delle nostre scuole, degli asili, di Radio Fiume, del Dramma Italiano. In questo è sempre stata energica e determinata, di una schiettezza che a volte a qualcuno sarà forse potuta sembrare magari eccessiva, talvolta forse scomoda o antipatica: ma il principio di fondo che la contraddistingueva era vedere le cose com’erano, non deformate da interessi o simpatie: il principio era quello del dare pane al pane e vino al vino.
Nata il 27 dicembre del 1945 a Fiume, nel rione di Stranga, diplomatasi al nostro Liceo, completò in seguito gli studi presso l’Università di Filosofia di Zagabria. Nel corso della sua lunga carriera fu molto attiva anche a livello politico e sociale: consigliere dell’Assemblea comunale e ufficiale di stato civile per i riti matrimoniali in lingua italiana; membro della Commissione per le questioni delle minoranze nazionali e in seguito della Commissione per le questioni della minoranza italiana dell’Assemblea comunale e regionale; membro della Conferenza comunale dell’ASPL e della Sezione per le attività sociali delle donne di quest’ultima; membro del Consiglio comunale per le attività prescolari; presidente della Consulta delle Comunità degli Italiani del Quarnero dell’Unione Italiana. Per due mandati è stata vicepresidente del Comitato esecutivo della Comunità degli Italiani e per tre consigliere dell’Assemblea del sodalizio. Fu grande sostenitrice, fin dal 1975, del riavvicinamento degli esuli con la minoranza e nel 2013 contribuì molto all’organizzazione del primo Incontro mondiale Sempre Fiumani.
Alla Voce del popolo fu assunta nel 1964, appena uscita dal Liceo. A lungo giornalista delle Cronache fiumane, ben presto si meritò il ruolo di redattrice e ne assunse le redini, insegnando i rudimenti del mestiere a molti giovani: un mondo in cui devi avere una curiosità pronta e vivace, far emergere competenze e qualità, avere sensibilità per tutto ciò che può interessare il lettore, trovare il giusto equilibrio nello scegliere gli argomenti da trattare, ma soprattutto fare il cronista sul campo, curare i collegamenti con le fonti, recarsi sul posto, raccogliere i dati e alla fine stendere il servizio. In tutto questo Rosi Gasparini era maestra.
“Per essere un buon giornalista – dichiarò nell’ultima intervista che concesse al nostro quotidiano nel dicembre del 2019 in occasione del doppio anniversario della Voce del popolo (130.esimo – 75.esimo) – devi avere fiuto, oltre ovviamente ad amare questo lavoro e avere buone doti di scrittura. Ma è un mestiere duro, soprattutto per una donna, perché non ci sono orari. All’epoca i nostri capi erano poco flessibili nei nostri confronti, per cui abbiamo fatto una gavetta bella tosta”.
Un “vizio”, quello del giornalismo, che Rosi Gasparini non perse una volta ritiratasi in pensione, alla fine del 1999. Continuò infatti a collaborare ancora per diversi anni con il nostro quotidiano con originali servizi e reportage settimanali sulle località dell’Istria e della Dalmazia e sulle attività delle Comunità degli Italiani, tema quest’ultimo, che trattò ampiamente nei primi anni 2000 anche sul Bollettino dell’Unione Italiana. Riattivatasi in seno alla CI di Palazzo Modello assunse le redini del periodico del sodalizio “La Tore” e lo gestì e redasse per quasi un decennio, fino al marzo del 2015, rendendolo lo specchio delle molteplici attività di Palazzo Modello, di quelle degli esuli fiumani, e una vetrina del contributo di scuole, teatro, editoria e delle altre istituzioni minoritarie che curano e divulgano la lingua e la cultura italiana e preservano le tradizioni fiumane. La sua è stata una vita spesa al servizio della CNI e della Voce del popolo. Una missione che nel 2002 le valse il Premio alla carriera al Concorso d’arte e cultura “Istria Nobilissima” con la seguente motivazione: “Il premio viene conferito all’unanimità quale riconoscimento di un’attività pluridecennale dalle colonne de La Voce del popolo e di Panorama con grande partecipazione al comune impegno dei connazionali per la rinascita della cultura italiana in questo territorio”. Un Premio del quale Rosi Gaspartini andava orgogliosissima.
Noi che più giovani l’abbiamo avuta per mentore e abbiamo lavorato con lei fin dai tempi in cui gli articoli di giornale li battevamo a macchina, non dimenticheremo mai le centinaia di cartelle di testi, corretti e ricorretti col pennarello nero, tutti da ribattere; le strigliate che ci beccavamo se ci azzardavamo a venire in redazione senza una sola notizia; le telefonate a ogni ora del giorno e della notte se succedeva un’emergenza. Come mai dimenticheremo i molti momenti lieti trascorsi insieme dopo una giornata di duro lavoro; le uscite in compagnia tra colleghi di cronaca per recarci da Fiume a Pola per commemorare il compianto Paolo Lettis, che della cara Rosi fu a sua volta maestro di giornalismo; le battute di spirito che la caratterizzavano e che talvolta erano velate di sottile sarcasmo e di lieve ironia.
“L’aspetto più difficile del fare il redattore – ebbe a dire in un’occasione – è riuscire a incoraggiare i giornalisti a lavorare e per farlo a volte ti tocca anche urlare. E io alzavo la voce molto spesso”.
Maestra di giornalismo, ma anche di vita, si contraddistingueva per le sue doti umane. Spesso averla per alleata significava aver già vinto la partita. In Redazione e all’Edit noi che abbiamo avuto il privilegio di conoscerla e di lavorare con lei, la ricorderemo sempre per la sua tenacia, professionalità esemplare, simpatia, schiettezza e combattività.

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