“Non è nostra intenzione guadagnare consensi, soprattutto quando ci riferiamo a un fatto tragico”, ha spiegato Orjen Petković, consigliere regionale di “Možemo!” nell’Assemblea della Regione litoraneo-montana, come pure Morena Lekan, assieme alla quale ha incontrato ieri i rappresentanti dei media. L’episodio a cui si sono riferiti è quello avvenuto pochi giorni fa nello stabilimento dell’impresa “Orada Adriatic” a Kukuljanovo in cui una giovane donna, 26enne, dipendente dell’impresa, è rimasta uccisa dalle esalazioni tossiche all’interno della struttura in cui viene lavorato il pesce. “Non è il primo caso di morte sul lavoro e nemmeno l’ultima – ha commentato Lekan –, e i rischi sono sempre presenti, anzi, sembra che aumentino, invece di diminuire. Tra le altre cose, la situazione sul mercato del lavoro è tale che spesso viene assunto personale che non ha superato un adeguato percorso formativo. I datori di lavoro ricorrono a manodopera non qualificata e impreparata a svolgere mansioni per le quali sarebbe opportuno avere un livello più elevato di formazione. La sicurezza sul lavoro non viene sempre considerata come dovrebbe. Oggi siamo qui per porci delle domande, in particolare sul tema dei permessi e autorizzazioni che sono indispensabili per poter svolgere delle attivitò in cui esistono dei rischi per la sicurezza. Le grandi imprese sottolineano spesso che la sicurezza è al primo posto, mentre il Governo ci assicura che le istituzioni preposte ai controlli sono sempre pronte. Quando succedono fatti tragici come quello a Kukuljanovo, ci chiediamo se tutto ciò sia vero. Già da tempo in una vasta area, intorno agli stabilimenti per la lavorazione del pesce, si avverte una puzza costante di marciume. Se ne può rendere conto chiunque ed è chiaro a tutti che sta avvenendo qualcosa. Quali sono i processi che avvengono nello stabilimento e qual è il modo in cui vengono smaltiti i gas che vi si creano all’interno? Dove vanno a finire? La puzza non è una novità e chiediamo perché non si sia indagato prima sulla sua origine. Ci sono anche delle persone, 15 lavoratori, che hanno richiesto cure mediche al Pronto soccorso. Qualcuno dovrebbe assumersi delle responsabilità”.
Petković si è rivolto ai giornalisti come “addetto ai lavori”, in quanto professore di chimica e quindi una voce autorevole su questa tematica. Ha fatto riferimento ai decreti legislativi che sarebbero stati violati dall’azienda Vodovod i kanalizacija (ViK), la municipalizzata fiumana che presta servizio (forniture idriche e smaltimento delle acque reflue) anche sul territorio amministrativo della Città di Buccari in cui si trova pure lo stabilimento in cui è avvenuta la tragedia. “Dal 1º gennaio di quest’anno, la ViK non dispone dell’autorizzazione allo scarico per quest’area. Siamo consapevoli del fatto che ci sia carenza di personale in tutti gli Ispettorati statali. Quelli preposti alla sicurezza sul lavoro intervengono senza preavviso oppure soltanto nelle situazioni in cui succede qualcosa? Nella nostra Regione negli ultimi dieci anni ci sono stati altri casi di intossicazione da solfuro di idrogeno. Non succede solo da noi, ma non accettiamo la constatazione che ciò può capitare a tutti. L’industria alimentare, e in questo caso la lavorazione del pesce, richiede un grande consumo di acqua che poi deve venire rilasciata nella rete fognaria, a precise condizioni stabilite chiaramente dalla legge, con una separazione netta dalla rete fognaria “ordinaria”. Chi controlla i processi? Ci sono i decreti di agibilità per chi svolge determinate attività? Ci sono tante domande da fare, a partire da quelle relative alle esalazioni maleodoranti che si avvertono nell’aria. È una questione di sicurezza sul lavoro, ma anche per la popolazione. La Zona industriale di Kukuljanovo, nell’entroterra di Buccari, smaltisce le acque di scarico rilasciandole in una rete separata che non funziona, secondo quanto appurato dall’Ispettorato lo scorso novembre, per cui le acque reflue finiscono direttamente in mare. Il permesso per farlo la ViK non ce l’ha. Non ce l’aveva, sicuramente, fino all’11 novembre, data in cui l’Ispettorato ha appurato la mancanza del documento”.
Le indagini sono in corso, per cui non si fanno altre ipotesi sul perché sia avvenuta l’esalazione di gas, in seguito al quale è morta la 26enne e sono rimaste intossicate altre 15 persone.
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