La cultura della salute, in quanto valore sociale, è un indice significativo dello sviluppo della società. Essa include, nella miriade delle sue dimensioni, il rispetto e la considerazione di ogni individuo, indipendentemente dal suo essere. In tale contesto è stato recentemente organizzato a Fiume il convegno “Pronti alla diversità”, relativo all’ambito sanitario. Ne abbiamo parlato con il coordinatore, Robert Doričić, professore assistente presso la Facoltà di Studi sanitari dell’Università di Fiume, il cui focus di ricerca è incentrato sulla diversità in relazione all’accessibilità dei gruppi vulnerabili della società all’assistenza sanitaria, il quale ci ha spiegato di che cosa si tratta.
“Quest’anno, nell’ambito della 25ª edizione delle Giornate fiumane della bioetica, nello spirito di una discussione pluriprospettica, desideravamo ricevere almeno qualche risposta alla domanda se l’assistenza sanitaria fornita in Croazia sia accessibile a tutti a parità di condizioni, ovvero, in quale misura la moderna società croata possa essere considerata una società della diversità. Abbiamo deciso di discutere sulle (in)eguaglianze nell’offrire soccorso medico attraverso il prisma delle esperienze dei gruppi vulnerabili nella nostra società: le/i migranti, le persone appartenenti a diversi gruppi linguistici o religiosi e alle minoranze sessuali e di genere. Sono loro a essere al centro dell’omonimo progetto uniannuale ‘Pronti alla diversità’, di cui sono coordinatore, finanziato dall’Università di Fiume nell’ambito del programma ‘Progetti giovani scienziati UNIRI 2022’. Lo stesso è teso all’esame del livello delle competenze relative alla diversità degli studenti della Facoltà di Medicina e di quella di Studi sanitari in relazione agli appartenenti ai tre succitati gruppi potenzialmente vulnerabili all’interno del sistema sanitario. A seguire, sulla base dei risultati della ricerca, attraverso il contenuto dei programmi di studio nei due Atenei e incentivando i progetti degli studenti creati in collaborazione con il settore civile, si porranno le linee guida per il rafforzamento delle sunnominate abilità. Perciò, all’incontro abbiamo invitato sia i rappresentanti delle minoranze che coloro i quali si prodigano, attraverso l’attività professionale e/o sociale, a migliorare la loro posizione nella nostra società. È stato molto importante coinvolgere nella discussione anche le studentesse e gli studenti delle professioni sanitarie, al fine di pensare insieme alle disposizioni grazie alle quali, attraverso i processi educativi, potranno acquisire le competenze inerenti alla consapevolezza e considerazione delle diversità nel rapportarsi con le/i pazienti. All’incontro si sono unite le studentesse delle Facoltà di Giurisprudenza e di Filosofia del capoluogo quarnerino”.
Quali sono stati gli esiti del convegno?
“In riferimento al dibattito, il congresso ha comprovato il reale bisogno del confronto su questi temi per mezzo di un dialogo diretto tra operatori sanitari e studenti da un lato e coloro che hanno presentato le problematiche nella prima parte dell’incontro, ma altresì la presentazione degli esempi di buona prassi nel contesto dell’accesso all’assistenza sanitaria degli appartenenti alle suddette minoranze. Sono stato particolarmente contento quando, a fine convegno, allo scadere del tempo previsto per il dibattito, si è continuato a parlare e a socializzare in modo informale. Grazie all’incontro abbiamo appurato che, inerentemente al secondo incontro di formazione delle studentesse e degli studenti delle professioni sanitarie, vi sarà spazio per migliorare le condizioni e la considerazione delle esigenze specifiche dei menzionati gruppi nel sistema sanitario, nonché si sono create delle buone basi per lo sviluppo della futura collaborazione con le associazioni operanti a difesa dei loro diritti. Inoltre, lo stesso non ha fatto che confermare una delle idee che precedentemente mi frullava in testa, ovvero la necessità di creare un nuovo corso, che consenta alle studentesse e agli studenti l’acquisizione di svariate competenze, le quali verranno loro sicuramente utili nel futuro lavoro professionale”.
A suo avviso come mai la Croazia è manchevole delle ricerche relative alle abilità di gestione della diversità?
“Temo sia difficile dare una risposta univoca a questa domanda. Non vorrei credere trattasi di un riflesso della situazione contemporanea nella società croata, che purtroppo, in alcuni dei suoi segmenti e a diversi livelli, da quello locale a quello nazionale, sta dimostrando una minore tolleranza alla diversità, a cui possiamo assistere quasi quotidianamente. Questo fenomeno non è correlato in primo luogo soltanto ai gruppi di cui ci occupiamo in seno al progetto. Al contrario, l’intolleranza presente, non immanente solamente nella società croata, bensì attuale anche negli altri Paesi europei, è preoccupante”.
Gli studenti e gli insegnanti croati sono pronti ad affrontarla?
“Generalmente parlando, non ho dubbi sul fatto che tra i docenti, a diversi livelli del sistema educativo, ve ne siano quelli aperti alla diversità i quali, nell’ambito del loro impegno didattico, trasmettono agli alunni e agli studenti un atteggiamento affermativo sull’importanza del rispetto della stessa. D’altro canto, ve ne sono anche quelli forse meno inclini a incentivarla e a segnalarla. Penso che ciò si manifesti maggiormente per mezzo di specifiche situazioni individuali, a volte sotto forma di commenti discriminatori, e meno attraverso programmi o argomenti formativi. Infatti, la sua domanda mi fa pensare a come, in una prospettiva futura, l’attuale ricerca dovrebbe essere ampliata includendovi gli insegnanti che insegnano presso la Facoltà di Studi sanitari. Ciò potrebbe fornire una visione più obiettiva di quanto e in che modo rimuginino in merito alla diversità”.
Gestire gli aspetti sociali e politici delle crescenti multiculturalità, multietnicità e multiconfessionalità, che caratterizzano la società moderna, è uno dei compiti, delle responsabilità e delle sfide più impegnative, che influenzeranno in particolare le nuove e future generazioni. In tale contesto, la bioetica può cambiare il futuro?
“La bioetica, nello specifico quella europea, per le tematiche che tratta e che riguardano la vita, non esclusivamente solo quella umana, ma anche degli altri esseri, per le questioni del rapporto con l’ambiente, non solo quello naturale, ma anche quello creato dall’uomo, come pure per altri temi di attualità, ha un approccio interdisciplinare e multiprospettico. È proprio qui che vedo il suo valore e il suo ruolo, ovvero che da un discorso incentrato sul rispetto delle diverse opinioni e sulla base del consenso raggiunto, la bioetica può, se non cambiarlo, influenzare il futuro in modo significativo e, di conseguenza, farlo in senso positivo”.
Quando (e come) è nato il suo interesse per le tematiche medico-storiche e bioetiche?
“Sin dal periodo degli studi universitari sentivo interesse per l’aspetto socio-umanistico della medicina, ovvero della sanità. Quello per i temi medico-storici è sicuramente dovuto al professore in quiescienza di Storia della medicina presso la Facoltà di Medicina di Fiume, Ante Škrobonja, il quale insegnava con smisurato fervore la suddetta disciplina, in particolare quella fiumana e regionale, e che, attraverso il lavoro della Società scientifica croata per la storia della cultura della salute, con sede a Fiume, riuniva tutti coloro fossero interessati al passato della medicina. Considerando la mia passione per la storia locale, nello specifico per quella relativa alla quotidianità del mio luogo d’origine, ovvero la Liburnia e l’Abbaziano, nelle mie ricerche inerenti alle tematiche medico-storiche sono primariamente orientato a queste aree. Terminati gli studi, grazie all’invito di collaborazione al progetto ‘La bioetica europea in azione’ da parte del professor Amir Muzur, a capo del Dipartimento di Scienze sociali e umanistiche in medicina presso la Facoltà di Medicina e coordinatore dello stesso, è iniziata la mia carriera professionale scientifica e, successivamente, didattica dapprima presso l’Ateneo di Medicina, e oggidì alla Facoltà di Studi sanitari. Il succitato programma mirava alla creazione di standard bioetici, una sorta di linee guida per migliorare la salute umana e il benessere di animali e piante, ossia dell’ecosistema nel suo insieme. Nella realizzazione delle attività in seno allo stesso vennero coinvolte tre comunità quarnerine locali”.
Quindi, è anche appassionato alla storia locale e all’etnografia…
“Fin da bambino ho avuto un interesse per il passato della mia terra e per quei luoghi a cui appartengo originariamente. Così, già dai tempi universitari, mi sono incluso nel lavoro di associazioni locali che, da un lato, indagavano il passato e, dall’altro, erano tese a preservare il patrimonio immateriale e materiale del loro territorio. Sono altresì un membro attivo delle Cattedre del Sabor ciacavo di Draga di Moschiena e di Laurana, come pure dell’Ecomuseo di Draga di Moschiena e del Centro genealogico del Castuano e della Liburnia. Ho presieduto anche un’associazione che, tra le altre cose, era attiva nel progetto di conservazione della lingua seianese, una variante di quella nota in linguistica quale istrorumena, parlata nel villaggio di Seiane (Žejane), nell’entroterra abbaziano e di cui sono parlatore. Tra i progetti che ho coordinato nelle associazioni locali vorrei rilevare quello relativo alla celebrazione del centesimo anniversario della nascita del sacerdote e storico Makso Peloza, come pure le ricerche etnografiche effettuate nell’area di Seiane, Vele Mune e Male Mune e in quella di Draga di Moschiena. Gli ultimi due sono stati organizzati in collaborazione con docenti e studenti del Dipartimento di Etnologia e Antropologia culturale della Facoltà di Filosofia dell’Università di Zagabria. I risultati di entrambe le ricerche sono stati successivamente pubblicati in due saggi scientifici tematici”.
Progetti futuri?
“I progetti futuri saranno incentrati sulla posizione dei gruppi minoritari nel contesto dell’assistenza sanitaria e sulle modalità atte a rendere i futuri operatori sanitari, tramite il processo formativo, consapevoli dell’importanza del rispetto della diversità. Naturalmente, continueranno ad essercene anche di quelli minori, relativi alle ricerche riguardanti il ricco e variegato passato medico del capoluogo quarnerino e del suo circondario. Per ciò che invece concerne il mio impegno nelle comunità locali, è attualmente in programma la preparazione di alcune edizioni monografiche sul patrimonio culturale e il passato locale”.
Ha qualche hobby?
“Nel tempo libero mi piace stare in natura o fare escursioni, soprattutto nel nostro Paese. Tra gli altri hobby, sono un collezionista di cartoline dei luoghi a cui sono legato per origine o infanzia, nello specifico di Draga di Moschiena, Moschiena, Seiane e Mune. Il riposo ideale sottintende anche il tempo giusto per leggere libri”.
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