Albert Petrović. Un fiumano a Sanremo

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Albert Petrović. Un fiumano a Sanremo

È stato il Festival dell’armonia, del nazional-popolare, dei giovani, della vittoria che non t’aspetti. Ma soprattutto è stato il Festival delle polemiche. In principio furono le accuse di conflitto d’interesse nei confronti del “dirottatore” artistico Claudio Baglioni, poi l’inno all’ecstasy di Achille Lauro e, dulcis in fundo, le infinite critiche sulle modalità di voto che hanno ribaltato la volontà popolare. Il Festival di Sanremo non si smentisce mai e anche quest’anno le polemiche sono spuntate come funghi in autunno. Perché Sanremo è Sanremo.

Non tutti sanno che c’è un fil rouge che lega Fiume alla ridente località della Riviera di Ponente, un nesso che risponde a un nome e cognome: Albert Petrović. Per gli aficionados della kermesse canora egli non ha bisogno di presentazioni. Lo speaker di Radio Fiume da oltre vent’anni segue il Festival raccontandone i retroscena, i segreti, i gossip che si intrecciano dentro e fuori dal teatro Ariston.

Albert, come giudichi questa 69ª edizione del Festival?

“Come una delle migliori degli ultimi anni, con tante buonissime canzoni che mi sono entrate in testa già al primo ascolto, anche se questa è un po’ una deformazione professionale di noi programmatori musicali. Quest’anno poi, più o meno la metà dei brani era di genere rap e hip-hop, e peraltro anche i pezzi di artisti meno giovani come Simone Cristicchi e Daniele Silvestri erano in gran parte recitati. Direi che abbiamo assistito a una sorta di rivoluzione sotto l’aspetto dello stile musicale”.

Per quanto riguarda invece la co-conduzione, secondo te Virginia Raffaele e Claudio Bisio sono riusciti a reggere il confronto con Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino?

“Virginia è stupenda. Mi colpì molto già in passato quando fu ospite del Festival e notai subito che aveva un grandissimo talento per le imitazioni. E non a caso tutti erano concordi sul fatto che avrebbe dovuto avere più spazio. Bisio invece ha una comicità un po’ banale, diversa da quell’ironia graffiante e politicamente scorretta a cui eravamo abituati nelle scorse edizioni. È stato benevolo e inoffensivo, diverso da quello che un comico dovrebbe essere”.

Alla domanda se rifarà Sanremo anche l’anno prossimo, Baglioni ha risposto che il troppo stroppia. Significa che non lo vedremo più al timone del Festival?

“Dipende dalla Rai. Dopo ogni serata si parlava di successo di ascolti, anche se i numeri indicavano un calo rispetto all’edizione precedente e solo la prima e l’ultima serata avevano registrato uno share superiore al 50 per cento. Stando alla flessione degli ascolti, la Rai potrebbe effettivamente decidere di cambiare la conduzione”.

Che mi dici della canzone vincitrice, “Soldi” di Mahmood?

“È stata una grandissima sorpresa, nemmeno i bookmaker la davano tra le favorite e solitamente loro raramente sbagliano. Detto questo, la canzone mi piace un sacco: è contagiosa, ha un ritmo incalzante con quelle sonorità orientali, il testo è ironico… Non a caso è già un tormentone”.

Arriviamo alle polemiche. Ultimo aveva ottenuto il 46% di preferenze dal televoto contro il 14% di Mahmood, poi il voto dei giornalisti e della giuria di qualità ha ribaltato tutto. Lo stesso presidente della Rai, Marcello Foa, aveva poi ammesso che il sistema di voto andrebbe corretto. Tu cosa ne pensi?

“Personalmente credo che a decretare la canzone vincitrice dovrebbe essere la giuria demoscopica e non il voto popolare. Sono contrario al televoto perché con questo sistema a vincere sono quasi sempre coloro che sono usciti dai talent show, i quali raramente portano canzoni di una certa qualità”.

Alcuni però dicono che la giuria e i giornalisti abbiano votato apposta Mahmood per fare uno smacco a Salvini…

“Mi sembra una forzatura. Tra i giornalisti si contano tantissimi profili diversi e certamente non tutti sono di sinistra. Se tra i primi tre fossero arrivati Daniele Silvestri o Simone Cristicchi, ovvero coloro che si sono portati a casa tutti i premi della critica, sarebbe certamente finita diversamente”.

Ultimo aveva anche accusato voi giornalisti di avere insultato sia lui che Il Volo. Cos’è successo realmente in sala stampa?

“Comprendo la tensione di Ultimo perché perdere contro un outsider quando tutti davano per scontata la tua vittoria fa male, però non è corretto da parte sua accusare i giornalisti perché tra questi una buona fetta faceva il tifo per lui. Il Volo? Sì, sono stati fischiati, ma gli insulti sono un’altra cosa”.

A suscitare parecchio scalpore è stato anche il pezzo di Achille Lauro, “Rolls Royce”, un brano che palesemente inneggia alla droga. Com’è possibile che una canzone del genere sia stata selezionata da Baglioni e che nessuno si fosse accorto del suo significato?

“Le canzoni un po’ borderline entrano sempre in gara. Il suo pezzo è stato visto come una goliardata ed è comunque piaciuto sia al pubblico in sala che ai giornalisti, oltre ad essere molto trasmesso in radio. Si tratta di un pezzo punk, se vogliamo un po’ ribelle, ma comunque inoffensivo”.

Inoffensivo mica tanto visto che ad ascoltarlo sono soprattutto i giovani.

“Prendiamo ad esempio il brano di Daniele Silvestri. Lui ci ha costruito attorno una storia drammatica vissuta attraverso gli occhi di un 16.enne. Il testo è molto profondo ma parla di una generazione bruciata, senza prospettive, senza un motivo d’esistere. Concludere la canzone dicendo che l’unica colpa di un ragazzo di 16 anni è stata quella di nascere è un messaggio agghiacciante rispetto al pezzo di Achille Lauro”.

Una volta per arrivare a Sanremo dovevi fare tanta gavetta, mentre oggi invece basta partecipare a uno dei vari talent show, senza peraltro nemmeno vincerlo, e sei già sul palco dell’Ariston. A proposito, cosa ne pensi dei talent?

“Business. Non ritengo ci sia bisogno di aggiungere altro”.

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