Affido familiare: un cammino complesso ma appagante

L'associazione Damdom è il perno portante dell'affido nella Regione litoraneo montana. Una trentina di famiglie con amore e abnegazione si occupano dei bambini privi della potestà familiare

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Affido familiare: un cammino complesso ma appagante

L’affido familiare, per definizione, è un provvedimento d’accoglienza provvisoria per i minori con difficoltà familiari. Da parte degli affidatari, poi, rappresenta un gesto d’amore verso chi nella propria giovane vita, per vari motivi, non ha conosciuto il calore di una famiglia. A Fiume, in questo contesto, opera un’associazione, cresciuta negli anni, che riunisce famiglie che si occupano temporaneamente o permanentemente di uno o più bambini senza, o i cui genitori sono stati privati della potestà genitoriale e affidati ai servizi sociali per poi risiedere presso brefotrofi o altri istituti. Si chiama Damdom e alla fine del 2020 ha celebrato i primi dieci anni di attività: un lasso di tempo in cui è andata arricchendosi di nuovi nuclei familiari i quali decidono di intraprendere il difficile e complesso, ma estremamente appagante cammino degli affidatari di uno o più bambini.

 

“L’associazione Damdom è stata fondata a livello regionale il 25 novembre del 2010 da sei famiglie affidatarie – ci spiega Claudia Juranić Klarić, presidente della stessa, vicepresidente del Forum nazionale per un affido di qualità nonché madre di tre figli e tutrice di due in affido – in quanto si era reso necessario organizzare e riunire i nuclei familiari che hanno esperienza diretta in questo campo così particolare e delicato. A quel tempo le famiglie affidatarie erano poche e sparpagliate in tutto il territorio della Regione. Inizialmente, il compito primario dell’associazione era offrire un supporto di esperienze sul campo, che è rimasta ancora oggi una delle funzioni principali, e di aiutare le famiglie nel complicato e difficile iter burocratico dell’affido”.

Nel suo funzionamento, l’associazione occupava dapprima dei modesti vani in seno alla Comunità d’abitato “Centar”, per poi trasferirsi nel 2014, grazie al supporto del Centro per l’assistenza sociale e della Regione litoraneo montana, in vani più adeguati nell’ambito del Centro per la famiglia. Da quest’anno, l’associazione si è spostata nel Comune di Viškovo, in ambienti più spaziosi continuando ad offrire i propri servizi a livello regionale.

Claudia Juranić Klarić

Molteplici attività
“In tutti questi anni, l’associazione è cresciuta molto e conta attualmente trenta famiglie affidatarie e cinque che stanno passando il corso d’educazione per l’affido. Ma non ci limitiamo a questo: dal momento della fondazione abbiamo realizzato e continuiamo a realizzare numerosi progetti, per lo più grazie al supporto della Regione le cui istanze hanno dimostrato comprensione per questo particolare settore sociale. Ci sono stati pertanto laboratori educativi e tavole rotonde, la pubblicazione di vari albi illustrati tematici e incontri volti a promuovere a livello regionale l’affido e tutte le sue peculiarità”.
Per tutte le sue molteplici attività rivolte alla promozione dell’affido come istituzione, l’associazione Damdom è stata invitata a far parte del Forum nazionale per l’affido di qualità, che raccoglie dodici associazioni similari, e in un momento definita come la più attiva e la più efficiente. “Secondo le statistiche, le nostre famiglie affidatarie rientrano nella fascia d’età medio-giovane, con un’istruzione medio-alta. Questo ci porta a sviluppare un tipo diverso d’affido ovvero quello a lungo termine in cui, in gran parte dei casi, la famiglia affidataria rimane un supporto e un contatto permanente per il bimbo, o i bimbi. Come già detto, l’affido è uno stile di vita. Alcune famiglie decidono d’intraprendere questo cammino per motivi religiosi, come ad esempio la mia, altre hanno le possibilità fisiche e materiali per farlo e altre ancora decidono di fare questo passo perché non hanno figli propri. Ciò che ci accomuna è l’amore per il prossimo, la comprensione, la pazienza e una gran voglia di offrire una famiglia a chi, purtroppo, per vari motivi ne è rimasto privo. Si tratta di un lavoro costante, fatto di innumerevoli incontri con i potenziali affidatari, volti a spiegare loro che prendere in affido un bambino significa renderlo felice”.

I compiti sono tanti. “Ogni affidatario dev’essere consapevole del cammino che sta per intraprendere, del fatto che ciò significherà dovere accettare il bambino o il giovane per quello che è, fargli da genitore e offrirgli tutto il proprio supporto e amore incondizionati. In questo contesto vengono inclusi anche i figli biologici dei genitori affidatari, nel caso in cui ce ne siano, come pure i parenti allargati, nonni e zii”.

 

Un lungo iter
L’iter per diventare una famiglia affidataria è irto e colmo di difficoltà. “Purtroppo, le leggi non sono a favore degli affidatari. Nel 2019 è stata varata la nuova legge sull’affido, ma il nostro contributo, la nostra parola, non sono stati presi in considerazione. Con queste nuove norme, oltre ai nuclei affidatari, sono nati l’affidatario professionale, che riceve un indennizzo finanziario e gli viene assicurato il mutuo sanitario e sociale con l’obbligo di prendersi cura di tre bambini, e l’affidatario specializzato per bambini con difficoltà, nel cui caso i requisiti richiesti sono un’istruzione universitaria nel campo del sociale.

Ebbene, in Regione ci sono soltanto due affidatari professionali e a livello nazionale nessuno specializzato. La legge non contempla, però, alcune situazioni specifiche come ad esempio il periodo di adattamento familiare, i diritti degli affidatari e quelli dei bambini. Dunque, una legge nuova che non si differenzia, però, più di tanto da quella precedente. Per poter ottenere lo status di genitore affidatorio, le famiglie devono richiedere la licenza quinquennale per uno, due o tre bambini, il massimo che la Legge nazionale permette. Le famiglie affidatarie ricevono dallo Stato per ogni bambino un importo pari a 2mila kune per le spese e 800 kune a titolo di indenizzo e, in compenso, offrono ciò che i soldi non sono in grado di comprare, ovvero pazienza, assistenza e tanto amore”.

Il cammino per diventare affidatari è abbastanza complesso e comprende tutta una procedura, che viene svolta dal Centro per l’assistenza sociale e che prevede, tra l’altro, anche una serie di verifiche psico-sociali e corsi di formazione. Un iter lunghissimo e spesso difficile, ma quando il bimbo arriva in casa non c’è confronto che regga, sostiene la presidente della Damdom. “In seno alla nostra associazione organizziamo mensilmente delle riunioni per tutti i soci, ma anche degli incontri rivolti a un gruppo ristretto di affidatari, durante i quali implementiamo le esperienze raccolte sul campo e discutiamo delle potenziali difficoltà a cui si potrebbe andare incontro e di tutto quanto possa risultare d’aiuto a una famiglia affidataria e che non è contemplato dall’attuale legge. Tempo permettendo, organizziamo anche delle gite per tutte le famiglie affidatarie”.

Grazie al programma istituito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, all’associazione Damdom sono state assicurate, per i prossimi tre anni, 450mila kune per i progetti, l’attività e le spese di gestione, mentre la Regione litoraneo-montana ha devoluto 15mila kune a titolo di supporto per i molteplici programmi. “Siamo soddisfatti che il nostro operato sia stato riconosciuto e valorizzato, non per noi stessi, ma per quei bambini che sono ancora in attesa di una famiglia che offrirà loro tanto amore e comprensione”, conclude Claudia Juranić Klarić.

In attesa di allargare la famiglia
Affidatari felici e testimoni di quanto quello dell’affido sia un cammino complesso ma appagante, sono i coniugi Ana e Goran Dobrnjac. Lei insegnante di classe presso la scuola elementare “Gelsi”, lui commesso-magazziniere in un’azienda privata, sono genitori affidatari di due bambine. “Non potendo avere figli, in un primo momento abbiamo deciso di frequentare il corso per l’adozione e da qui il passo è stato breve. Abbiamo conosciuto persone con fini simili e siamo passati al corso per l’affido. Terminato quest’ultimo, siamo stati contattati in poco tempo dai servizi sociali per l’affido di due sorelline, di quattro e sei anni, che in caso di non affido sarebbero state separate. Avendo la licenza per l’affido di un solo bambino, abbiamo richiesto urgentemente un ampliamento. Una procedura veloce, che ci ha permesso di superare il periodo di conoscenza con le bambine, che si svolgeva nell’istituto in cui finora erano sistemate, e poi quello d’adattamento a una nuova casa. Siamo stati fortunati, sia io che mio marito, nel poter fruire del periodo di ferie e poter trascorrere quanto più tempo con le bambine. Il primo momento era scioccante per le piccole, che si aspettavano di vedere i loro genitori biologici, ma con tanta pazienza e comprensione siamo riusciti a farci accettare come genitori affidatari. Attualmente la più piccola frequenta un asilo italiano, mentre la maggiore la scuola italiana”. Ana e Goran sono in attesa della nuova licenza per poter richiedere l’affido di un terzo bimbo. “Stavolta sarà un maschietto – ci fa sapere Goran, tra il serio e faceto – per bilanciare il nucleo familiare, che ora, salvo lui, è tutto al femminile”.

Ana e Goran Dobrnjac

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