Ada Rocchi: «Rinunciai alle Olimpiadi per andare al mare»

Storie d'altri tempi... Nel 1960 l'altista connazionale avrebbe dovuto partecipare ai Giochi di Roma, ma rifiutò perché preferì godersi l'estate assieme alle sue amiche

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Ada Rocchi: «Rinunciai alle Olimpiadi per andare al mare»

Novi Sad, 1958, campionati jugoslavi juniores di atletica leggera. Nella gara di salto in alto a salire sul gradino più alto del podio è la fiumana e connazionale Ada Agodini con la misura di 165 centimetri (all’epoca si saltava a forbice, lo stile Fosbury è stato introdotto dieci anni più tardi). Subito dopo le viene comunicato che aveva appena centrato il pass per le Olimpiadi in programma a Roma due anni dopo. Qualificarsi alla rassegna a cinque cerchi è il sogno di ogni atleta, ma la giovane Ada non si scompone più di tanto di fronte a questo eccezionale traguardo. Rimane impassibile. Per lei i Giochi sono soltanto una gara come tante altre della sua fulminante carriera, in cui inizia a fare incetta di successi alle varie competizioni a cui prende parte.
Luglio 1960, Fiume. Manca poco più di un mese e mezzo al grande appuntamento capitolino. Gli allenatori della nazionale jugoslava sanno bene di avere in squadra un talento cristallino, pronto a esplodere da un momento all’altro. E le Olimpiadi sono l’occasione ideale per consacrarlo definitivamente. Credono fortemente nelle sue doti di saltatrice e puntano decisi a una medaglia. Ada viene convocata a Maribor, che viene scelta come centro di preparazione in vista dei Giochi. È piena estate e a Fiume la canicola si fa soffocante. Ada trascorre tutti i giorni al mare assieme alle amiche e ai compagni di squadra. Ma le Olimpiadi incombono e non c’è più tempo di godersi i tuffi rinfrescanti. Maribor l’aspetta per sudare in palestra e sulla pista di atletica. A lei però l’idea di rinunciare ai piaceri dell’estate non la sfiora nemmeno. Olimpiadi o non Olimpiadi. Ada è così: allegra, solare ma anche cocciuta e un po’ ribelle. No grazie, la sua lapidaria risposta. Il richiamo del mare è tropo forte. La Federazione e i suoi allenatori rimangono basiti, con la speranza di una medaglia a cinque cerchi che improvvisamente va in frantumi.

Sulla copertina di Panorama

Nessun rimpianto
“Invece di allenarmi andavo al mare”, sorride come se nulla fosse e con una naturalezza disarmante. Come se avesse rinunciato a una gara di quartiere e non al più grande evento sportivo che ogni atleta insegue nella propria carriera. “Facevo sport per il semplice gusto di farlo e non per agonismo – ci spiega –. Sapevo bene quale valore avessero i Giochi, ma semplicemente in quel momento non mi interessava andarci. Rimpianti? No, nessuno. Dello sport mi piaceva soprattutto la compagnia, lo stare insieme, conoscere nuove persone e condividere con loro la stessa passione”. Una passione nata tra i banchi della scuola Gelsi che frequentava.
Ci si lavava in mare
“All’epoca si tenevano al campo Cellini (oggi Omladinsko, nda) le gare di atletica tra tutte le scuole della città, sia italiane che croate, e io puntualmente vincevo nel salto in alto, in lungo e sui 60 metri piani. Allora il mio insegnante di educazione fisica, Toni Udovicich, mi invitò a Cantrida per iniziare ad allenarmi seriamente visto che ero portata per l’atletica. Infatti, ero alta, magra, slanciata e con lunghe leve. Inoltre, facevo anche basket, volley e pallamano. Una volta al Liceo, era diventato impossibile praticarli tutti, per cui ho dovuto scegliere e la scelta è ricaduta sull’atletica. A Cantrida le condizioni erano pessime, non c’erano gli spogliatoi né le docce, quindi dopo l’allenamento ci si lavava in mare. Non c’erano ancora gli autobus e quindi ci spostavamo con il filobus. Naturalmente il biglietto lo dovevamo pagare noi, come pure tute e scarpe da tennis. Erano altri tempi”.

Ada Rocchi durante una competizione di salto in alto

Incontro galeotto con Franco
In seguito alla rinuncia a Roma 1960, le si sono chiuse le porte della nazionale, ma lei ha comunque proseguito la propria carriera, senza però partecipare a grandi eventi, fino al 1964 quando galeotto fu l’incontro con Franco Rocchi, suo futuro marito. “Ci siamo conosciuti quell’anno in Circolo dove andavamo a ballare alla sera. Lui è polese e all’epoca studiava Economia a Zagabria, ma quando nel ’64 era stata aperta la Facoltà di Economia a Fiume, si era trasferito qua. L’anno dopo ci siamo sposati e da lì a poco sono nate le nostre due figlie Ilaria e Daila. Poi ho iniziato a lavorare alla Jugoinspekt, che aveva la sede a Belgrado, ma diverse filiali sparse in tutta la Jugoslavia, tra cui anche a Fiume. Ero stata assegnata al settore dell’agricoltura e per un certo periodo ho lavorato anche per una società di Ravenna, attraverso cui Ivica Todorić esportava il granoturco in Libia. Sono andata in pensione nel 1998, un anno dopo la nascita della nipote Nina”.
Tutt’oggi Ada segue con vivo interesse le più importanti rassegne internazionali di atletica come Europei, Mondiali e Olimpiadi. E sebbene non abbia alcun rimpianto per quella mancata partecipazione, dentro di noi ha fatto breccia un po’ di dispiacere. Non sapremo mai come sarebbe potuta andare se avesse accantonato i bagni al mare per allenarsi, però ci piace pensare che quella sarebbe potuta essere un’edizione con Fiume assoluta protagonista. Infatti, Abdon Pamich conquistò un magnifico bronzo nella marcia 50 chilometri (e pure con tanti rimpianti) e anche Ada, ne siamo certi visto quel suo talento cristallino, sarebbe stata in lotta per una splendida medaglia.
Quel sonoro ceffone a Ćiro Blažević
“Quando Ćiro Blažević venne a giocare nel Rijeka, era pazzo di me e ci provava spudoratamente. Io però l’ho sempre rifiutato perché non era il mio tipo. Una volta, durante un allenamento in contemporanea tra noi atleti e i calciatori, mi distesi per terra per fare alcuni esercizi. Lui si avvicinò e mi baciò, ma io gli tirai un sonoro ceffone al punto che tutti i suoi compagni di squadra lo presero in giro. Inoltre, dopo ogni allenamento mi aspettava con un’Alfa cabrio per accompagnarmi a casa, ma io puntualmente gli dicevo di no e tornavo a casa in filobus assieme alle mie amiche”.
Un invito speciale a Bucarest
Nel corso della sua seppur breve carriera, ha avuto la fortuna di conoscere diversi atleti di altissimo livello. L’incontro che fra tutti le è rimasto impresso è stato quello con l’altista rumena Iolanda Balas, dominatrice assoluta dalla metà degli anni ’50 alla metà degli anni ’60. Una che nel proprio palmarès vantava due titoli olimpici e altrettanti europei, oltre ad aver stabilito per ben 14 volte il record mondiale. “Conobbi Iolanda durante una trasferta in Romania con la nazionale. Una persona squisita, affabile e simpatica. Mi invitò per due settimane a casa sua a Bucarest. Ovviamente non ci andai perché non potevo permettermi il viaggio. La ricordo come una persona molto disponibile e anche se era una grandissima campionessa, non se la tirava mai”, racconta Ada Rocchi.

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