Il direttore dell’Adria Tour di Zara ed ex campione di Wimbledon, Goran Ivanišević, oggi (martedì 23 giugno) ha parlato a una TV privata in merito ai fatti di Zara e ai casi di contagio riscontrati durante il torneo. Sul contagio di Ðoković e della moglie Jelena, Ivanišević ha detto di “averlo contattato e di rendersi conto della complessità della loro situazione”, ma secondo il croato “Nole ha un fisico forte e saprà uscirne al meglio”.
Alla domanda del perché il tennista serbo non sia stato testato in Croazia, Ivanišević ha risposto che “il giorno in cui è successo, su raccomandazione della task force nazionale e di tutti gli epidemiologi, ci è stato detto che ogni tennista poteva sottoporsi al tampone nel suo Paese d’origine, così Ðoković ha deciso di farlo a Belgrado”.
Alla domanda lecita sul perché non sono stati effettuati test prima dell’arrivo a Zara, Ivanišević ha risposto laconico: “Perché non ce n’era bisogno. Ho sentito e ascoltato il ministro Beroš, il quale ha detto che non ce n’era bisogno. Nessuno presentava sintomi”. “In base a questo ragionamento – si è difeso lo spalatino – ogni turista che entra in Croazia dovrebbe venir testato”.
Si sente responsabile per la situazione?, è stato chiesto all’ex tennista, oggi coach di Ðoković. “Cì sentiamo una parte di responsabilità perché il torneo di Zara era una cosa grande e di carattere umanitario… Mi dispiace per tutte le persone contagiate e auguro loro una pronta guarigione. Su alcune cose non si può incidere, compresa questa. Mi preoccupa che ora risultiamo i colpevoli di turno, il capro espiatorio per tutti . E a Zara c’è il minor numero di contagi. E tutto è ricaduto sul nostro groppone. Non è giusto”.
Quanti test hai fatto, sono tutti negativi e come ti comporti in questa situazione? “Ho fatto due test e il prossimo sarà sabato. Entrambi sono finora negativi. Non prendo 14 giorni di autoisolamento. Sto bene, tutti i contagiati si sentono bene”. “È facile parlare dopo quanto
successo, è facile essere intelligenti su ciò che era necessario e cosa non lo era. Voglio che le persone contagiate si riprendano il più presto possibile”.
Alla domanda del perché il tennista serbo non sia stato testato in Croazia, Ivanišević ha risposto che “il giorno in cui è successo, su raccomandazione della task force nazionale e di tutti gli epidemiologi, ci è stato detto che ogni tennista poteva sottoporsi al tampone nel suo Paese d’origine, così Ðoković ha deciso di farlo a Belgrado”.
Alla domanda lecita sul perché non sono stati effettuati test prima dell’arrivo a Zara, Ivanišević ha risposto laconico: “Perché non ce n’era bisogno. Ho sentito e ascoltato il ministro Beroš, il quale ha detto che non ce n’era bisogno. Nessuno presentava sintomi”. “In base a questo ragionamento – si è difeso lo spalatino – ogni turista che entra in Croazia dovrebbe venir testato”.
Si sente responsabile per la situazione?, è stato chiesto all’ex tennista, oggi coach di Ðoković. “Cì sentiamo una parte di responsabilità perché il torneo di Zara era una cosa grande e di carattere umanitario… Mi dispiace per tutte le persone contagiate e auguro loro una pronta guarigione. Su alcune cose non si può incidere, compresa questa. Mi preoccupa che ora risultiamo i colpevoli di turno, il capro espiatorio per tutti . E a Zara c’è il minor numero di contagi. E tutto è ricaduto sul nostro groppone. Non è giusto”.
Quanti test hai fatto, sono tutti negativi e come ti comporti in questa situazione? “Ho fatto due test e il prossimo sarà sabato. Entrambi sono finora negativi. Non prendo 14 giorni di autoisolamento. Sto bene, tutti i contagiati si sentono bene”. “È facile parlare dopo quanto
successo, è facile essere intelligenti su ciò che era necessario e cosa non lo era. Voglio che le persone contagiate si riprendano il più presto possibile”.
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