Un mare sempre più povero

Inspiegabile sconvolgimento dell’ecosistema marino. Le disposizioni europee hanno danneggiato tutti, eccezion fatta per gli allevamenti ittici

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Un mare sempre più povero

Fa freddo e la pesca della sogliola è sempre più difficile, perché bisogna spingersi sempre più al largo: questo significa alzarsi già alle 3-4 del mattino e rientrare alla sera. Stanchi, spesso con pescate che non riescono a coprire le spese della nafta e degli operai. Certo, ci sono anche delle soddisfazioni, quando il tempo cambia e le reti si riempiono di pesce. Allora, però, bisogna fare i conti con i delfini, che spesso fanno le “passelere” a brandelli. I delfini sono intelligenti: prendono in bocca la sogliola, girano su sé stessi fino a strapparla dalla rete, poi se la mangiano sputando la rete. In mare è così. Ma la preoccupazione dei pescatori, e qui parliamo di tutti i pescatori dell’Adriatico, perché a lamentarsi sono anche i pescatori italiani della sponda dirimpettaia, non riguarda solo le difficoltà di pesca, le disposizioni europee, che in pratica hanno danneggiato tutti, eccezion fatta per gli allevamenti ittici, ma soprattutto la diminuzione del pescato.
Una brutta gatta da pelare, perché da anni mancano le seppie, i calamari, le mormore, mentre le orate durano poco e i branzini sono diventati quasi rari. Senza ombra di dubbio la pesca tradizionale, quella legata alla famiglia, alla costa e alla tradizione marinara, sta scomparendo, se non addirittura morendo. Per quanto riguarda la pesca lungo la costa, in primavera le seppie sono pochissime, con pescate non più di 30-40 chilogrammi, come una volta, ma dieci volte di meno. Ora per pescare un paio di calamari bisogna tirare la lenza chiamata in gergo “puscia” anche diverse ora. Eppure ci sono delle differenze inspiegabili da zona a zona: per esempio lungo la costa istriana fra Umago e Salvore i calamari sono pochissimi, mentre più a sud le cose vanno un po’ meglio. Però mancano altri pesci di stagione, come la mormora, che è rara. I cefali in autunno ci sono, ma visto che il pesce d’allevamento costa poco (parliamo di orate e branzini), i cefali sono molto deprezzati, soprattutto all’ingrosso. Ad dettaglio il loro prezzo è sempre fra le 50 e 60 kune. Carissimi i pesci più grandi, orate e branzini sopra al chilogrammo costano anche 250 kune il chilogrammo, gli astici 300. Riboni e sarghi di 30-50 decagrammi costano 100-150 kune, le sogliole 100-120 kune quelle più grandi, 80 quelle di grandezza media. Ed è proprio la sogliola che salva il portafoglio dei pescatori, almeno da ottobre a gennaio. Poi subentra il periodo di “magra”.

Il controllo e l’invio della lista del pescato vanno fatti appena rientrati in porto

Impoverimento del mare
Ma quali sono le conseguenze di questo impoverimento del mare? Per Danilo Latin, presidente del Gruppo di pesca costiera e membro della Commissione nazionale della pesca a strascico, le cose si mettono male. “Il calo del pescato ci preoccupa eccome, perché molte barche non ce la fanno più a operare con lo strascico, che su direttiva europea si deve praticare oltre alle 3 miglia – dice –. Questo ha portato a una riduzione delle giornate di pesca da una parte e all’assoluta mancanza di guadagno, perché certi pesci e i polpi li troviamo entro e non oltre alle 3 miglia. Qui si lamentano tutti, e a ragione. Anche la burocrazia è diventata troppa. Per esempio, subito dopo il rientro nel porto, bisogna segnalare il pescato, specificandone quantità e qualità. Se non ci fossero le sogliole, che comunque richiedono uno sforzo importante, le cose andrebbero davvero male.
Quello che comunque non riusciamo a spiegarci e purtroppo nessuno ci aiuta a capire la situazione, è questo calo del pescato tradizionale e la mancanza del pesce di stagione. Per esempio, in questi giorni di gennaio da sempre arrivavano le passere, che ora non ci sono, mentre i calamari sono pochissimi. In marzo s’iniziavano a pescare le seppie, che ora arrivano molto più tardi e in quantità minime, appena qualche chilo per barca. Questo mare sempre più povero ci preoccupa; le famiglie che da generazioni vivevano di pesca sono quasi scomparse, i giovani preferiscono altri mestieri, mentre l’Europa dirige un’orchestra quasi senza strumenti, stonata, che non soddisfa più nessuno. L’unico comparto che approfitta di questa situazione è l’allevamento ittico, che non deve affrontare i problemi dei pescatori. Per il resto, il pane in mare sta diventando sempre più amaro”.

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