Teatro Fenice: un progetto per riportare la vita nel palazzo

Nella loro tesi di laurea, Lorna Mattias e Michela Contin hanno proposto alcune soluzioni volte alla rivitalizzazione del maestoso palazzo e della zona in cui sorge

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Teatro Fenice: un progetto per riportare la vita nel palazzo

Il Teatro Fenice, anche se chiuso al pubblico da più di un decennio, continua ad affascinare e a suscitare l’interesse di architetti, operatori culturali, ma anche dei cittadini di Fiume che ricordano con nostalgia l’epoca in cui questo maestoso palazzo ospitava il cinema “Partizan” prima, e in seguito “Teatro Fenice”, e successivamente eventi culturali di vario genere. Anche se già negli anni Novanta necessitava di un intervento di restauro, la chiusura definitiva del palazzo ha inciso ulteriormente sulle sue condizioni (lo testimoniano le periodiche cadute di pezzi di intonaco dalla facciata, che riportano l’edificio al centro dell’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, ma dopo qualche giorno la questione viene nuovamente dimenticata), per cui oggi come oggi lo stabile ha urgente bisogno di restauro.
Il palazzo, progettato da Celligoi e Traxler e inaugurato nel 1914, è stato oggetto di ricerca del neoarchitetto Lorna Mattias, che assieme alla collega Michela Contin ha difeso di recente una tesi di laurea in architettura incentrata, citiamo, “sull’obiettivo di riportare il Teatro Fenice a essere un punto di riferimento per la comunità di Fiume, come lo è stato per tutto il XX secolo, attraverso la proposta di un progetto urbano e culturale che comprende la riqualificazione sia dell’edificio che dell’area circostante”.

Lo spazio interno della struttura, che oggi versa in pessime condizioni. Foto Goran Žiković

Una tesi… affettiva
Lorna Mattias, nata a Fiume, di madre fiumana e padre polese, ha vissuto a Pola fino all’età di 14 anni, dove ha frequentato la Scuola elementare italiana “Giuseppina Martinuzzi”. Si è quindi trasferita a Fiume per frequentare la Scuola media superiore italiana, dopodiché ha intrapreso gli studi di architettura all’Università di Trieste. In una breve chiacchierata ci ha raccontata i punti salienti della sua tesi di laurea e il motivo per il quale ha scelto di svolgere una ricerca proprio sul Teatro Fenice.
La tua tesi elabora un intervento urbanistico-architettonico intorno e all’interno del Teatro Fenice al fine di valorizzare l’ambiente che circonda il palazzo e il rione in cui sorge. Come mai l’idea di scrivere una tesi di laurea sul Fenice e che cosa vuol dire per te quest’edificio?
“Il Teatro Fenice ha per me un valore affettivo – esordisce Lorna –, in quanto ho frequentato la Scuola media superiore italiana e in quel periodo ho vissuto al civico 11 di via Dolac, che è proprio l’edificio accanto al Teatro Fenice. La finestra della mia stanza si affacciava sul palazzo e sull’insegna che pubblicizzava i film che venivano proiettati al cinema. Ero affascinata da quest’enorme edificio e ricordo che mia nonna mi raccontava sempre che all’epoca in cui venne costruito era modernissimo. Venne edificato con nuovi materiali e una nuova tecnologia, un vero e proprio emblema del cinema. Il progetto che è la base della tesi, realizzata assieme alla collega Michela Contin, è nato e si è sviluppato con il nostro relatore Adriano Venudo, che insegna Progettazione del paesaggio e delle infrastrutture. Egli ci ha insegnato a guardare sempre, ogni edificio che progettiamo, a 360 gradi, ossia non soltanto la struttura in sé, bensì anche tutto quello che la circonda. Pertanto, siamo partiti dalle analisi per capire per quale motivo quella parte così centrale di Fiume si trova oggi in uno stato di degrado, motivo per il quale il Teatro Fenice, purtroppo, è stato chiuso e non ha potuto continuare il suo percorso di vita, per così dire”.
Nella tesi avete discusso come rimettere in funzione l’edificio, ovvero a quale funzione adibirlo. Di solito, quando si vuole sottoporre a restauro uno stabile è necessario decidere in anticipo quali contenuti ospiterà e quali attività vi si svolgeranno. La tua tesi si occupa sia dell’ambiente circostante che dei contenuti che potrebbe ospitare.
“L’idea nasce dagli edifici che si trovano in quella zona, ma segue anche un’altra questione, ovvero il fatto che per il restauro del palazzo non ci siano mai fondi a sufficienza. Il tema si ricollega pure alla questione della Biblioteca civica, che ha atteso per anni una nuova sede più idonea alle sue necessità. Diversi anni fa l’architetto Hrvoje Njirić aveva realizzato il progetto architettonico per una nuova sede della Biblioteca, che avrebbe dovuto essere costruita nella piazza antistante la Scuola elementare Nikola Tesla, ma che non è mai stata realizzata. Di conseguenza, la prima idea era collocare all’interno del Teatro Fenice la Biblioteca civica, ma dal momento che grazie al progetto Fiume Capitale europea della Cultura nel frattempo sono stati trovati i fondi per adeguare a questa funzione un edificio all’interno del complesso Benčić, era necessario trovare un altro spunto. Abbiamo voluto comunque rimanere in tema e riflettere su come avvicinare l’architettura ai cittadini di Fiume attraverso tutte le forme di arte, in quanto i fiumani sono noti per essersi sempre espressi attraverso la musica e l’arte, e il progetto CEC è una prova di questa loro attitudine alla cultura. Una delle nostre idee è stata quella di dare vita a un incubatore di eventi urbani, ridare il Teatro Fenice ai cittadini facendo sì che una parte del palazzo rimanga aperta 24 ore su 24, mentre l’altra sarebbe destinata all’espressione creativa di studenti e alunni attraverso la musica e a tutto ciò che accomuna i giovani. Questo tipo di contenuti potrebbe portare i giovani a sviluppare un legame affettivo con il Teatro Fenice, il che in seguito li spronerebbe a prendersene cura”.

Il palazzo dovrebbe ospitare diversi tipi di eventi. Foto Goran Žiković

Viene ipotizzata la creazione di una piazza nello spiazzo dietro all’edificio, in cui attualmente sorge il parcheggio Beretich, la trasformazione di via Dolac in una zona pedonale, la realizzazione di scalinate che porterebbero alla piazza dietro al Teatro Fenice…
“Attraverso verifiche e analisi abbiamo capito che il Corso giunge fino a piazza Adria e lì termina, il che è un problema per il Teatro Fenice il quale risulta tagliato fuori dalla zona pedonale centrale e in tal modo si trova in disparte rispetto alle vie di comunicazione. La nostra idea è di integrarlo nel tessuto cittadino, trasformando via Dolac in un’area pedonale. Questa via, infatti, merita di essere valorizzata meglio, in quanto vanta splendidi palazzi progettati interamente da Zammattio e si conclude con l’albergo Bonavia che è pure un palazzo bellissimo. È un peccato che una via così bella rimanga aperta al traffico. Con una nuova pavimentazione, via Dolac verrebbe trasformata in una zona a traffico limitato in cui i residenti del rione potrebbero giungere con le loro automobili, ma poi andrebbero a posteggiare la loro macchina nel parcheggio Beretich, che però verrebbe trasformato in un parcheggio interrato su due livelli. In tal modo tutti i posti macchina soppressi in via Dolac verrebbero recuperati. L’idea è creare uno spazio più nobile”.
Valorizzare gli edifici circostanti
“A causa del dislivello tra lo spiazzo dinanzi al Teatro Fenice e il parcheggio Beretich abbiamo pensato a una serie di scale che collegano il tutto introducendo un sistema di piazze su più livelli che comunicano tra loro. E poi, per dare un valore anche agli edifici che si affacciano sul parcheggio abbiamo pensato di realizzare il primo parco urbano di Fiume. Anche se in città c’è tanto verde, nel centro non ce n’è molto. Quindi, vorremmo creare un’area urbana più accogliente che invoglierebbe i cittadini a trascorrerci più tempo”.
L’idea di valorizzare meglio la zona intorno al Teatro Fenice mi sembra un progetto alquanto realistico che potrebbe migliorare la qualità di vita nella zona. Avete pensato di proporre quest’idea alle autorità cittadine?
“Sarebbe bello se si potesse realizzare. Vorrei puntualizzare, però, che questa voleva essere un po’ una provocazione, in quanto sia in Croazia che in Italia le regole di conservazione che devono essere rispettate durante il restauro di edifici sono davvero rigide. Il restauro del Teatro Fenice, se mai verrà effettuato, temo si limiterà al recupero di alcune parti dell’edificio, mentre per quanto riguarda la sua funzione, si dovrà rispettare il fatto che quello è un teatro e tale dovrà rimanere anche dopo l’intervento. È abbastanza difficile riuscire a cambiarne la funzione, mentre invece spesso, durante vari interventi che ridanno una nuova vita all’edificio, ovvero cambiano le modalità di utilizzo dello stabile, si è dimostrato che si può dare una seconda chance al complesso. Abbiamo pensato a una piazza culinaria con numerosi locali e ristoranti che rimarrebbero aperti tutto il giorno. Le analisi urbanistiche dimostrano che le persone vanno laddove ci sono altre persone, però i contenuti devono interessare diversi profili di persone, appartenenti a tutte le fasce d’età”.

Michela Contin e Lorna Mattias

Dove e quando nasce il tuo interesse per l’architettura e l’urbanistica?
“Dopo l’SMSI, che ho concluso nel 2006, sono andata a Trieste a studiare architettura, che però ho abbandonato per alcuni anni. Sono tornata a studiare a 29 anni, quando ormai il corso si era trasferito a Gorizia. L’architettura mi ha sempre affascinato perché è un mestiere bellissimo e i professori con i quali abbiamo lavorato ci hanno trasmesso la passione che nutrono verso le materie che insegnano. All’inizio, quando avevo cominciato gli studi a Trieste, eravamo in 160, mentre a Gorizia il numero di iscritti è calato a una settantina. Purtroppo, il numero di studenti scende di anno in anno ed è un peccato, perché in seno alla Facoltà lavorano persone davvero valide. D’altro canto, noi studenti ne abbiamo approfittato, perché i professori ci erano molto più vicini e c’era un rapporto d’intesa tra di noi.”
Negli ultimi decenni a Fiume sono stati realizzati diversi complessi architettonici, molti di grande pregio. Hai notato qualche differenza tra il modo in cui l’architettura viene pensata da noi e in Italia?
“Il complesso Zagrad, nei pressi del Teatro Fenice, degli architetti Turato e Randić è, secondo me, un ottimo progetto. Li ritengo dei professionisti molto bravi, sempre presenti in cantiere perché ci tengono che il loro progetto venga realizzato così com’è stato ideato. Fiume è da sempre stata aperta a progetti architettonici che guardano al futuro e molti sono stati anche premiati. Tra questi il complesso del Palasport di Zamet e il Ponte dei difensori dello studio 3LHD, l’Aula papa Giovanni Paolo II, sempre del tandem Randić-Turato (che successivamente hanno proseguito ciascuno per la propria strada, nda) sono progetti a livello urbanistico nei quali ho riconosciuto tanto degli insegnamenti che ci sono stati impartiti a Gorizia. Per quanto riguarda il progetto Zagrad, mi dispiace per il fatto che il complesso, un po’ anche a causa del periodo in cui è stato costruito, non abbia mai preso vita. Invece, ai tempi in cui è stato realizzato era un edificio straordinario perché ha un piano commerciale, gli uffici, i piani residenziali e un parcheggio. In Italia un complesso simile verrebbe costruito con molta difficoltà in seguito alle restrizioni e alle leggi in vigore. Nella Penisola è generalmente molto difficile costruire e non c’è la libertà che ha permesso agli architetti come Randić e Turato di conseguire degli ottimi risultati. L’architettura non riguarda soltanto l’edificio in sé, ma comprende anche l’economia, l’urbanistica… insomma, comprende tutto”.

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