Slovenia. Festività che scontenta sia gli sloveni che gli italiani

Ritorno o annessione? Il deputato della CNI alla Camera di Stato del Parlamento di Lubiana Felice Žiža fa il punto sulle novità concernenti la celebrazione del 15 settembre e sulle possibili soluzioni per essere quanto più in linea con la storia

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Slovenia. Festività che scontenta sia gli sloveni che gli italiani
Felice Žiža. Foto: Roni Brmalj

Luce verde della Camera di Stato del Parlamento di Lubiana alla denominazione di “Annessione del Litorale alla Madrepatria” (“Dan priključitve Primorske k matični domovini”). È così che verrà da ora in poi chiamata la festività del 15 settembre che si festeggia in Slovenia ogni anno. La proposta della coalizione di centrosinistra al governo è stata accettata con un’ampia maggioranza e con essa si sostituisce il termine precedente, ovvero “ritorno alla Madrepatria” (“Dan vrnitve Primorske k matični domovini”).
Questa modifica nella terminologia non cambia a prima vista più di tanto il senso della festività, ma invero riflette una dinamica storica nettamente diversa da quella che è stata descritta finora. Indica cioè un giudizio storico generale sostanzialmente diverso di quelli che erano gli eventi che hanno interessato la Slovenia occidentale, cioè i territori a ridosso dell’Italia. Dal punto di vista della Comunità Nazionale Italiana non si tratta ancora di una soluzione ideale o definitiva, come ha spiegato Felice Žiža, deputato della minoranza italiana alla Camera di Stato della Slovenia.
“Cosa significa per noi questa festività? Significa un ritorno del territorio a una Madrepatria che noi non possiamo considerare tale. Il termine che hanno modificato, ‘annessione’ al posto di ‘ritorno’, va a migliorare leggermente la dizione della festività. Ma è pur sempre una festività che noi non possiamo condividere per come è stata interpretata, quindi per come si vuole portare avanti”, ha sintetizzato Felice Žiža.

Un Litorale troppo esteso

La Slovenia, ricordiamo, ha una linea di confine lunga oltre 230 chilometri con l’Italia che corre dalle Alpi orientali alla costa adriatica, dove sono presenti condizioni geografiche, storiche e culturali molto diverse da zona a zona. Come ha spiegato Felice Žiža, il popolo sloveno va a indicare il Litorale come un territorio molto ampio, che va dalla costa e sale fino a Gorizia, Caporetto ed oltre. Se parliamo di quest’ultima zona con qualche semplificazione, “la realtà può essere rispecchiata perché è un territorio che è stato insediato dal popolo sloveno molto prima della Prima guerra mondiale e ha una storia profonda”. Ma se parliamo “solo ed esclusivamente della costa, la faccenda è estremamente diversa”, ha avvertito il deputato della CNI.
“Per il nord della Primorska va benissimo e probabilmente il festeggiamento corrisponde al nome dato, ma per noi non può esserlo nella maniera più assoluta”. Facendo un esempio, Felice Žiža ha ricordato che il Collio italiano e i Brda sloveni a nord-ovest di Gorizia definiscono praticamente la stessa popolazione, mentre la Primorska meridionale si trova in tutt’altra situazione storica e geografica. “La stragrande maggioranza della popolazione nelle nostre città istriane costiere prima del 1945 era costituita dal popolo italiano con cultura e lingua italiane”, ha proseguito il parlamentare della CNI.
Un’opzione, secondo il deputato della minoranza italiana, sarebbe quella di distinguere, al posto di una generale “Annessione del Litorale”, tra il Litorale meridionale, ovvero una “Južna Primorska” secondo la dizione slovena, “che siamo noi”, e il Litorale settentrionale, la “Severna Primorska”, che indicherebbe tutto il resto del territorio: Sesana, Gorizia, Caporetto, e così via. “Si dividerebbe in pratica il Litorale in due parti, il che contribuirebbe non poco al miglioramento della comprensione generale dell’area in questione e delle sue caratteristiche. Questo processo, chiaramente, sarebbe una mossa complicata e difficile”, ha ammesso Felice Žiža.
Il parlamentare Žiža ha proposto anche un’altra denominazione: “’Annessione alla Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia’ andrebbe bene perché è successo negli anni in cui c’era la Jugoslavia”. Si definirebbe così un preciso periodo storico, riconoscendo tutte quelle che sono state le vittime dei totalitarismi”. Scrivendo “annessione”, o “alla Jugoslavia” o “alla Slovenia”, l’interpretazione è del tutto diversa. Nel primo caso si rifletterebbe una realtà storica tutta vera e concreta, ha lasciato intendere il deputato.

Un passo positivo

Dall’altro lato Felice Žiža ha apprezzato che si sia fatto un passo avanti positivo. “Ringraziamo per aver migliorato la dicitura di una festività che non abbiamo mai approvato e non approveremo perché è un falso storico nei nostri confronti”. “È giusto che il popolo di maggioranza, la Repubblica di Slovenia e i cittadini festeggino questa festività, come è giusto che vogliano festeggiarla”. “Noi rispettiamo le loro decisioni, i loro festeggiamenti e chiaramente le loro sofferenze che sono state anche le nostre”. Ma “la dizione, sicuramente anche per loro, non è quella giusta”.
Il centrodestra sloveno ora all’opposizione voleva mantenere la dicitura del Trattato di Parigi, che dice “ricongiungimento”, e si tratta di una connotazione giuridica internazionale, mentre l’AVNOJ ha coniato il termine di “annessione”. Ha perciò votato contro la modifica della coalizione di centrosinistra al governo. Con questa nuova denominazione della festività slovena viene dunque applicata la terminologia partigiana dei Comitati di liberazione. Una conclusione che potrebbe trasparire dunque dal colloquio è che l’intera festività dovrebbe essere impostata in modo diverso, permettendo di avere un contatto più immediato con la realtà territoriale e storica su cui si vuole far luce. Perché, per riprendere le parole del filosofo sloveno di fama mondiale Slavoj Žižek, “le parole non sono mai ‘solo parole’; sono importanti perché definiscono i contorni di ciò che possiamo fare”.

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