
Nella stagione che ha consegnato al Rijeka il secondo titolo della sua storia, un protagonista inatteso si è preso la scena dalla panchina: Radomir Đalović. Montenegrino di passaporto ed ex centravanti di ruolo con una carriera ricca di esperienze internazionali, “Đale” è riuscito laddove pochi avrebbero scommesso: trasformare una squadra ambiziosa in una vera macchina da guerra.
Classe 1983, originario di Bijelo Polje, in Montenegro, Đalović è stato un attaccante di razza, noto per la sua eleganza nei movimenti e l’intelligenza tattica. Ha vestito le maglie di numerose squadre tra cui Crvena zvezda, Zagreb, Arminia Bielefeld, Rapid Bucarest e proprio il Rijeka, dove ha lasciato un ricordo vivido nei tifosi, prima nella stagione 2007/08 con 18 gol in 31 presenze e poi nel biennio 2009-2011 (43 presenze e 16 reti).

Dopo il ritiro, ha intrapreso un percorso silenzioso ma determinato come allenatore, partendo dalle giovanili e maturando passo dopo passo una filosofia tutta sua. Nel caos del cambio tecnico estivo del 2024 (via Željko Sopić), la dirigenza del Rijeka ha scommesso su di lui affidandogli la prima squadra ad agosto, alla sua prima esperienza da capo dello staff tecnico. Una scelta che sembrava transitoria, ma che si è rivelata geniale.
Con calma, metodo e spirito di sacrificio, Đalović ha dato alla squadra un’identità precisa: compattezza difensiva, gioco verticale e mentalità vincente. Sotto la sua guida il Rijeka ha registrato la miglior difesa del campionato, mantenendo una media punti alta e crescendo sul piano mentale. La sua dote più evidente? La capacità di leggere le partite, adattando schemi e uomini senza mai perdere equilibrio.
Non è un allenatore mediatico: poche parole, molti fatti. Ma nello spogliatoio è un leader assoluto, rispettato per la sua esperienza, lucidità e coerenza. Radomir Đalović è oggi il simbolo di una rinascita silenziosa ma potente. Il titolo del Rijeka è anche – e forse soprattutto – il trionfo del suo lavoro invisibile, meticoloso, da vero architetto della gloria. È l’inizio, forse, di una carriera da allenatore destinata a decollare.
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