
La prima volta non si scorda mai. Ma la seconda è meglio. Otto anni fa era stato indimenticabile, ma adesso è più bello. Perché? Semplicemente perché inaspettato. OK, anche in quel magico 2017 il Rijeka non partiva certo con i favori del pronostico, ma si sapeva che quella squadra assemblata da Ivan Mance e Srećko Juričić e sapientemente plasmata da Matjaž Kek avrebbe potuto mettere i bastoni tra le ruote alla Dinamo qualora i vari pezzi si fossero incastrati. La scorsa estate il Rijeka partiva con un unico obiettivo – la qualificazione in Europa. E basta. Nessun accenno al titolo in campionato. Sulla carta era la terza forza dietro a Dinamo e Hajduk. Comprensibilissimo date le cessioni dei vari Labrović, Pjaca, Mitrović, Ivanović e Hodža, che erano stati i pilastri della squadra che nella stagione precedente era rimasta in corsa fino all’ultimo per il doblete. In mezzo il clamoroso siluramento, come un fulmine a ciel sereno, di Željko Sopić. Un esonero avvolto tutt’oggi da un’aura di mistero… Nel frattempo la società decide di affidare la panchina a uno dei suoi assistenti, Radomir Đalović. Gli addetti ai lavori sono tuttavia convinti che si tratti del classico traghettatore in attesa di un allenatore di maggiore esperienza dato che il tecnico montenegrino non ha nemmeno ancora conseguito il patentino per guidare la prima squadra. Ma la dirigenza spiazza tutti spiegando che in realtà si tratta di una soluzione a lungo termine. Una scommessa, insomma. Ma una scommessa che ha un suo perché. Una stagione così “tranquilla” e senza particolari stress in cui l’unico obiettivo è il pass europeo – traguardo facilmente raggiungibile considerando quelle che sono le gerarchie del campionato – è l’ideale per far crescere un allenatore alle prime armi. A maggior ragione se si tratta di un allenatore formato “in casa”, che ha lavorato all’ombra di Cosmi, Jakirović e infine di Sopić. Uno che conosce Rujevica come le sue tasche e con il Rijeka nel DNA alla luce dei suoi trascorsi da giocatore a Cantrida. Ma per “Đale” l’inizio è dannatamente in salita dopo la debacle di Lubiana nel ritorno del play-off di Conference League contro l’Olimpija. Dopo l’1-1 dell’andata a Rujevica, allo Stožice il Rijeka incassa la sconfitta europea più pesante di sempre, un umiliante 5-0 con tanto di maxi multa per le intemperanze dell’Armada sugli spalti. Una mazzata. Soprattutto per le scarne casse societarie. Quando il sorteggio aveva portato in dote l’Olimpija, a Rujevica scorrevano fiumi di champagne… Insomma, la strada verso la fase campionato della terza competizione europea per club sembrava spianata. E invece ne è uscita una disfatta di proporzioni bibliche.
Non succede, ma se succede…
Superato in qualche modo il trauma lubianese, la squadra si concentra sul campionato, che man mano entra nel vivo. I biancocrociati soffrono un po’ di “pareggite”, ma anche Dinamo e Hajduk faticano a ingranare e così, un po’ a sorpresa, il Rijeka si laurea campione d’inverno. Con zero sconfitte e soli 7 gol incassati in 18 giornate. E intanto, in ottica del girone primaverile, qualcuno inizia timidamente a sussurrare “non succede, ma se succede…”. Ma a gennaio le casse sono in rosso, soffocate dai debiti accumulati nella stagione precedente e così a Rujevica sono costretti a vendere per tenere in piedi la baracca. La società ha poco margine di manovra e quindi via Pašalić, Galešić e Smolčić. Monta la protesta e il malcontento tra i tifosi, ma patron Mišković non batte ciglio: “Non avevamo scelta, che vi piaccia o no”. Le casse tornano a respirare, ma il condottiero Đalović si ritrova con difesa e fascia destra da reinventare. Le ostilità in campionato nel frattempo riprendono e per il Rijeka arriva la doppia sconfitta contro Varaždin e Istra. È l’inizio della fine, pensano in molti. Ci si aspetta un ruggito da parte di Dinamo e Hajduk, che però non arriva. Anzi, le tre contendenti al titolo continuano a prestarsi il fianco a vicenda, come se nessuna volesse portare a casa il titolo. Gli esempi più emblematici sono gli scivoloni di tutte e tre nella 20ª e 31ª giornata. La battaglia totale prosegue così fino alla fine. Alla penultima giornata i fiumani si ritrovano un po’ a sorpresa col championship point per chiudere definitivamente i giochi, ma crollano al Poljud rianimando il derelitto Hajduk di Gattuso che inaspettatamente torna in corsa. Ma fortunatamente la festa è soltanto rimandata perché a Rujevica, all’ultima di campionato, il Rijeka stende lo Slaven Belupo e taglia per primo il traguardo. Il resto è storia. E giovedì c’è il ritorno di Coppa per il doblete e la classica ciliegina sulla torta. Chissà la faccia di Zdravko Mamić, che otto anni fa dopo il trionfo totale dei biancocrociati diceva che quelle scene non si sarebbero mai più ripetute…
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