
ultima assemblea del Consiglio regionale del mandato 2021-2025 sarà certamente ricordata negli anni a venire. Non tanto per la sua durata, quanto piuttosto per un punto specifico dell’ordine del giorno, il sesto, in cui il presidente uscente della Regione litoraneo-montana, Zlatko Komadina, che lascia l’incarico dopo 24 anni di servizio, ha deciso di mettere ai voti una proposta di modifica dello Statuto regionale.
Il motivo? La commissione per le minoranze aveva presentato tempo fa un’iniziativa per inserire nello Statuto regionale una clausola che garantisse ai rappresentanti della minoranza serba di mantenere un proprio esponente, con relativo riconoscimento dell’autoctonia, nonostante il loro numero demografico fosse sceso sotto il 5%, soglia al di sotto della quale tale privilegio non sarebbe più previsto.
Il Most ignora i diritti acquisiti
A infiammare ulteriormente la questione ci hanno pensato due consiglieri – Josip Katalinić del Most e l’indipendente Leo Pavela – hanno presentato emendamenti che in pratica avrebbero annullato tutti i diritti acquisiti non soltanto dalla minoranza serba, ma anche da quella italiana. È iniziato così un dibattito che si è protratto per oltre due ore, con interventi e repliche, solo occasionalmente dai toni accesi, ma sempre mantenuti – fortunatamente – su un livello ancora civile. Questo aspetto è stato sottolineato dal vicepresidente della Regione, Petar Mamula, esponente della minoranza serba nel potere esecutivo, il quale ha ricordato con tono pacato che, a differenza di altre regioni, in quell’aula consiliare si è sempre riusciti a discutere in modo relativamente civile.
Tuttavia, è innegabile che temi così delicati, legati alla sfera religiosa, etnica e storica (e non solo), suscitino inevitabilmente un senso di disagio e tensione tra i presenti, contribuendo a scaldare gli animi.
Eventi storici «recenti»
Leo Pavela, indipendente – è entrato in Assemblea come candidato della lista del Most –, ha detto che modificare lo Statuto creerebbe un precedente anche per altre minoranze. Simile pensiero anche quello di Katalinić, il quale ha detto di volere gli stessi diritti per tutti. Vesna Blanuša, rappresentante della minoranza serba, ha invece ribadito che la Costituzione croata garantisce ai serbi tale diritto, sottolineando la loro presenza storica nella regione. Ha respinto le accuse di inattività, ricordando alcuni dei risultati ottenuti durante il mandato e sottolineando che vi sono ancora serbi che non si dichiarano tali per una paura che persiste.
Blanuša ha poi tracciato un excursus storico per dimostrare la presenza secolare dei serbi sul territorio regionale. Alcuni consiglieri, tra cui Sanjin Vrkić (Hdz), hanno espresso dubbi sulla tempistica della modifica statutaria, sottoposta al loro vaglio in modo frettoloso, a soli due mesi dalle elezioni. Lo stesso Vrkić ha incalzato la Blanuša per non aver citato alcuni recenti eventi storici in cui i serbi non hanno goduto di grande popolarità, il che ha lasciato spazio a polemiche e accuse. “Abbandoniamo adesso questa questione, a poche settimane dalle elezioni. È la scelta migliore che potremmo fare”, ha dichiarato Vrkić. Questo è stato, in generale, anche il pensiero dell’intera ala del centro e della destra del Consiglio riunita attorno al pensiero che affrontare la questione prima delle elezioni equivale a un’operazione di “ingegneria elettorale”.
Orjen Petković e il sostegno di Možemo!
Orjen Petković dal canto suo ha ricordato, anche in vista delle elezioni nazionali, che la legge elettorale è stata modificata e che quindi questi cambiamenti alla fine di un mandato, ricordando la creazione della “mappa elettorale” nazionale da parte dell’Hdz, non sono così insoliti. Ha sottolineato che lui e la collega Morena Lekan di Možemo! sono favorevoli ai cambiamenti dello Statuto. “Noi siamo ciò che siamo grazie alla nostra diversità storica e alla presenza di diverse comunità nella nostra società. La vera forza e il coraggio della maggioranza si dimostrano nella volontà di concedere diritti a chi è in minoranza. Finora abbiamo avuto due membri dell’assemblea per la minoranza serba e uno per quella italiana, e siamo favorevoli a includerne se necessario, altri di etnie diverse. Sarebbe meglio che il consigliere delle minoranze nazionali non facesse parte di un gruppo politico. Možemo! sosterrà la modifica dello statuto”.

È stata poi la volta di Ivo Vidotto, rappresentante della minoranza nazionale italiana nell’Assemblea regionale, il quale ha espresso forti critiche nei confronti dell’emendamento proposto dal consigliere Leo Pavela alla modifica dello Statuto della Regione litoraneo-montana. Secondo Vidotto, l’emendamento prevede che tutte le minoranze nazionali possano ottenere rappresentanza nell’assemblea regionale solo se la loro presenza raggiunge il 5% della popolazione totale della Regione. Questo avrebbe conseguenze significative, in particolare per la Comunità nazionale italiana, che perderebbe il diritto alla rappresentanza, e per la comunità serba, che non potrebbe acquisirlo.
Vidotto smonta gli argomenti di Pavela
Vidotto ha smontato l’argomentazione di Pavela, che riduce la rappresentanza della minoranza italiana a una scelta politica. Pavela propone che solo le minoranze che raggiungono il 5% della popolazione abbiano diritto a sedere nell’assemblea, ma Vidotto ha ricordato che il diritto alla rappresentanza della minoranza italiana è sancito da un trattato internazionale del 1997, che impone alla Croazia di rispettare i diritti acquisiti dalla comunità italiana, tanto quelli ereditati dalla Jugoslavia quanto quelli riconosciuti nell’ordinamento croato.
La proposta di Pavela è giuridicamente infondata, poiché un trattato internazionale ha valore superiore alle leggi ordinarie. Vidotto ha anche ricordato che la minoranza italiana gode di uno status speciale nella ex Zona B proprio per la sua storia: nel 1945 rappresentava ben più del 5% della popolazione, ma l’esodo forzato e le violenze l’hanno decimata. Ridurre la sua rappresentanza oggi sarebbe un’offesa a quella stessa storia.
Emendamenti inaccettabili
Il nostro rappresentante ha inoltre criticato l’emendamento del consigliere Josip Katalinić, che introduce nuovi requisiti per la rappresentanza della minoranza italiana. Anche questa proposta, secondo Vidotto, viola il trattato internazionale e interferisce con i diritti già acquisiti. Inoltre, ha evidenziato incongruenze nel testo dell’emendamento, sostenendo che alcune sue disposizioni risultano poco chiare e contraddittorie. Secondo lui, una volta acquisiti, i diritti non possono essere cancellati o ridotti, e per questo l’emendamento proposto non può essere accettato.
Komadina: «Mai fatto divisioni»

È intervenuto anche il presidente Komadina: “Non ho mai diviso le persone in base all’etnia, perché prima di tutto è importante essere persone per bene. Non posso ritirare il punto dalla votazione, poiché ciò vorrebbe dire che avrei rinunciato. Non posso accettare gli emendamenti. Le elezioni dei consiglieri serbi, a differenza di quanto alcuni pensano, non sono fatte per ottenere una maggioranza nel consiglio. E non è vero che il tema non è stato discusso. Sono stati contattati tutti i gruppi e tutti sono stati invitati a esprimere una posizione. Nessuno ha risposto, e io, in nome della democrazia, ho deciso di proporre l’inserimento di questo punto nell’ordine del giorno”.
Alla fine, Katalinić ha ritirato il proprio emendamento. Pavela ha dichiarato che lo avrebbe fatto anche lui se Komadina avesse fatto lo stesso, ma ciò non è accaduto. Dopo le 18.30, si è finalmente giunti alla votazione: la proposta di modifica dello Statuto non è passata (nonostante 16 voti favorevoli, 3 contrari e 14 astenuti), così come l’emendamento di Pavela (21 voti contrari).
Mandato quadriennale ai… titoli di coda
Il risultato: tutto è rimasto invariato, forse con un po’ di amaro in bocca, sia per i temi trattati sia per i toni del dibattito, nonostante fosse iniziato in modo pacato con un gesto simbolico per i consiglieri giunti al termine del loro mandato. A loro è stata consegnata una targa in vetro con i colori della regione, il verde e il blu, realizzata dagli studenti dell’Accademia di Arti Applicate dell’Università di Fiume.
Dopo un intervento iniziale dal sapore di commiato, Zlatko Komadina si è rivolto per l’ultima volta all’assemblea, ringraziando tutti coloro con i quali ha collaborato, augurando successo a chi prenderà le redini della Regione dopo di lui.
Anche il presidente dell’assemblea, Marko Boras Mandić, ha rivolto un messaggio a tutti quelli che hanno lavorato per il bene comune. Ha riconosciuto che il mandato non è stato semplice e ha sottolineato come, a differenza del passato, il presidente dell’assemblea questa volta non provenisse dalla maggioranza. Tra i risultati ottenuti, ha evidenziato il fatto che la voce dei consiglieri sia stata ascoltata in modo più concreto nella preparazione dei punti all’ordine del giorno e nell’apertura di numerosi dibattiti: ben 13 punti sono stati proposti direttamente dai consiglieri.
L’intera seduta dell’Assemblea regionale si è protratta così, complice anche altre due lunghi ed estenuanti dibattiti: il punto numero 2, avviato dall’indipendente Iva Rinčić, riguardante i risultati, apparentemente deludenti, della maturità di Stato e su come l’intero sistema scolastico mostri segni di decadenza; l’altra, il punto numero 3, sollevata da Boris Popović, anche lui indipendente, il quale ha presentato il rapporto sul grado di sviluppo dell’economia e della competitività della Regione litoraneo-montana in confronto con le altre regioni. Il tutto condito da infiniti indicatori statistici che hanno dato modo a tutti di esprimere la propria opinione.
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