Per un futuro senza emissioni

A colloquio con Stephen John Taylor, coordinatore strategico del Gruppo di lavoro congiunto del progetto Valle dell’Idrogeno del Nord Adriatico (NAHV)

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Per un futuro senza emissioni
Stephen John Taylor seduto accanto all’ambasciatore Paolo Trichilo in occasione di una presentazione della Valle dell’idrogeno avvenuta nell’aprile scorso a Zagabria. Foto: RONI BRMALJ

L’idrogeno sta emergendo come uno dei protagonisti nella transizione energetica sostenibile, grazie al suo potenziale di ridurre le emissioni di CO₂ in settori chiave come l’industria pesante e i trasporti. A differenza dei combustibili fossili, l’idrogeno può essere prodotto in modo pulito attraverso l’elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia rinnovabile. Questo processo genera “idrogeno verde”, che è al centro delle strategie di decarbonizzazione a livello globale. Tuttavia, nonostante i benefici ambientali – i vantaggi derivanti dall’impiego dell’idrogeno sono molteplici, in particolare nei settori difficili da elettrificare –, ci sono ancora sfide tecniche, amministrative ed economiche da affrontare, come la necessità di assicurare infrastrutture per la distribuzione e lo stoccaggio su larga scala.

In vista della Prima conferenza annuale del progetto Valle dell’Idrogeno del Nord Adriatico (NAHV – North Adriatic Hydrogen Valley), in calendario oggi e domani a Fiume, abbiamo approfondito l’argomento con Stephen John Taylor, coordinatore strategico del Gruppo di lavoro congiunto (JWG) della NAHV. Un’ambiziosa iniziativa transfrontaliera sostenuta dai governi di Croazia e di Slovenia nonché dalle autorità della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. Nata con l’obiettivo di contribuire alla nascita di un mondo più pulito e più verde per le generazioni future la partnership coinvolge 37 tra istituzioni pubbliche, università e aziende dei tre Paesi coinvolti. La partnership è guidata da HSE, il più grande produttore e commerciante di energia elettrica della Slovenia e il più grande produttore di elettricità da fonti rinnovabili.

Una valle transnazionale
La NAHV è sorta nell’ambito del programma Horizon Europe ed è la prima e più grande valle dell’idrogeno transnazionale in Europa. Presentata nel settembre del 2022 alla Clean Hydrogen Partnership (un partenariato pubblico-privato sorto in ambito UE a sostegno delle attività di ricerca e innovazione nelle tecnologie dell’idrogeno in Europa) e approvata all’inizio del 2023, la NAHV ha beneficiato di una sovvenzione di 25 milioni di euro. In qualità di prima valle transnazionale dell’idrogeno a livello comunitario, la NAHV rappresenta una delle iniziative faro nel contesto della realizzazione della strategia dell’Ue per l’idrogeno per centrare gli obiettivi del Green Deal.
Il progetto, lanciato nel settembre dell’anno scorso a Portorose avrà una durata di sei anni (72 mesi) e si svilupperà attraverso 17 progetti pilota per produrre e utilizzare oltre 5.000 tonnellate all’anno di idrogeno da fonti rinnovabili, accanto alla creazione di un mercato dell’idrogeno che lo renda un prodotto energetico competitivo, con tecnologie avanzate e lo sviluppo di know-how e infrastrutture.

Lavoro di sensibilizzazione
All’inizio della nostra conversazione Taylor ha osservato che l’idea all’origine dell’odierna NAHV risale a 4 o 5 anni fa. “A lanciare l’iniziativa originale è stato l’imprenditore sloveno Aleksander Gerbec (ECUBES). Convinto dell’importanza dell’idrogeno nella transizione energetica ha svolto un importante lavoro di sensibilizzare dell’industria, del mondo della ricerca e delle istituzioni, non solo in Slovenia, ma anche oltreconfine, in Croazia e in Italia”, ha raccontato Taylor, il cui coinvolgimento nell’iniziativa risale alla fine del 2021 quando in virtù del ruolo ricoperto all’epoca in seno all’Area science park di Trieste partecipò a un incontro al quale oltre a Gerbec presero parte pure i promotori italiano e croato dell’odierna NAHV, rispettivamente Rodolfo Taccani (Università di Trieste) e Vjekoslav Jukić (Direzione per l’energia del Ministero croato dell’Economia).

L’interesse delle imprese
“Dopo averne discusso – ha proseguito – capimmo che nonostante la scarsa consapevolezza sull’importanza della società del ricorso all’idrogeno quale vettore energetico l’interesse delle imprese, come quello del mondo dell’accademico era notevole”, ha raccontato Taylor, aggiungendo che nel marzo del 2022 a livello politico venne sottoscritta una lettera d’intenti tesa alla creazione di una valle transfrontaliera dell’idrogeno e alla candidatura di un progetto ai bandi della Clean Hydrogen Partnership (o Partenariato per l’idrogeno pulito). Nell’aprile del 2022 Taylor venne formalmente nominato Coordinatore del gruppo di proposta di progetto del gruppo di lavoro congiunto (NAHV JWG) e incaricato della preparazione della proposta per il Progetto transfrontaliero “North Adriatic Hydrogen Valley”. Oggi, in qualità di Coordinatore strategico, Taylor lavora a stretto contatto con i membri del JWG e con i partner e le parti interessate dell’iniziativa NAHV per pianificare il suo sviluppo futuro e per assistere nel coordinamento del lavoro.

Una marcia in più
“Il NAHV prevede che 1.000 delle 5.000 tonnellate di idrogeno prodotte dovranno essere scambiate tra i Paesi partecipanti, in un ecosistema che deve prevedere anche lo stoccaggio la distribuzione e l’utilizzo dell’idrogeno in diversi settori. Tra questi il trasporto sostenibile, ma anche i comparti industriali (siderurgia, produzione di cemento, vetro…) caratterizzato dall’uso intensivo di grandi quantitativi di energia, che difficilmente possono ricorrere alle fonti rinnovabili direttamente. Proprio in questi casi l’idrogeno offre una marcia in più”, ha dichiarato il nostro interlocutore, sottolineando che è importante comprendere che l’idrogeno è un vettore e non una fonte energetica.
“L’idrogeno – ha puntualizzato – si presta allo stoccaggio dell’energia generata dalle fonti rinnovabili disponibili sporadicamente. In altre parole, quando c’è la disponibilità questa viene usata in parte anche per produrre l’idrogeno. Poi, quando la richiesta di energia supera l’offerta è possibile attingere a quella ‘immagazzinata’ nell’idrogeno stoccato”.

Una partnership… pulita
Per rendersi conto delle potenzialità dell’idrogeno è sufficiente considerare che oltre ai 25 milioni stanziati a sostegno del NAHV dalla Commissione Ue, questa punta a mobilitare nei prossimi anni investimenti per 300 milioni di euro stanziati da pubblici e privati. Una cifra destinata probabilmente a lievitare ulteriormente considerato che i stanziamenti del Clean Hydrogen Partnership possono essere abbinati a finanziamenti pubblici erogati da altre fonti (regionali, nazionali o europee). Nel corso dell’intervista Taylor ha espresso la stima che per completare la transizione energetica sostenibile, nei prossimi decenni si renderà necessario investire miliardi di euro.
“Stiamo parlando di un cambiamento epocale nella fornitura di energia”, ha sottolineato Taylor, ricordando che l’Ue punta all’utilizzo di 20 milioni di tonnellate di idrogeno entro il 2030, di cui la metà prodotte nei Paesi membri e l’altra metà importate. “Anche in quest’ottica, l’Alto Adriatico può giocare un ruolo importante”, ha aggiunto, facendo l’esempio del porto di Trieste, attraverso il quale in passato erano state importate in Europa ingenti quantità di combustibili fossili. Petrolio, che poi con l’ausilio degli oleodotti è stato esportato anche in Germania, Austria, Repubblica Ceca… A suo dire, in futuro l’idrogeno potrebbe andare ad ampliare o sostituire alcuni elementi di questo traffico esistente. Ha chiarito che ovviamente si tratta di uno scenario che necessiterà di decenni prima di riuscire a esprimere a pieno il suo potenziale.

La mobilità del futuro
“Se ci sono binari già elettrificati, non ha senso sostituire un treno elettrico con uno a idrogeno. Però laddove i binari non sono elettrificati potrebbe risultare più conveniente introdurre treni alimentati a idrogeno anziché elettrificare l’intera linea”, ha dichiarato Taylor. “L’idrogeno – ha proseguito – risulta interessante anche nel caso dei mezzi stradali pesanti (camion e autobus), mentre con i mezzi leggeri (automobili) le sfide sono maggiori. Automobili basate su questa tecnologia esistono, ma i loro costi sono ancora notevoli. Soprattutto, è assente una rete di rifornimento che consenta di spostarsi con agilità”. “Dobbiamo pianificare una rete di distributori che a lungo andare ci permetta di sostituire una parte del parco macchine convenzionale con automobili a idrogeno”, ha detto Taylor, sottolineando che però la priorità in questa fase va data ai mezzi pesanti.

Scelte green
La scelta della NAHV di porre l’accento sulla produzione di “idrogeno verde” è dettata dagli obiettivi che si è posta l’UE nell’ottica dello sviluppo sostenibile e dalla scelta di Bruxelles di non finanziare gli sforzi tesi allo sviluppo di tecnologie in grado di “catturare” il CO₂ rilasciato in seguito all’impiego dell’idrogeno prodotto partendo dai combustibili fossili.
Oltre il 90 per cento dell’idrogeno utilizzato oggi è prodotto ricorrendo all’impiego di combustibili fossili. Paradossalmente, se da domani si iniziasse a usare esclusivamente l’idrogeno per produrre energia dal punto di vista ambientale, si rischia di peggiorare la situazione invece che di migliorarla. “Quello che dobbiamo fare è produrre idrogeno a bassa emissione di CO₂, ricorrendo alle fonti energetiche rinnovabili (eolico, solare…). L’uso di idrogeno prodotto in modo pulito attraverso l’elettrolisi dell’acqua abbatte l’impronta di CO₂ in quanto il prodotto di scarto in questo caso è acqua purissima che a sua volta può essere impiegata in vari modi”, ha notato il coordinatore strategico dello JWG NAHV.

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