Caso Čavajda. Partiti e associazioni chiedono il diritto legale all’aborto

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Caso Čavajda. Partiti e associazioni chiedono il diritto legale all’aborto

Il caso di Mirela Čavajda, rivoltasi a tutti gli ospedali di Zagabria per interrompere la gravidanza dopo la decima settimana in quanto al feto è stata diagnosticata una forma aggressiva di tumore cerebrale, ha sollevato una scia di reazioni. Il Partito socialdemocratico (SDP), Glas, l’Associazione per la promozione dei diritti dei pazienti e l’Associazione Roda hanno chiesto al Ministero della Sanità di concedere urgentemente il diritto legale all’aborto, dopo che l’opinione pubblica ha appreso che i nosocomi avevano respinto la richiesta di aborto della suddetta donna incinta.
”È incredibile che le commissioni etiche di tutte le istituzioni sanitarie alle quali la paziente si è rivolta per poter ottenere una prestazione sanitaria legittima abbiano preso decisioni contrarie alla legge, che consente esplicitamente l’aborto anche dopo la decima settimana di gravidanza, per ragioni mediche”, hanno fatto sapere dal Forum delle donne dell’SDP.
Il partito Glas si è rivolto al ministro della Sanità, Vili Beroš, chiedendogli di pubblicare al più presto possibile i dati sul numero di medici che fanno ricorso all’obiezione di coscienza, nonché un piano e le scadenze per garantire che gli aborti possano essere eseguiti su richiesta delle donne in ogni ospedale del Paese.
L’Associazione per la promozione dei diritti dei pazienti fa notare invece come la situazione nei nosocomi, per quanto riguarda l’aborto terapeutico, sia scoordinata e che ogni struttura sanitaria interpreti a modo proprio la legge in materia. Ne è conferma il fatto che nell’arco di 24 ore a contattare l’associazione sunnominata siano stati una decina di ospedali dicendo di non sapere come agire al riguardo, il che non fa altro che traumatizzare ulteriormente le pazienti. La legge che regola l’interruzione della gravidanza non è una questione politica o ideologica bensì una legge che tutela la salute delle donne”, hanno sottolineato dall’associazione Roda.

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